Quale modello educativo per rispondere alla violenza giovanile?

La violenza giovanile nasce da un complesso di relazioni malate in cui domina la logica dell’interesse personale, della sopraffazione e fondato su certezze radicate e quasi insormontabili in cui viviamo. Per capire come siamo arrivati a questo punto in cui la violenza sembra dominare nelle relazioni giovanili dovremmo tornare a ritrovare i principi fondamentali di cittadinanza su cui si è fondato il nostro vivere comune. Su questi la nostra società si trova immersa in una profonda confusione e cecità che i media spesso contribuiscono a confondere e oscurare.

Ci chiediamo: si può pensare ad un modello educativo che si ispiri ad un’antropologia capace di affrontare questa complessa situazione in una prospettiva positiva?
Se riprendiamo il modello antropologico proposto dalla tradizione cristiana e dalle ultime lettere apostoliche di papa Francesco (Evangeli Gaudium, Laudato sì, Fratelli tutti) ci rendiamo conto che disegnare un nuovo modello di società per il futuro è possibile. Certo ci sono dei nodi da sciogliere e dei vicoli ciechi in cui ci siamo infilati che derivano da convenzioni e interazioni complesse da risolvere. Le soluzioni per smantellare ciò che abbiamo costruito in modo sbagliato sono possibili.
Quale può essere il modello per affrontare le sfide del cambiamento che possa ispirare la costruzione di un mondo pacifico, sobrio e giusto, rispettoso dei ritmi della creazione e dei diritti di tutti, in particolare dei più deboli e sfruttati?

 Tornare alla crescita personale e al bene comune

Quando parliamo di modelli culturali, educativi o sociali possiamo rifarci ad una illuminante distinzione di P.Krugman che disegna due categorie di modelli:

  • quella d’acqua dolce che si rifà a situazioni e condizioni ideali e neutrali,
  • quella d’acqua salata che invece mette l’accento sulle imperfezioni e problematiche empiriche della vita concreta e reale a cui si deve dare una risposta[1].

La nostra riflessione, in questo contesto, intende muoversi più nell’acqua salata della vita reale, ispirandosi alla visione cristiana, che dagli anni 80 del secolo scorso è stata progressivamente abbandonata. In Occidente abbiamo messo da parte i valori dello stato e della società civile, costruita con la cultura e il dialogo, per organizzare la società sui mercati che si ritenevano autoregolati. Abbiamo divinizzato il mercato e lo abbiamo reso onnipotente e onnisciente rinunciando ai nostri ideali e accettando la sua violenza per avere il potere. Dobbiamo tornare a riportare il denaro, il sistema finanziario – economico e politico al servizio della crescita delle persone e a usarli come strumenti del bene comune. È richiesta una conversione del cuore per tornare ad operare per la reintegrazione nella società degli esclusi e non scommettere più sul denaro, sui consumi e sul potere.

La fiducia che nasce dal dono

Ci chiediamo: è possibile tracciare una via, un modello educativo che aiuti i giovani ad orientarsi nel ginepraio di problematiche e che ci indichi una direzione?
Possiamo rispondere che è possibile individuare una direzione se abbandoniamo il modello dominante nelle relazioni, basato sull’interesse e incentrato sul mercato, in cui ogni relazione è scambio, e se invece passiamo ad un nuovo modello incentrato sulla forza del dono da cui nasce la fiducia che è a fondamento di ogni sana relazione [2].
Dalla logica del mercato nasce la giustizia distributiva che si fonda su una logica di simmetria e di equivalenza: equa è la distribuzione che ripartisce a ognuno parti equivalenti. E se ci sono diseguaglianze devono essere favorevoli ai più svantaggiati. Ma da questa logica di equità: che spazio rimane alla carità, l’amore e la gratuità? Le opere di carità servono solo a colmare le lacune inevitabili della distribuzione dei beni? La generosità personale serve solo a rendere meno dura l’inevitabile incompletezza del sistema del mercato?

No. La carità e l’amore non servono da complemento all’istanza autoregolatrice del mercato, ma rispondono ad una logica totalmente diversa  dalla logica del mercato: la logica della sovrabbondanza [3].

La logica della sovrabbondanza

L’amore di carità ribalta ed è incompatibile con la logica delle relazioni di scambio mercantile. È invece sulla fiducia, che deve precedere ogni autentico scambio anche mercantile, che possono essere fondate le istituzioni sociali, politiche ed economiche. Ma dove attinge una società mercantile le risorse con cui alimentare il tessuto delle relazioni di fiducia indispensabili per il funzionamento delle sue istituzioni?

Si possono e devono attingere al di fuori della sfera mercantile[4]. La fiducia sfugge alla logica di equivalenza del mercato. Ogni volta che il mercato prova a creare da sé le condizioni della fiducia compromette le sue possibilità di sopravvivenza. Uscire dalla logica dell’equivalenza, del “dono-contro dono” comporta l’uscita dalla temporalità ciclica che abbiamo tutti noi occidentali respirato fino da Aristotele, a Hegel e via dicendo[5].

Le risorse per nutrire e radicare la fiducia, senza la quale non può esistere la promessa di un futuro migliore che non si trasformi in un imbroglio, si possono trovare nella tradizione cristiana. La Bibbia ci ricorda che il prototipo di tutte le alleanze è quella di Jahvè con il popolo d’Israele: la storia di un dono gratuito, unilaterale, di liberazione di un gruppo di schiavi, non ancora popolo, dalla schiavitù. Un dono di Dio senza contro-dono da parte del popolo. Dio propone al popolo di fidarsi di lui e il popolo da credito alla promessa di alleanza e si fida di Dio.

La logica della sovrabbondanza ci insegna che l’esperienza di aver ricevuto un dono assolutamente gratuito, può infondere la fiducia di impegnarsi con altri per la liberazione[6]. Così dall’esperienza di aver ricevuto gratuitamente la vita, può nascere la possibilità di relazioni non più basate sulla paura e sulla violenza, ma sulla fiducia. Nel momento in cui riconosciamo di essere stati chiamati alla vita da altri, da chi ci ha preceduto nella generazione, possiamo aprirci alla coniugalità, alla fraternità e poi alla fecondità. Solo chi vede nella vita una grande trappola non si può persuadere di averla ricevuta come dono, mentre chi vi vede un dono gratuito, può aprirsi alla fede e alla fiducia gratuita e inaudita dell’immagine biblica: “il lupo dimorerà insieme all’agnello” (Is 11,6)[7]. 

Fraternità e fiducia

La fraternità rifiuta di vedere nel vicino un lupo che si comporta da lupo nei nostri confronti. L’altro è prima di tutto un fratello a cui il mondo è stato affidato perché lo facciamo crescere insieme. È certo difficile crederlo, ma è indispensabile per la sopravvivenza del nostro mondo e di tutta l’umanità. È necessario superare le nostre paure verso l’altro e vincere i dubbi sulla sincerità di chi ci sta accanto. La menzogna scalza il rapporto di fiducia su cui si fonda lo spazio pubblico di comunicazione e le istituzioni che lo governano e mette in pericolo il legame sociale. La fiducia non si può comprare con il denaro, si basa sulla logica della gratuità che sopprime ogni attesa di ricompensa e rende possibile la speranza di un’amicizia gratuita.

I cristiani sono testimoni di una speranza che trascenderà sempre le loro debolezze: quella della gratuità assoluta. Gesù nella relazione con gli uomini e le donne che incontrava era mosso dalla logica del dono gratuito che non chiede contropartita. Non chiedeva di diventare suoi discepoli a chi guariva, ma chiedeva solo l’assenso ad una relazione di fiducia in cui il malato può ritrovare in sé stesso la fonte viva della fede che lo guarisce[8].

La fraternità vuole indicarci la strada per reinventare, oggi, nuovi modi di stringere dei legami contrassegnati dalla fiducia, anche in chi è nostro nemico e avversario. Dare credito a chi sembra non meritarlo, dare nuovamente fiducia a chi è responsabile di un’ingiustizia è ritrovare concretamente una via concreta di fiducia reciproca. La fraternità non sceglie la logica dell’equivalenza nei rapporti umani, ma crea la condizione, non basata sull’equilibrio del terrore, che permetta alla fiducia di rinascere.

Il cristianesimo è testimone della speranza nella possibilità della gratuità assoluta. Papa Francesco ci ricorda che l’attuale modello economico mercantile uccide le persone e il pianeta. La logica della sovrabbondanza è la sola che rende possibile la strategia della compensazione e dell’equità, che può reinventare nuovi modi di stringere legami contrassegnati dalla fiducia. Modi che incidono anche sul funzionamento concreto dei mercati come: il micro credito che ridà fiducia a chi non l’aveva più, la gestione mutualistica, o l’autogestione che ridà fiducia reciproca a chi collabora nella stessa impresa, la cancellazione del debito di certi paesi poveri che rinuncia alla logica dell’equivalenza, la regolamentazione dei rapporti monetari e finanziari internazionali in un quadro normativo basato sulla fiducia e non sul terrore. Questi possibili gesti di gratuità indicano che la logica della sovrabbondanza è ancora possibile e necessaria.

La fede cristiana nel Risorto ci induce a credere e a sperare che la morte non è l’ultima parola per chi osa dare fiducia. Condividere questa fede e speranza con altre tradizioni culturali e religiose può, al di là dei processi e dei fallimenti, consentire di alimentare la fraternità e suscitare la fiducia anche in situazioni che sembrano irrisolvibili come quelle delle periferie più degradate delle grandi megalopoli[9].

 

NOTE

[1] G. Giraud, La rivoluzione dolce della transizione ecologica. Come costruire un futuro possibile; Libreria Editrice Vaticana, Città Vaticano 2022, pp. 18-20.
[2] Ivi, p.215. La chiesa ha sempre rifiutato la logica dell’interesse e dello scambio mercantile da Leone XIII nella Rerum novarum, confermato da Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco.
[3] Ivi, p.223, Cfr. P.Ricoeur, Equivalence e surabondance, Esprit marzo-aprile 2006, pp.167-173.
[4] Ivi, pp. 216-221.
[5] J. Derrida, Donare il tempo. La moneta falsa, Raffaello Cortina editore, Milano 1996. Ogni dono invita a un contro dono reciproco, il tempo si incurva in “temporizzazione”, cioè si riduce alla tregua concessa da un creditore ad un debitore.
[6] P.Ricoeur, Equivalence e surabondance, cit. pp.167-173.
[7] Ivi, p. 222-23. Nella tradizione cristiana S.Ireneo, nell’Adversus haereses, ci ricorda che riconoscere che siamo vivi oggi sulla terra grazie ad un gesto creatore di Dio assolutamente gratuito, perché ex nihilo, vuol dire aprirsi alla fede e alla fiducia gratuita e inaudita in cui “il lupo dimorerà insieme all’agnello” (Is 11,6).
[8] Nell’eucarestia e nella sua passione e morte ci testimonia che è possibile fare un gesto assolutamente gratuito.
[9] Ivi, pp. 222-228.

Romio Roberto