Abbiamo tratto questo breve brano dall’introduzione al testo di R.Romio, Trovare la strada educativa. il profilo educativo dei ragazzi in età scolare, Ed. San Lorenzo, Reggio Emilia 2021, pp. 22-25. Ci è sembrato utile dare un rapido sguardo e tratteggiare il contesto pedagogico didattico in cui si svolge l’esperienza educativa dell’IRC e degli idR.
Invitiamo chi è interessato a consultare il testo da cui è stato tratto questo contributo.

 

La scuola: Sistema educativo e Comunità educante

Da una parte la scuola fa parte del Sistema nazionale di istruzione con il suo insieme di regole che tendono a uniformare, sul piano giuridico, il funzionamento di ogni singola istituzione attraverso tante fondamentali disposizioni di legge.
La scuola come comunità educante è, invece, il luogo in cui contano soprattutto le relazioni interpersonali e la collaborazione di tutti i soggetti (docenti, alunni, famiglie, personale amministrativo e Ata) per raggiungere le finalità educative.

Nell’emergenza Covid la distinzione si è toccata con mano in tutta la sua radicalità. Ci si è impegnati per far funzionare almeno il Sistema scuola, ma è mancata la scuola comunità. Lo sforzo si è concentrato più sulle procedure che sulle persone, più sui mezzi per tener aperto il sistema che sui fini.  La volontà di riapertura e di ripartenza a tutti i costi hanno evidenziato fattori sostanzialmente estranei all’educazione scolastica come l’edilizia e gli arredi scolastici. Il tutto alla fine si è risolto, in modo inadeguato, davanti allo schermo di un computer.

Per evitare assembramenti e mantenere il necessario distanziamento fisico, si è pensato di sdoppiare le classi, di trovare spazi esterni, di fornire banchi singoli e sedie con rotelle, di definire i parametri e le misure del distanziamento, per arrivare alla fine a consentire la coabitazione di quasi tutti gli alunni in ogni classe[1]. Solo l’arrivo dei vaccini ha spostato l’attenzione su un diverso tipo di intervento, anche se il piano di vaccinazione non poteva essere completato nel giro di pochi giorni.

Insomma, sembra di capire che il problema principale sia stato quello di non avventurarsi in spese per il personale, accettando invece di spendere cifre consistenti per le suppellettili scolastiche e la colossale fornitura quotidiana di mascherine anche per studenti che non sarebbero tenuti a indossarle, almeno finché rimangono seduti al loro posto[2].

 

Il contesto pedagogico-didattico dell’educazione religiosa

Possiamo oggi affermare che nell’educazione religiosa scolastica la questione educativa e metodologico didattica non ha avuto la centralità che avrebbe dovuto occupare. Lo sforzo degli ultimi decenni, si è concentrato su altri obiettivi: l’acquisizione dello statuto disciplinare dell’IRC paritario con le altre discipline, la tenuta del numero degli avvalentisi, la confessionalità della disciplina, il riconoscimento del ruolo degli insegnanti di Religione (IdR), ecc.

La conferma della tenuta della frequenza degli studenti, il riconoscimento del ruolo degli insegnanti di religione (IdR), l’affidamento allo Stato della gestione della disciplina, le capacità professionali e gestionali degli IdR, avevano portato alla convinzione di una parità della disciplina con le altre[3].  Raggiunti gli obiettivi e chiuse le vecchie questioni, si avvertì con più chiarezza l’urgenza della centralità della questione educativa e metodologico-didattica per dare dignità ed efficacia all’IRC[4].

L’innovazione nell’educazione religiosa scolastica

Le Indicazioni nazionali chiedono all’educazione religiosa scolastica l’elaborazione di metodologie e modelli in grado di tradurre nella prassi didattica i nuovi orientamenti volti all’acquisizione di personali competenze religiose.
L’interazione dinamica con le componenti scolastiche ha consentito all’IRC e all’IdR di uscire dalla parziale emarginazione ed entrare nella nuova condizione disciplinare e professionale[5]. Il processo innovativo dovrà però continuare:

  • Nell’ “interno scuola”: l’IdR dovrà essere disponibile alla frammentazione del gruppo classe e alla riaggregazione degli alunni in gruppi mobili ed eterogenei. Nel confronto con gli altri docenti e le altre discipline, dovrà formare nuovi assi disciplinari, angoli didattici e creative collaborazioni.
  • Nel “fuori scuola”: l’IRC dovrà aprirsi alle opportunità educative presenti nel territorio. Riscoprirà i segni della memoria storico-religiosa, le tradizioni popolari, la produzione artistica, i valori religiosi di carattere civile e sociale, il messaggio religioso trasmesso dalle caratteristiche paesaggistiche e culturali[6]. La sfida dell’innovazione richiederà un forte impegno di chiarificazione, sperimentazione ed elaborazione di una modellistica didattica che renda più sicura e garantita la prassi educativa dell’insegnamento religioso.

Aprirsi a queste innovazioni farà sicuramente crescere le opportunità e forse anche i margini d’incertezza, ma è una sfida irrinunciabile da giocare interamente[7].

 

Note

[2] S. Cicatelli, Fare scuola in Italia al tempo del Covid19, in R.Romio (a cura), Educazione alla cittadinanza nella didattica ermeneutica esistenziale, Edizioni San Lorenzo, Reggio Emilia 2021, I° Parte, cap1°.
[3] S.Cicatelli – L.Raspi, Perché insegnare ancora religione, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2021.
[4] Ivi, pp. 9-14. Oggi purtroppo si stanno riaprendo vecchie questioni, sul concorso a ruolo e sulla condizione degli Idr e della disciplina che sembravano definitivamente superate.
[5] Ivi, pp. 15-43
[6] Tutto ciò significherà rinunciare a una didattica sicura e protetta dal regime concordatario e mettere a confronto la tradizione cattolica con la logica critico-razionalista e problematicista di altri saperi, cimentandosi nella ristrutturazione delle conoscenze canoniche. Si delinea la figura di un IdR che scende in campo aperto senza tutele e protezioni, forte solo dello statuto epistemologico della disciplina e della propria competenza professionale nel sapere religioso.
[7] Utile per una valutazione i risultati dell’ultima ricerca nazionale sull’IRC: S.Cicatelli – G.Malizia, Una disciplina alla prova, Elledici, Torino 2017.

di Roberto Romio