Emergenza violenza e Insegnamento della Religione Cattolica (IRC) 

Nella stagione della grande emergenza per i ripetuti fatti sconcertanti, antisociali e delinquenziali di violenza giovanile criminale e di genere, si ripete il leit motiv della questione educativa, scolastica, culturale, della “prevenzione, del mutamento antropologico e della crisi dei valori. Nello scenario del dibattito pubblico  risuona imbarazzante il silenzio dei media (anche cattolici) e delle istituzioni pubbliche ed ecclesiali sul ruolo e le potenzialità dell’IRC nell’educazione delle nuove generazioni.
Eppure andrebbero prese in considerazione  due tati salienti:
1) una media del monte orario di circa 550 lezioni di Religione nella carriera scolastica di uno studente;
2) la finalità scolastica attribuita all’IRC del suo “ruolo insostituibile per la formazione della persona”, “per la convivenza civile”, “le relazioni e i rapporti tra persone”, “rispetto delle differenze”, “rispetto alle relazioni affettive e al valore della vita” (Indicazioni didattiche, Traguardi e Obiettivi Infanzia e Primo Ciclo). Sviluppati nel Secondo Ciclo in direzione di una “cittadinanza consapevole”, “costruire un’identità libera e responsabile”, “finitezza”, “amore”, “bene e male”, “rispetto, confronto”, “relazioni familiari”, “inserimento responsabile nella vita sociale”, “agire in base ad un sistema di valori coerenti con i principi della Costituzione”, “atteggiamento razionale, critico e responsabile”, “dignità umana”, “esercizio della libertà”, “valore della vita e la dignità della persona”, “diritti fondamentali”, “valore delle relazioni interpersonali e dell’affettività”….
Davvero una molto (forse troppo) ricca tavola assiologica, moltiplicazione di compiti, responsabilità pedagogiche e idealità attribuite anche all’IRC, su cui gli IdR e le Istituzioni devono  interrogarsi e confrontarsi, in termini di “mandato sociale” e di “vocazione”.

Valorizzare l’IRC

L’epoca delle “passioni tristi”: impotenza, delusione, inutilità, paura, aggressività, (espressione di B. Spinoza reinterpretata da M. Benasayag ) e di analfabetismo emotivo-affettivo, hanno uno sfondo che  si collega all’analfabetismo etico-religioso-biblico, problema culturale  che ha oggi un costo sociale (B. Salvarani), dai profondi riflessi valoriali esistenziali sull’esperienza umana e relazionale. L’IRC (preso sul serio, pur con tutte le fragilità istituzionali Concordatarie della scelta annuale, orarie e valutative …) nella sua valenza educativa e laica potrebbe  contribuire ad orientare il sistema scolastico. Valorizzando l’esistente, con tutte le risorse “di senso” e le competenze disponibili prima di aggiungere ulteriori progetti antiviolenza ed esperti (pur necessari in certi ambiti). Allo scopo di cominciare a rispondere alle domande, inevase, di formazione di personalità giovanili “ricche d’interiorità, dotate di forza morale e aperte ai valori della giustizia, della solidarietà e della pace, capaci di usare bene della propria libertà” (G.P. II, Discorso, CCEE Simposio Europeo sull’IRC, n.4, 1991).

 Padre Pino Puglisi,  testimone “rompiscatole” dell’educazione religiosa

La crisi degli adulti e degli educatori induce a ritrovare maestri-testimoni credibili, come don Pino Puglisi (martire ed ora Beato; 3P, Padre… secondo la cifra affibbiatagli dai suoi ragazzi). Di  umile origine, era un prete colto e non arroccato nelle sacrestie o nel suo ruolo sacrale, che si è calato nelle periferie esistenziali. Negli anni tormentati della realtà di Palermo e quartiere Brancaccio, dove nella povertà educativa istituzionale, i modelli sociali-antropologici-pedagogici erano dominati dalla cultura mafiosa, è stato un attento educatore “alla luce del sole” e punto di riferimento per generazioni a rischio di violenza e devianza criminale.

“Era uno che non si era incanalato, che faceva di testa sua”, “Predicava, predicava, prendeva i ragazzini e li toglieva dalla strada… Martellava e rompeva le scatole” (G. Spatuzza e G. Drago, collaboratori di giustizia), lottando per la creazione di un Centro Educativo (Buon Pastore) e della Scuola di quartiere.

Possedeva un “talento raro nell’educare” (don L. Ciotti, LIBERA), insegnando con il comportamento e l’ascolto delle situazioni. A scuola, da Insegnante di Religione, piuttosto che trasmettere nozioni mirava a formare coscienze libere, capaci di scegliere e diventare  cittadini responsabili. Difendeva i deboli nella società e tra i banchi aiutava a riscoprire la bellezza e la propria unicità e diversità e  a pensare criticamente  e con la propria testa. Stimolava con pazienza il confronto con le grandi domande della vita, senza il quale la libertà si riduce a capriccio, arbitrio, semplice sfogo di impulsi. L’esito non era necessariamente la fede (“Preoccupiamoci di far emergere l’umano in queste creature, lo spirituale verrà”). Ma contava l’accendere nei ragazzi lo stupore e il desiderio di conoscenza e verità, l’io in funzione della vita e non al di sopra degli altri mai la vita o gli altri in funzione dell’io. Lui che aveva detto ”Non ho paura di morire se quello che dico  è la verità”,  conclude la sua esistenza coerentemente sorridendo ai sicari – nel giorno del compleanno e nella stagione delle stragi – con il dono totale della vita, in una piazza insanguinata e con le parole “Vi aspettavo”!

 Attività didattica e risorse della Didattica Ermeneutica Esistenziale (DEE)

Foto film Puglisi IdR

A modo incoativo e provocatorio per le attività professionali si propone di partire dall’analisi del film  Alla luce del sole (Roberto Faenza, attore protagonista N. Zingaretti), della scena iniziale di ferocia (scuola totale di violenza per i bambini) e della figura di P. Puglisi “insegnante di religione” nella sua esperienza di “rompiscatole” a confronto con quella degli alunni il primo giorno di scuola. Quale domanda esistenziale e sociale emerge dal contesto del vissuto, dagli atteggiamenti e parole degli studenti; dove e che tipo di domanda di senso e trascendenza affiorano; l’impostazione pedagogica che ispira il Docente; quale dimensione religiosa e contributo dell’IRC che emergono? Come utilizzare didatticamente ed interpretare il linguaggio cinematografico delle scene ed il messaggio, insieme al documento letterario di A. D’Avenia (ex studente liceale palermitano), Ciò che inferno non è, 2014? Nel progettare una UA rispetto ai traguardi di competenza e obiettivi di apprendimento delle Indicazioni e Linee Guida in vigore anche in relazione a qualcuna delle  competenze di Educazione Civica? E come attingere al modello ermeneutico esistenziale (DEE), per decostruire le precomprensioni della mentalità mafiosa, con i suoi simboli e riti e linguaggi, gli pseudo valori della ricchezza, potere, onore, armi? Per demitizzare le false “domande” basate sul desiderio e non sui bisogni autentici per il risveglio della coscienza e la realizzazione la piena dignità della persona?

Altri Sussidi Consigliati 

  • DI BELLA con M. ZAPELLI, Liberi di scegliere, La battaglia di un giudice minorile per liberare i ragazzi dalla ‘ndrangheta, Rizzoli 2019
  • Film per la televisione: Liberi di scegliere, G. Campiotti,  2019;
  • Note di Pastorale Giovanile

Giorgio Bellieni