Il dramma dell’immigrazione bussa alla porta della nostra coscienza

I continui flussi migratori stanno ridisegnando  il contesto culturale e sociale dei paesi situati nell’emisfero nord del mondo. Il fenomeno migratorio ricopre un ruolo centrale nella situazione attuale e scuote anche la sensibilità di papa Francesco, che si prodiga spesso per sollevare osservazioni e riflessioni costruttive in merito all’annosa questione. Bergoglio infatti è cosciente che in futuro il tema dei flussi migratori rappresenterà una delle sfide più grandi da affrontare e le soluzioni che saranno proposte determineranno l’esito finale in positivo o in negativo. L’auspicio è quello di riuscire a vincere l’ardua sfida, per un futuro migliore a favore dei paesi avanzati e non solo.

L’orizzonte mediatico occidentale, e in particolare quello europeo, è impegnato nella ricerca di un modello culturale in grado di affrontare il problema delle differenze sociali. Per questo negli ultimi anni le istituzioni politiche si stanno impegnando nella promozione del modello comunicativo del politically correct, per risolvere sul piano della dialettica il problema delle differenze sociali, culturali, economiche e religiose, sempre più presenti nel tessuto sociale contemporaneo dei paesi occidentali. Il tentativo di negare le differenze sul piano teorico è l’unica soluzione percorribile per risolvere ogni contrapposizione culturale? Sul piano reale infatti, nonostante il tentativo di appiattire le differenze, con l’intento di annullarle, si osserva un aumento delle contrapposizioni sociali e una polarizzazione dello scontro tra le differenti visioni culturali del mondo.

La globalizzazione ha favorito, soprattutto nei paesi più ricchi, la convivenza tra persone appartenenti a culture e religioni differenti, provocando non pochi sconvolgimenti sul piano della coabitazione. Per risolvere il problema della convivenza culturale quali strade si potrebbero percorrere sul piano politico? Sicuramente è necessario mettere in campo strategie in grado di affrontare, in modo costruttivo, il fenomeno dell’immigrazione, per favorire l’integrazione del prossimo, nel rispetto reciproco delle differenze. Il dramma dell’immigrazione è un problema che ci coinvolge da vicino.Non possiamo mettere la testa sotto la sabbia, non possiamo pensare che il fenomeno si possa arrestare soltanto attraverso strategie coercitive.

Il Santo Padre suggerisce la necessità di coltivare una nuova sensibilità, come base necessaria per affrontare il complesso problema dell’immigrazione, una sensibilità nuova come grimaldello per aprire le porte della nostre coscienze, allargare i nostri cuori e favorire uno sguardo capace di traghettare l’uomo oltre se stesso, per imparare ad andare incontro all’altro. Il fenomeno dell’immigrazione, oltre a interrogare come primo step la nostra coscienza, deve essere affrontato con proposte pratiche, lungimiranti e umane, in quanto i soggetti coinvolti uomini, donne e bambini sono esseri umani come noi, sono nostri fratelli.

Chi è il tuo prossimo?

L’era contemporanea segnata dalla cultura moderna ha favorito direttamente o indirettamente lo sviluppo del modello individualista, cioè la tendenza dell’essere umano a chiudersi in se stesso, per perseguire soltanto i propri interessi personali. Bergoglio, nella Lettera enciclica Fratelli tutti, in risposta a questa tendenza del mondo post-moderno, propone un commento attualizzato della parabola del Buon Samaritano. Il protagonista del racconto si prende cura gratuitamente, nell’indifferenza generale, del bisogno dell’altro. La figura del Samaritano, infatti, rappresenta il candidato ideale per divenire il modello paradigmatico sociale e civile di cui avrebbe fortemente bisogno il contesto occidentale per affrontare il fenomeno dell’immigrazione in modo propositivo.

Il Santo Padre non si riferisce soltanto alle singole scelte comportamentali individuali; il suo sguardo  è rivolto piuttosto alle scelte politiche che gli Stati devono mettere in campo per affrontare, in modo costruttivo, l’accoglienza del prossimo, anche se diverso da noi. Se tale visione sarà promossa dalla politica, essa potrà favorire la costruzione di un clima generativo, in grado di coinvolgere tutti nella costruzione di un contesto pubblico inclusivo e migliore, pronto ad accogliere il prossimo bisognoso anche se appartenente ad un’altra cultura o religione.

Francesco però tiene a puntualizzare che la Chiesa non è un’associazione umanitaria. È dovere di ogni cristiano maturare una sensibilità sociale e civile e un senso critico, in grado di produrre anticorpi contro le ingiustizie sociali, ancora oggi presenti nella realtà occidentale, per generare un mondo migliore.

Una fratellanza universale è possibile?

Per affrontare il tema dell’immigrazione e non solo, nella Lettera enciclica Fratelli tutti, Papa Francesco parte da un sogno: una grande fratellanza universale, che possa accumunare tutti gli uomini e non solo gli appartenenti alla religione cristiana. Si può oggi parlare di fratellanza universale? Ci sono le condizioni ambientali e sociali per poterla realizzare? Secondo la visione del mondo e dell’uomo di papa Francesco, che emerge dai documenti magisteriali, se non si risponde in modo affermativo a tali quesiti, non esistono i presupposti per affrontare la realtà dell’immigrazione in modo corrispondente al bisogno dell’uomo. Se non saranno gettate le basi per una fratellanza universale sul piano della sensibilità personale e di riflesso, sul piano pratico, non sarà possibile fino in fondo comprendere il fenomeno in tutte le sue sfaccettature esistenziali.

Nei prossimi anni sarà possibile integrare il fenomeno della globalizzazione e identità etnica? l’identità etnica dei popoli è presente da sempre nella storia della civiltà umana, e pertanto non può essere cancellata. Il punto di criticità si genera quando le diverse culture o religioni vengono strumentalizzate, come pretesto per generare conflitti e divisioni come sta accadendo in questa fase storica. Le differenti tradizioni e le numerose culture religiose devono essere percepite come ricchezza: un’opportunità di continuo e fecondo arricchimento culturale. Questo guadagno potrà realizzarsi soltanto favorendo una conoscenza reciproca tra popoli e tra religioni, senza pregiudizi ideologici. Ogni popolo dovrebbe mettere da parte l’idea che la propria etnia, la propria civiltà, la propria cultura, la propria religione sia superiore alle altre, invece che semplicemente diversa.

Dovremmo, quindi, cambiare i nostri orizzonti, per iniziare a costruire ponti di dialogo, invece che innalzare muri che producono divisioni. Per Papa Francesco la solidarietà e l’amicizia tra i popoli costituiscono due vie convergenti verso un unico orizzonte, in grado di promuovere un mondo migliore, caratterizzato dalla promozione del bene a favore di un’ immigrazione fondata sulla fratellanza universale.

Etica dell’amore responsabile

Questo andare verso l’altro per Bergoglio non può essere semplicemente ridotto ad uno slancio formale, bensì deve avere origine dall’amore verso il fratello ferito, emarginato, scartato o esule. Papa Francesco sottolinea che uno dei segreti della vita, per essere felici, consiste nella creazione di legami di comunione, di fratellanza, di amore nei confronti del prossimo. La prospettiva promossa da Francesco non è una posizione ingenua né buonista.

Il Santo Padre è cosciente che il primo obbiettivo da perseguire, la prima forma di amore, consiste nell’assicurare a tutti il diritto a non dover emigrare. Ognuno dovrebbe avere la possibilità di poter vivere nel proprio paese d’origine in pace e in modo dignitoso, grazie alla tutela dei diritti umani fondamentali.
Inoltre solo uno Stato  in grado di garantire un equilibrio economico tra il reddito procapite e il costo della vita potrà dare dignità economica alla persona accolta, evitando a quest’ultima di candidarsi come nuovo scarto sociale del modello economico consumista.

In conclusione, possiamo affermare, come indicato da Bergoglio, che l’amicizia sociale e la fratellanza generate dall’amore, sono il viatico per promuovere l’inclusione, a prescindere dalla cultura, dai tratti etnici e dalla sensibilità religiosa di ogni persona. È la Sacra Scrittura ad indicarci il giusto orizzonte: «Se uno dice: “Io amo Dio” e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede». (1Gv 4, 20-21)

Luciano Ronconi