La scuola attraverso la musica: da Wagner ai Pink Floyd. Suddivisa in quattro movimenti, questa breve meditazione cercherà, come in quei grandi bauli di casa pieni di “oggetti dimenticati”, le cose essenziali da considerare quando pensiamo alla scuola. Ne abbiamo trovate alcune, percorrendo dei sentieri musicali

Istruzioni per l’uso: la musica indicata non è un orpello trascurabile, ascoltarla è (oserei dire) indispensabile per una piena comprensione dell’articolo.

PreludioSentieri o autostrade?

Ci troviamo (tutti, nessuno si senta escluso) nel preludio del Tristan und Isolde di Wagner, muoviamo i primi passi lungo il sentiero in un’atmosfera incerta, che alterna esitazioni, sonore sorprese, picchi di intensità e armonia e silenzi o sussurri. Siamo nel tempo dell’attesa, carica di speranze. Riapriranno i cancelli e così la meravigliosa e mastodontica autostrada si aprirà davanti ai nostri occhi increduli: al via la corsa verso il futuro!

Siamo sicuri che un’unica grande autostrada sia quello che serve ai nostri figli? Oppure è importante avere la possibilità di seguire o tracciare sentieri? Tornano i dubbi, le perplessità, gli slanci vitali di promesse da mantenere costi quel che costi. Costi quel che costi…sicuro? Un misto agrodolce di sentimenti ci assale: quanto siamo disposti a mantenere le nostre promesse?

Negli ultimi istanti di questo preludio restiamo in attesa. Di una voce che speriamo non tardi ad arrivare.

Allegro ma non troppo – Quale umanità vogliamo?

L’attesa è rotta invece dall’intro horologico di Time dei Pink Floyd, una vera e propria pioggia inarrestabile di proiettili sonori ci desta, impossibile fuggire. Eh già, prima o poi bisogna fare i conti con la realtà. E lo faremo tutte le mattine, finchè il nostro cuore batterà. L’enorme autostrada del futuro verso quale futuro va? Quale umanità abbiamo il compito di generare, crescere, formare…?

Time è un atto d’accusa tra i più terribili del nostro tempo: ci costringe con rara efficacia a vedere che l’educazione è un gioco molto serio. Ne va della vita delle persone: “mentre passi le giornate calciando qua e là in giro per la tua città, aspettando che qualcuno o qualcosa ti mostri la via”.

E se – tragicamente – ciò non avvenisse mai? Il tempo passa e tu ti ritrovi vecchio e stanco, ancora in attesa di qualcuno o qualcosa. Nessuno ti ha detto quando correre, hai perso lo sparo di partenza…”. Qui dalla tragedia si passa al crimine contro l’umanità, e uno dei peggiori perché difficile da smascherare, se non a giochi fatti.

Quando pensiamo alla scuola chiediamoci (tutti, nessuno escluso) come sarebbe (e com’è!) il mondo senza di essa. Poi passiamo con estrema decisione alla fase due: chiederci cioè cosa possiamo fare per renderla buona.

Andante moderatoLungo i fiumi

Prima di volere a tutti i costi l’uomo nuovo, non sarà allora il caso di andare a cercare l’uomo?

Il punto della questione non è tanto trovare risposte (a riguardo, troppe ce ne sono) quanto rimettere al centro il carattere esistenziale della domanda che sempre meno emerge nel nostro vivere. È un dovere di tutti (sentito purtroppo da pochi) comprendere che – quando si pensa, quando si costruisce, quando si demolisce, quando si profana o si adora la scuola – la posta in gioco è la nostra umanità.

Proprio perché risposte preconfezionate non esistono, dobbiamo tutti assumerci la responsabilità della ricerca. Scopriremo strada facendo che ci sono altri che prima di noi hanno battuto alcuni sentieri, scopriremo l’importanza di incontrare fiumi lungo la via, dove trovare un po’ di acqua sorgiva che ci disseti.

Scopriremo che nel gioco educativo la famiglia e la scuola costituiscono il riferimento per eccellenza. Sperimenteremo l’importanza di questi e altri punti di riferimento proprio scontrandoci con la loro assenza.

Una simile ricerca, invero, ha avuto e tuttora ha senza dubbio i tratti ambigui e fiabeschi del Prélude à l’après-midi d’un faune di Debussy, tuttavia l’animo che la sostiene è epico e gagliardo, come il The Avengers Main Theme di A. Silvestri e a tratti è addirittura commovente come il meraviglioso The Fall di E. Morricone.

Il mondo della scuola con le sue estreme fragilità, incoerenze, fesserie è il nostro mondo. E come tale può essere sempre cambiato per il Bene (non per il meglio, termine abusato ma troppo ambiguo). Come nostro mondo può essere amato nel più vero senso del termine.

E anche se la sciagurata arte del vaniloquio che affolla oramai gran parte delle nostre vite (soprattutto social, ma non solo) ha in questi giorni un bersaglio privilegiato, ci resta ancora la possibilità di scorgere oasi armoniche.

Ciò richiede però la capacità e la volontà di mettersi in cammino, la forza di fermarsi quando è necessario: forse per riprendere fiato, forse per verificare che non si stia girando in tondo, forse per osservare e gustare il paesaggio.

CongedoTutti, nessuno escluso!

Per concludere è doveroso richiamare l’attenzione sugli ultimi tre minuti dell’Agnus Dei di M. Lauridsen, in cui giunti all’epifania celestiale della divina lux aeterna il coro canta prima un maestoso Alleluja e poi un Amen in un primo momento lanciato poi zampillato, sussurrato.

Il finale è bello, ma di una bellezza che non si può dire. Come quando si chiude un anno scolastico e ci si dice soltanto arrivederci, oppure addio, buona fortuna, è stato bello conoscerti, c’è un mondo di sentimenti lì dietro. Nasciamo, cresciamo, muoriamo, la scuola (proprio come la famiglia) è sempre là a ricordarci chi siamo stati, a chiederci chi siamo, ad aiutarci ad essere ciò che saremo.

Nonostante gli acciacchi, guai se la scuola non ci fosse, non dimentichiamolo mai.