Francesca Cocchini  ha insegnato come docente ordinario di Storia del cristianesimo e Patrologia presso le Università Statali e Pontificie; è stata membro della Commissione di Studio sul Diaconato delle donne della S. Sede; attuale componente della Pontificia Accademia di Teologia. Si è formata nella Catechesi del Buon Pastore d’ispirazione montessoriana, promossa in Italia dalla prof.ssa Sofia Cavalletti, studiosa di ebraismo, e da Gianna Gobbi, esperta educatrice montessoriana, e ne continua l’opera in Italia e all’estero.

Allo scopo di allargare il confronto e la prospettiva dell’IRC e degli IdR su altre forme significative di “educazione religiosa” non scolastica, abbiamo posto alcune domande in dialogo con la prof.ssa F. Cocchini

 

L’intervista

La Catechesi del Buon Pastore

 Come si possono riassumere nei tratti essenziali la storia di tanti anni, la natura e la metodologia della Catechesi del buon Pastore?

Si tratta di un metodo catechistico che vuole aiutare il bambino a incontrarsi con Dio, prendendo sul serio le parole evangeliche sul bambino, parole che lo mettono al centro del messaggio di Gesù (cf. Lc 10,21; Mc 9,36; Lc 18,16-17). La scoperta di M. Montessori riguardo al bambino nel suo rapporto con il trascendente (cf. I bambini viventi nella chiesa, ed. Garzanti 1970), sono state confermate e ampliate nel lavoro di osservazione svolto da S. Cavalletti e G. Gobbi ed ora proseguito in tante parti del mondo. Il metodo si basa su tre pilastri: la Bibbia, la liturgia e la conoscenza del bambino nelle diverse fasi del suo sviluppo, a partire dalla primissima infanzia (2-3 anni) fino alla prima adolescenza (13-14 anni). In ogni fase il bambino manifesta straordinarie capacità di accogliere e godere della relazione con Dio, sviluppando così quella vita divina che ha ricevuto nel battesimo e che, nella maggioranza dei casi, non viene nutrita e assecondata nelle sue esigenze se non a partire dai 6-8 anni, età in cui normalmente si avviano i corsi di catechismo. Il metodo della catechesi del Buon Pastore permette al bambino di accedere direttamente alle fonti della fede senza riduzionismi.  I temi presentati sono quelli di cui i bambini dimostrano di saperne penetrare il messaggio in profondità e gioia; sono tratti dalla Bibbia e dalla liturgia, appunto fonti fondamentali per nutrire la vita cristiana ad ogni livello di età, e in particolare per illuminare le più profonde esperienze vitali del bambino. La trasmissione del messaggio cristiano ha carattere celebrativo, non scolastico: il catechista non è insegnante e pertanto rinuncia ad ogni controllo (interrogazioni, esami ecc.), mettendosi insieme al bambino in ascolto dell’unico Maestro.

 

Realtà e orizzonti

Quale oggi la sua diffusione nelle diverse culture e la sua potenzialità ecumenica?

Attualmente il metodo è seguito nei cinque continenti, dal Canada al Cile, dall’Australia alla Cina. In Europa è presente in quasi tutti i paesi ed è sempre accolto dalle chiese cristiane, non solo cattoliche ma anche episcopaliane, luterane, metodiste, ortodosse. Ciò si deve – come la stessa Cavalletti riconosce – al fatto che in tale metodo è applicata la regola della “gerarchia delle verità” (cf. Unitatis redintegratio n. 11): si annuncia l’essenziale della fede, nel modo più oggettivo possibile, rispettando il principio di “dare le cose più grandi ai più piccoli” (cf. S. Cavalletti, La catechesi del buon Pastore. Antologia di testi scelti, a cura di F. e P. Cocchini, ed. Dehoniane, Bologna 2015, pp. 85-86). (https://www.dehoniane.it/9788810203743-catechesi-del-buon-pastore)

 

 Il “senso religioso” dei bambini e preadolescenti di oggi

Dopo i contatti con tanti bambini e preadolescenti di tutto il mondo e di ogni condizione, che caratteristiche emergono nell’evoluzione delle nuove generazioni rispetto al “mistero” e al “senso” religioso?

Se si è fedeli al principio secondo cui l’annuncio deve essere proposto in base alle esigenze religiose di ogni singola tappa di sviluppo del bambino, senza introdurre “opinioni e attitudini personali” (cf. Catechesi tradendae n. 6), nella consapevolezza che i contenuti della catechesi – biblici e liturgici – sono cosa così grande da non sopportare abbellimenti ulteriori, e ci si mantiene rispettosi dell’oggettività mettendo in primo piano Dio e la sua azione nella storia, allora la catechesi diventa “una grata esperienza di libertà”, suscita gioia e stupore. E lo stupore è atteggiamento fondamentale di una vita spirituale, permette di vivere con la consapevolezza di essere immersi in una realtà insondabile e incommensurabile. Anche tutto ciò che riguarda la vita morale, e quindi la catechesi nel suo aspetto parenetico – aspetto che risponde alle nuove esigenze che compaiono nel bambino dopo i 6 anni di età – , deve essere presentata in modo da suscitare stupore e gratitudine: occorre aiutare il bambino a situarsi nella storia e nel tempo, storia e tempo “abitati” da Dio che dona e chiama ciascuno a vivere in comunione, in “alleanza” (cf. S. Cavalletti, La catechesi del buon Pastore, cit., pp. 49-54).

 

Gli adulti educatori religiosi

Si registra spesso la difficoltà degli adulti ad essere significativi nel rapporto con le nuove generazioni e nella testimonianza della fede, qual è Il ruolo dell’adulto educatore religioso nell’accompagnamento alla crescita del bambino?

Il ruolo dell’adulto in questo caso non potrà mai essere quello di un “maestro”: nell’ambito della fede si è tutti discepoli. Ciò che l’adulto può testimoniare è il suo essere e mantenersi in un atteggiamento di ascolto, di ricerca, di continuo approfondimento del messaggio cristiano, di attesa fiduciosa e al tempo stesso operativa del compimento della storia secondo il progetto di Dio.

 

Genitori e famiglie

Come sono chiamati in causa a collaborare i genitori delle famiglie dei bambini, che vivono la fatica esistenziale e spesso spirituale di esercitare la loro responsabilità educativa anche nella sfera religiosa?

I genitori devono innanzitutto essere aiutati a “scoprire” lo straordinario “potenziale religioso” dei loro bambini, a comprendere che il bambino religioso non è un “adulto in piccolo” ma ha una sua specifica religiosità che necessita di essere conosciuta per poter essere sostenuta e così svilupparsi. Sarà questa scoperta che aiuterà nella fatica e nella condivisione di una medesima relazione di vita non solo “orizzontale” ma anche “verticale”.

Foto di copertina: Atrio nella Catechesi del Buon Pastore; prof.ssa Sofia Cavalletti

di Giorgio Bellieni