Perché è stato strano questo Festival di Sanremo. Vince Angelina Mango, ma in realtà “vincono” tutti.
Come i moschettieri, come quelle feste in cui non importa chi compie gli anni, ma tutti ne escono contenti, arricchiti. A modo loro vincenti. Vince il Festival, che si affaccia sul mar ligure come a voler restituire un po’ del suo infinito orizzonte a tutti coloro che ne hanno fatto parte. Conduttori, operatori, cantanti, spettatori. La magia del teatro e della musica (già Grotowski ne L’Arte come veicolo, 1998) è quella rituale, in cui avvengono trasformazioni, ossia modificati stati di coscienza. Quelle che chiamiamo emozioni, ma che in realtà hanno narrative, radici e risonanze più profonde. Ma proviamo a riavvolgere il nastro.

Tanti sono i traguardi che questo Festival ha saputo regalare alla storia della televisione italiana. Ma ce n’è uno che forse, in modo particolare, spicca più degli altri. Il Festival di Sanremo, ormai da anni e grazie anche e soprattutto al genio artistico di Amadeus e Fiorello, ha allargato il suo bacino d’utenza all’universo della musica commerciale, dunque giovanile, espandendo i suoi confini mediatici ben oltre gli auditel consolidati previsti e-o prevedibili. Il Festival è diventato popolare, social, culturale. E in qualche modo anche didattico. Si può parlare di pedagogia delle emozioni e dei sentimenti nella misura in cui un prodotto culturale genera un processo, di incontro e contenuto, che si aggiunge all’immaginario collettivo di una società.

Il portato simbolico ha da sempre avuto valore generativo e rituale nelle comunità. Quello che stiamo perdendo di vista e che, in questi giorni, è stato recuperato nelle case, nelle radio, nelle televisioni degli italiani che ne parlano. E, il Festival dei record, è un percorso quinquennale riuscito, da una parte avvicinando i gusti e i ritmi musicali -anche- delle nuove generazioni (non senza assumersi dei rischi, vedi caso Blanco 2023), e dall’altro smarcandosi dai facili riduzionismi che sovente la critica del costume italiano affibbia a ciò che fa tendenza.
Insomma, i picchi di share del Festival potrebbero essere letti non solo mediaticamente, ma sociologicamente come bisogno di riconoscimento collettivo (Lévi-Strauss, 1977).

In una realtà sociale sempre più imprevedibile e frammentaria, il successo –in mondo visione- dello spettacolo della musica leggera italiana è stato raggiunto poi, sotto il profilo del linguaggio, più dal come che dal cosa.

Guardare al mondo con leggerezza, diceva Calvino, non significa guardarlo con la superficialità di qualcosa di vuoto, come sostiene qualcuno. La leggerezza pensosa di cui, questo Festival, è stato prezioso veicolo coincide piuttosto con quell’atteggiamento descritto da Calvino e rappresentato dall’immagine del volo. Come quello di una rondine, per esempio.

“Prendete la vita con leggerezza, ché leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”. (Lezioni Americane, Calvino 1988)

L’ariosità, che in musica corrisponde all’aperta armonia delle note, si è resa palpabile nel volo della voce-anima di Angelina Mango che squarcia i cieli dell’Ariston durante la serata delle cover e fa cadere copiosa la loro benedizione sul pubblico in sala e su quello a casa. Un’interpretazione de La Rondine scritta dal suo papà, volato in cielo troppo presto, che trascende l’interpretazione stessa e va al di là della canzone, della gara, del Festival. Una specie di preghiera che rende percepibile la presenza abitata di una dimensione altra, innalzata dalla sinfonia del quartetto d’archi.

Angelina vincerà tre volte questo Festival. Questa è la prima. La stessa Angelina che nella finalissima, catturata dal ritmo gitano della sua canzone in gara La noia, inciampa su se stessa e casca. Si rialza. E conclude la canzone. Ma soprattutto resta. Seduta sulle scale fronte pubblico, sorridendo. Senza fuggire dalla sua caduta. Senza nascondersi. E con la stessa leggerezza chiede scusa. Vince una seconda volta, prima del verdetto finale arrivato qualche ora più tardi e che lei accetta incredula.

“Esiste una leggerezza della pensosità” -dice Calvino- “così come tutti sappiamo che esiste una leggerezza della frivolezza; anzi, la leggerezza pensosa può far apparire la frivolezza come pesante e opaca”.
E’ la differenza elegante rimarcata come un sottile fil rouge dal Festival in questa compiuta 74esima edizione.

E’ il passo leggero dell’ alieno di cartapesta e gommapiuma che accompagna la narrazione musicale autobiografica di Ghali, e che ci fa pensare alla parola “extra-terrestre” (fuori dalla terra) come a una parola lontana dalla fantascienza e prossima alle nostre case.

E’ il canto dell’anima del rapper Geolier (quello de Il Coraggio dei bambini, 2023) che sul palco porta la sua Napoli del quartiere popolare di periferia dove ancora abita con la sua famiglia. E si imbarazza quando vince la serata duetti al posto di altri, forse musicalmente migliori, e insegna alla giornalista, che lo accusa di furto in conferenza stampa il giorno dopo, che: “rubare è una brutta parola, però”. Come la reale modestia di Angelina alla proclamazione del vincitore indica un modo di vincere, così Geolier, qualche giorno dopo, insegna a saper perdere quando spegne sui social i fumi delle polemiche: “Basta odio, Angelina ha meritato di vincere”.

E’ il pianto dolce della splendida “bambina” Loredana Bertè (40 anni di carriera), ospite alla Domenica In di Mara Venier perché, le persone in studio le cantano “sei bellissimaaa”.

E’ la leggerezza del mazzo di fiori lasciato sull’altalena vuota da Mr.Rain al termine di una canzone dedicata a un padre che ha perso un figlio.

E’ la leggera fragilità fitta di immensa, sublime e struggente bellezza di un ospite come Giovanni Allevi che sul palco di Sanremo, il 7 febbraio 2024, ha lasciato al mondo intero, attraverso la sua testimonianza e la sua musica, una cosa sacra.

L’Italia si è fermata, quando c’è stato il festival di Sanremo. E ha fatto bene. Forse, come sosteneva Kennedy prima di essere assassinato nel ’68:

il Pnl non tiene conto della salute dei nostri figli, della qualità della loro istruzione, né dell’allegria dei loro giochi. Non misura la bellezza della nostra poesia o la solidità dei nostri matrimoni. Non tiene conto del nostro coraggio, della nostra saggezza o della nostra cultura. Non dice nulla della nostra pietà o dell’attacamento al nostro paese. In breve, il Pnl misura tutto, tranne quello che rende la vita degna di essere vissuta” (in L’arte della vita, Bauman 2008).

Perché se lo avesse fatto si sarebbe accorto che il Festival, questo Festival, non è stato solo canzonette.

Allora, a chi come Angelina, Geolier, Ghali, Irama, Allevi, la Bertè, Mr Rain, Gazzelle, Amadeus e Fiorello, che abbiamo sentito come fratelli di strada, e a tutti colori che hanno portato la loro fede sul placo dell’Ariston, sacra o prosaica che sia non importa, sentiamo di guardare con ammirazione e apprendimento. Per i valori umani condivisi, tra tutti forse quello prezioso della commozione e dell’empatia. Che ispira processi, illumina sentimenti, orienta i pensieri.

Chi canta prega due volta, diceva sant’Agostino e il tatuaggio sul polpaccio dell’Amoroso, in coming out al Festival dopo un percorso di psicoterapia. Se educare significa etimologicamente “tirare fuori” l’anima, possiamo imparare dalla fragilità degli artisti, dei cantanti, dei giovani di successo in gara in questa edizione. E portare la musica e la “lezione di Sanremo24” nelle scuole, ai bambini, ai ragazzi, oltre Sanremo, soprattutto ai più disperati.

La retorica della fragilità rischia di apparire vuota, e appannaggio di pericolose illusioni se non è attraversata dall’arte e dal sentimento dell’umiltà che la tramuta in bellezza e in speranza. E’ forse questo il segreto che Amadeus ha saputo elogiare e promuovere, con la delicatezza e l’intelligenza che solo i grandi uomini dello spettacolo sanno fare.

E invitarci a trovare così la forza di guardare, anche noi, dentro i nostri cieli, spezzati, sbagliati, svuotati, e cantare, con potente tenerezza: Dove sei? Dove sei? Certi che una rondine, in un modo o in tutti quelli possibili, planerà dall’alto e tornerà a darci riposta. E comunque sia, sarà vittoria.