La dott.ssa Rosa Maria Morbegno, è attualmente Direttore dell’USSM (Ufficio Servizio Sociale Minorenni) che ha, come mandato principale, quello di dare attuazione ai Provvedimenti del  Tribunale per i Minorenni. Per alcuni anni il Servizio ha collaborato nell’ambito del  progetto “Liberi di scegliere”, di cui è stato promotore il Presidente del Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria Roberto Di Bella (oggetto del libro di R. Di Bella – Monica Zapelli, Liberi di scegliere, La battaglia di un giudice minorile per liberare i ragazzi dalla ‘ndrangheta, 2019 e del Film per la TV di Giacomo Campiotti), oggi istituzionalizzato come Protocollo nazionale.
Molte utili queste considerazioni anche per i docenti dell’insegnamento religioso scolastico (IRC).

L’intervista

Il lavoro dei Servizi Minorili

Secondo lei quale è la misura che caratterizza di più il lavoro dei Servizi Minorili della Giustizia?
Il nostro sistema ha come cornice il DPR 448/88 che pone al centro il minore ed ha generato un approccio culturale, prima che giuridico, tutto teso a favorire i percorsi educativi, considerando il reato come un’opportunità per avviare la progettazione socio-educativa.
Il principio ispiratore del processo penale minorile, introdotto dal DPR 448/88, è quello di considerare che il minore imputabile innanzitutto un adolescente con una personalità in evoluzione e non ancora strutturata in senso deviante.
Il processo diventa l’occasione per attuare una “pedagogia della responsabilità” ed in questo senso è stato definito la nuova frontiera della pratica penale che ha cercato di dare un nuovo profilo culturale all’intervento penale.

Notevoli sono stati anche gli influssi esercitati dalle discipline psico-sociologiche, il confronto e l’elaborazione sulle tematiche minorili svolto in sede internazionale.
La misura che caratterizza di più questa impostazione ritengo sia la sospensione del processo e messa alla prova del minore imputato, previsto dall’art. 28 del D.P.R. 448/88, rappresenta emblematicamente il modello di intervento scelto dal legislatore: di fronte ad un reato commesso da un minore lo Stato rinuncia a punire, sceglie di offrire opportunità di educazione e responsabilizzazione.

Come si opera concretamente?
Si predispone un progetto ed in caso di esito positivo della prova il reato si estingue. In tantissimi casi ha funzionato come opportunità di cambiamento e responsabilizzazione a condizione soprattutto nei casi in cui si è riusciti ad offrire risposte al disagio ed esperienze positive di socializzazione.
L’art. 28 del DPR 448/88, nella formulazione originaria, non prevedeva limiti riguardo alla tipologia del reato, l’intento inequivocabile del legislatore  è stato quello di chiarire che la gravità del reato non è preclusiva dell’applicazione della misura. Di fatto è stata erogata tanto in caso guida senza patente di un motorino quanto per omicidio, costituendo un esempio di assoluta discrezionalità del giudice minorile.
Riguardo i contenuti, l’art.27 del D.L. 272/’89 precisa che il progetto deve prevedere “tra l’altro” le modalità di coinvolgimento del minore e della sua famiglia, gli impegni specifici che il minore assume, le modalità di partecipazione degli operatori e le eventuali modalità di riparazione e conciliazione con la vittima.

 

Rieducazione

Che progetti per la “rieducazione”?
Si comprende dunque che i contenuti dei progetti possono essere i più vari: sicuramente sono previste attività di studio e/o lavoro, attività di pubblica utilità e sportive, ma possono essere previste altre attività che rivestono finalità educativa e che tendono all’inserimento del minore nel contesto sociale.
Anche con queste finalità, per lo svolgimento della prova, il minore è affidato ai servizi minorili della Giustizia che operano in collaborazione con i Servizi territoriali.
Il ruolo dei Servizi è fondamentale dunque, non solo nella fase preliminare, per l’elaborazione del progetto e la presentazione dei contenuti al minore al fine di ottenerne il consenso concreto, ma per tutta la durata della prova, durante la quale svolgono funzioni di accompagnamento, sostegno e controllo.
Al termine del periodo di prova i servizi producono una relazione sul comportamento del minore e sull’evoluzione della sua personalità
In udienza, in caso di esito positivo si pronuncia l’estinzione del reato, in caso di esito negativo  si riprende l’iter processuale sospeso.

La legge prevede dunque che, al fine di valutare il risultato della prova, il giudice prenda in esame il dato oggettivo relativo al comportamento del minore e quello soggettivo attinente all’evoluzione della sua personalità.
In altri termini dovrà tenere conto della condotta tenuta, dell’osservanza delle prescrizioni e delle attività contenute nel progetto, ma anche degli aspetti relativi al cambiamento del ragazzo nel senso della responsabilizzazione e della socializzazione.
E’ importante sottolineare che, valutando insieme al minore il senso dell’opportunità offertagli, il Giudice ed i Servizi rendono visibile e sostenibile la prognosi positiva, anche e soprattutto, agli occhi del ragazzo stesso. Riflettere sulla messa alla prova ci aiuta anche a comprendere come stia cambiando l’orientamento legislativo riguardo la Giustizia minorile.

 

L’Italia di oggi

Nel Paese frastornato da continui fatti di cronaca violenta, tentato dalla risposta repressiva che orientamenti di prevenzione e di riscatto bisognerebbe coltivare per dare risposte di “giustizia” (riparativa, generativa) sui minori come persone da aiutare a crescere in umanità piena e non solo per esigenze di sicurezza e legalità formale?

Non si può generalizzare ma senza dubbio, oltre al contesto familiare e sociale, anche le risorse educative riducono il rischio di devianza, per questo sarebbe necessario lavorare molto sulla prevenzione primaria intercettando precocemente il disagio già durante l’infanzia ed i primi anni dell’adolescenza e cercando di predisporre una serie di interventi per avviare percorsi educativi ed offrire opportunità di socializzazione positiva.

Una società che ha occhi per vedere precocemente il disagio giovanile e che predispone adeguati mezzi per ridurlo è senza dubbio una società più sicura.
All’incremento della devianza minorile, più percepito che reale, al momento delle risposte sono state introdotte dal Decreto Legge n. 123/2023 c.d. Decreto Caivano convertito dalla Legge 13 novembre 2023 n. 159. E’ stato introdotto l’art. 28 comma 5-bis DPR 448/1988 che esclude la messa alla prova per alcuni delitti: omicidio aggravato, violenza sessuale e rapina aggravata limitatamente ad alcune ipotesi. Questo è già un primo segnale di ridimensionamento della Messa alla prova che, soprattutto riguardo l’ultima ipotesi, quella di rapina trovava frequente applicazione per i minorenni.

Altri cambiamenti significativi al processo penale minorile riguardano  la riduzione dai cinque a tre anni come pena massima prevista per l’accompagnamento presso gli uffici di polizia del minorenne colto in flagranza di reato, per le misure diverse dalla custodia cautelare la soglia di applicabilità si riduce dai cinque ai quattro anni; per la misura della custodia cautelare e per l’arresto in flagranza la pena massima richiesta non è più di nove anni ma di sei; queste ultime misure possono essere inoltre disposte per nuove tipologie di reato come furto aggravato, spaccio, resistenza a pubblico ufficiale, violenza o minaccia.

 

Attualità  e politica legislativa

 Evoluzione o involuzione quindi nella recente legislazione?

La legge di conversione del Decreto Caivano inoltre introduce nel DPR 448/88 l’art. 27 bis prevedendo che, durante le indagini preliminari, il Pubblico Ministero, quando procede per reati per i quali la legge stabilisce una pena detentiva non superiore nel massimo a 5 anni di reclusione ovvero una pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena detentiva, se i fatti non rivestono particolare gravità, può proporre la definizione anticipata del procedimento. In tale ipotesi il minore deve accedere  a un percorso di reinserimento e rieducazione civica e sociale sulla base di un programma rieducativo che preveda, sentiti i Servizi minorili dell’Amministrazione della Giustizia e nel rispetto della legislazione in materia di lavoro minorile, lo svolgimento di lavori socialmente utili o la collaborazione a titolo gratuito con enti del Terzo settore o lo svolgimento di altre attività a beneficio della comunità di appartenenza, per un periodo compreso da due a otto mesi.

Il deposito del programma rieducativo, redatto in collaborazione anche con i Servizi dell’Amministrazione della Giustizia, deve avvenire, da parte dell’indagato o del suo difensore, entro 60 giorni dalla notifica della proposta del pubblico ministero. Ricevuto il programma, il pubblico ministero lo trasmette al giudice per le indagini preliminari, che fissa l’udienza in camera di consiglio per deliberare sull’ammissione del minore al percorso di reinserimento e rieducazione.

Strumenti

E il posto della Messa alla prova, uno degli Istituti innovativi della giustizia minorile?

Il primo rilievo importante è che viene applicato dal giudice per le indagini preliminari, giudice monocratico, mentre la MAP (Messa Alla Prova) dal GUP o Giudice del Dibattimento, con il contributo dunque dei giudici onorari valorizzando la multidisciplinarietà.
La MAP nella fase delle Indagini preliminari è invece prevista per gli adulti  ma la Corte Costituzionale in numerose occasioni ha evidenziato le differenze tra la messa alla prova minorile e quella dedicata ai maggiorenni.
La Corte cost. in particolare ha osservato che la messa alla prova minorile (artt. 28-29 DPR 448/1988) non è condizionata dalla richiesta dell’imputato, né dal consenso del pubblico ministero, e assume quindi caratteristiche specularmente opposte alla messa in prova dell’adulto, poiché l’essenziale finalità rieducativa ne plasma la disciplina in senso personologico, rimanendo estraneo ogni obiettivo di economia processuale.

Coerentemente la composizione collegiale e interdisciplinare del collegio giudicante, in sede di udienza preliminare minorile risponde alla complessità delle decisioni che tale giudice è chiamato ad assumere, tra le quali, appunto, l’eventuale sospensione del processo con messa alla prova.
Si può quindi ritenere – secondo la Corte costituzionale – che l’assegnazione della messa alla prova del minore al giudice dell’udienza preliminare e non anche al giudice per le indagini preliminari appare conforme al finalismo rieducativo di cui all’art. 27, comma 3, Cost. e alla protezione della gioventù prevista dall’art. 31, comma 2, Cost., poiché assicura che le delicate valutazioni personalistiche implicate dall’istituto siano svolte da un organo collegiale, interdisciplinare e diversificato nel genere, pertanto idoneo ad espletarle nella piena consapevolezza di ogni aspetto rilevante.

In sintesi, il procedimento introdotto dal art. 27 bis si presenta come una misura con finalità deflattive, ma principalmente è ispirato dall’esigenza favorevole per il minore affinché, se ne sussistono le condizioni, ne fa richiesta e segue positivamente il percorso rieducativo, può uscire anticipatamente dal circuito penale.
L’art. 27 bis specifica che il deposito del programma rieducativo è un onere dell’indagato o del suo difensore. Il programma deve essere redatto in collaborazione anche con i Servizi dell’Amministrazione della Giustizia.

 

Prospettive

Qualche conclusione?

Il programma rieducativo ha delle finalità più ridotte di quelle di cui all’art. 28 DPR 448/1988. L’art. 27bis parla di lavori socialmente utili, collaborazione gratuita con enti del terzo settore, svolgimento di altre attività a beneficio della comunità di appartenenza.
L’art. 28, invece, ha una portata più ampia che passa dalla osservazione, trattamento e sostegno, menziona la giustizia riparativa, la mediazione.
Il rischio è di attribuire al percorso previsto dall’art. 27 bis un senso meramente retributivo: far corrispondere al reato un’azione “socialmente utile” con la logica tipica del sistema proposto per gli adulti rinunciando alla valorizzazione degli aspetti personologici ed educativi.

Si vedrà nell’applicazione concreta che verrà attuata dalla Magistratura minorile e dai Servizi la possibilità di non rinunciare, neanche in questo caso, al finalismo educativo che permea tutto il  sistema penale minorile cosi come è stato delineato dal DPR 448/88, dai successivi interventi normativi e della Corte Costituzionale.

  • Immagine di copertina Dott. Roberto Di Bella (Tribunale per Minorenni) e don Luigi Ciotti (LIBERA) partners del Progetto “Liberi di scegliere”

Giorgio Bellieni