I documenti sul futuro del mondo e dell’umanità

Il tema dell’impatto che le innovazioni industriali e tecnologiche stanno avendo sull’ecosistema del nostro pianeta è al centro di molti dibattiti politici e culturali contemporanei. Due documenti molto significativi che contengono fondamentali riflessioni circa il futuro del mondo e dell’umanità, sono la Convenzione di Rio de Janeiro, redatta in occasione della Conferenza sull’ambiente e lo sviluppo delle nazioni tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992, a cui hanno partecipato 172 governi e moltissime organizzazioni non governative; e i Global Goals, 17 macro-obiettivi fissati nel 2015 dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per ottenere entro il 2030 un futuro migliore e più sostenibile per tutti. Entrambi i documenti sottolineano il principio secondo il quale il diritto allo sviluppo deve essere attuato in maniera da equilibrare le esigenze di sviluppo e quelle ambientali delle generazioni presenti e di quelle future.

Il concetto di responsabilità

Tale principio contiene un riferimento evidente ad uno dei concetti filosofici, quello di “responsabilità”, più noti del pensatore tedesco Hans Jonas (1903-1993), il cui assiduo impegno a favore delle tematiche ecologiche ed ambientali è stato unanimemente riconosciuto nel 1987 con l’assegnazione del premio della pace da parte della Börsenverein des Deutsches Buchhandels.

Tutta la riflessione di Jonas è incentrata sul tentativo di elaborare una nuova etica per cercare di correggere e prevenire i pericoli causati dalla civiltà tecnologica. Per fare questo, è indispensabile procedere all’elaborazione di una forma di responsabilità profondamente diversa da quelle delle morali tradizionali. L’ascesa della tecnica, potenziata dalla scienza e dall’economia, è stata talmente forte e incontrollata, da poter essere definita un “Prometeo scatenato”. Come il celebre eroe mitologico, essa ha voluto donare agli uomini gli strumenti per emanciparsi dalla natura e dominarla, senza considerare, però, i “costi” di questa operazione sui delicati e preziosi equilibri naturali. La sottomissione della natura all’uomo ha finito per concretizzarsi in una delle più grandi sfide della Storia costituita dalla paura per il futuro della vita umana sulla Terra.

Muoversi prima che è troppo tardi

La constatazione, per certi versi anche “inquietante”, che Jonas rivolge all’uomo contemporaneo, è che “non c’è più tempo” o, se vogliamo essere un po’ meno perentori, “il tempo è molto poco” e bisogna muoversi prima che sia troppo tardi!

Davanti allo scioglimento dei ghiacciai o alla morte di fame di centinaia di migliaia di persone nei paesi cosiddetti “sottosviluppati”, chiedersi quale ne sia la motivazione ha poca importanza e non incide sul dramma di queste situazioni. La domanda da porsi non è “Perché non faccio niente per modificare qualcosa?” ma semmai “Che cosa posso fare per determinare dei cambiamenti significativi?” In tal senso, nessuno si può considerare esente dal prendere una posizione nei confronti dell’essere di se stesso, degli altri e della realtà che ci circonda.

Il finalismo interno all’ordine delle cose

Quando affrontiamo i temi dell’ecologia e della salvaguardia ambientale dobbiamo ricordare che esiste un finalismo interno all’ordine delle cose. La vita richiede la conservazione della vita stessa. Ogni essere vivente, per il semplice fatto che esiste, implica essenzialmente un’esigenza assoluta di permanenza della propria sussistenza. Ne consegue che ogni essere vivente sia fine a se stesso e non abbia bisogno di una giustificazione ulteriore.

Quale futuro?

Troppi interessi di natura principalmente economica e politica ci hanno portati alla situazione critica in cui ormai tutta l’umanità è coinvolta. Il futuro è nelle mani delle giovani generazioni che sono chiamate a compiere scelte decisive per sé, per gli altri e per il mondo di domani. Nella consapevolezza della complessità della domanda, dovremmo chiederci se pensiamo, in tutta onestà, che l’umanità possa ancora salvarsi da un’eventuale catastrofe che da più parti viene prospettata o se tutto sia invece destinato a continuare com’è ora.

La ripresa dell’etica normativa

E’ dunque necessario attuare una sorta di ripresa dell’etica “normativa”, basata, cioè, sul riferimento a delle norme che permettano l’orientamento razionale dell’agire umano, nella convinzione che il bene o il male siano determinabili con oggettività. L’uomo etico non teme le critiche che gli possono venir mosse di pusillanimità o pessimismo, perché la paura  che egli considera come monito per il proprio agire, non è frutto di immaginazione o fantasia, ma è fondata su dati di realtà che non devono sgomentare, terrorizzare o immobilizzare l’azione umana, quanto piuttosto stimolare nell’umanità iniziative coraggiose volte a cambiare in meglio il corso della Storia. Questa è la sfida che dobbiamo affrontare oggi e vincere domani.

Paolo Gava