Ecologia integrale: l’interconnessione della realtà

Quando si parla di ecologia integrale, a partire dalla necessità di considerare la realtà planetaria in una logica di ecosistema, si dischiude un orizzonte etico che risulta capace di porre in essere una fattiva continuità tra le problematiche di ordine ambientale ed argomenti che, apparentemente, non sembrerebbero essere connessi con azioni ecologiche. Con ciò Papa Francesco ha posto l’accento sul fatto che non si possono considerare separatamente i fenomeni del riscaldamento globale, dell’esaurimento delle risorse non rinnovabili, dell’inquinamento prodotto dalla combustione di idrocarburi, dell’irresponsabile deforestazione dei polmoni verdi del pianeta, con una visione che non tenga conto della questione della cultura dello scarto antropologico.

La crisi ambientale  è intimamente connessa alla crisi sociale:«Quando parliamo di “ambiente” facciamo riferimento anche a una particolare relazione: quella tra la natura e la società che la abita. Questo ci impedisce di considerare la natura come qualcosa di separato da noi o come una mera cornice della nostra vita. Siamo inclusi in essa, siamo parte di essa e ne siamo compenetrati. […] Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura» (Laudato sii, 139).

 

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Ripartire da un’ecologia della relazione con il sé e con l’altro

Mettersi in gioco per un’ecologia integrale comporta uno sguardo nuovo per farsi carico della cura del pianeta. Il primo passo si concretizza nella cura della propria umanità e delle relazioni umane. In questa logica occorre prendere le mosse dal concetto di sé, che in ogni persona emerge anzitutto dall’interazione con l’ambiente ed il confronto con gli altri. Da questa interazione le persone sviluppano una visione del sé relativa a più ambiti: l’aspetto fisico, i propri bisogni, le proprie capacità ed i propri ruoli sociali.

Le convinzioni che un soggetto sviluppa circa le proprie potenzialità ed il proprio essere nel mondo impattano sulla regolazione del sentire, del pensare e dell’agire e, pertanto sul benessere: «Per poter parlare di autentico sviluppo, occorrerà verificare che si produca un miglioramento integrale nella qualità della vita umana, e questo implica analizzare lo spazio in cui si svolge l’esistenza delle persone.

Gli ambienti in cui viviamo influiscono sul nostro modo di vedere la vita, di sentire e di agire. Al tempo stesso, nella nostra stanza, nella nostra casa, nel nostro luogo di lavoro e nel nostro quartiere facciamo uso dell’ambiente per esprimere la nostra identità. Ci sforziamo di adattarci all’ambiente, e quando esso è disordinato, caotico o saturo di inquinamento visivo e acustico, l’eccesso di stimoli mette alla prova i nostri tentativi di sviluppare un’identità integrata e felice» (Laudato sii, 147).

 

Trovare o ricevere risposta ai bisogni personali per un’ecologia dei rapporti umani

Se il singolo non riesce a trovare o a ricevere risposta ai propri bisogni, che consentono lo sviluppo di una personalità integrata, difficilmente potrà sviluppare un concetto di sé adeguato e ancor più difficilmente potrà entrare in una relazione sana con gli altri, con l’ambiente e men che meno sarà in grado di farsi carico dei bisogni altrui e dell’ambiente. Qui si innesta il problema dell’ecologia dei rapporti umani, una rete in cui alcuni costrutti, studiati dalla psicologia sociale, meritano di essere presi in seria considerazione. Anzitutto occorre mettere in evidenza l’importante ruolo dell’empatia. Secondo gli studi dello psicologo Batson le persone aiutano in virtù della loro apertura verso l’altro senza tenere conto di nessun guadagno, ma solo riconoscendo l’altrui bisogno. Sentire il bisogno dell’altro è la base dell’empatia.

Esistono in ogni individuo dei tratti di personalità che lo portano ad essere più o meno aperto agli altri, tuttavia il comportamento prosociale è fortemente influenzato dalla cultura e dall’ambiente. Queste ultime hanno un notevole peso in quanto concorrono alla formazione dei pregiudizi, che tanta parte hanno nel condizionare negativamente l’ecologia dei rapporti umani. Occorre, dunque, tenere presente il ruolo che svolgono i pregiudizi, che, a livello psicologico sono atteggiamenti composti da una componente emozionale ed una componente cognitiva, fatta di pensieri e credenze. In pratica il pregiudizio si configura come un sentire agito che cognitivamente si basa su una concezione stereotipata dell’altro, ovvero una generalizzazione a priori. Superare i pregiudizi che inquinano le relazioni, quando non le distruggono, non è certo una cosa semplice perché non basta un’informazione adeguata, visto che essi sono radicati non solo cognitivamente, ma anche affettivamente.

 

Ecologia integrale

Ecologia integrale

Prospettive per la realizzazione di un’ecologia integrale delle relazioni

La proposta, per provare a lavorare sui pregiudizi, potrebbe sorgere in un orizzonte educativo in cui la «cultura dello scarto», deve essere sostituita da una «cultura dell’accoglienza». In questo senso non significa appiattire la ricchezza delle diverse culture, ma significa innescare un processo di reciproco riconoscimento cognitivo ed emotivo come ricchezza nella diversità, a partire dalla coscienza del valore indiscusso del sé e dell’altro in quanto persone.

Sicuramente siamo di fronte ad un processo paidetico lungo, ma non per questo impossibile, comunque base necessaria per un’ecologia realmente integrale: «Molte cose devono riorientare la propria rotta, ma prima di tutto è l’umanità che ha bisogno di cambiare. Manca la coscienza di un’origine comune, di una mutua appartenenza e di un futuro condiviso da tutti. Questa consapevolezza di base permetterebbe lo sviluppo di nuove convinzioni, nuovi atteggiamenti e stili di vita. Emerge così una grande sfida culturale, spirituale e educativa che implicherà lunghi processi di rigenerazione» (Laudato sii, 202).

Luca Raspi