Ripartire dall’intelligenza emotiva 

Il nuovo anno scolastico è iniziato. L’istituzione scolastica, a livello organizzativo e logistico, sembra essere in affanno per la ripresa delle lezioni. L’esperienza della pandemia, con cui ci troviamo a fare i conti, costringe ad una pianificazione che non può darsi a lungo termine, anche se la speranza di un ritorno alla normalità in tempi brevi pare smuova un grande desiderio di regolarità sia nel corpo docente che negli studenti. Se da una parte risulta arduo, in quest’ora, poter avere delle certezze strutturali circa un ritorno completo alla “scuola in presenza”, d’altra parte non si può eludere la necessità di uno sguardo lungimirante nella prassi e nei contenuti educativi.

La pandemia ha cambiato il vivere insieme. La socialità, cifra essenziale dell’essere persona, con le sue espressioni concrete è stata toccata nel profondo. Si vive, da oltre un anno e mezzo, senza i gesti più semplici e comuni che caratterizzano il comunicare umano. Con questa “mutilazione espressiva” anche il vissuto emotivo ha subito un notevole contraccolpo. Le conseguenze sono tangibili in ogni fascia d’età. A fronte di questa situazione, quale impegno può profondere la scuola per offrire una prospettiva educativa capace non solo di fronteggiare adeguatamente l’emergenza attuale, ma anche di guardare alla necessaria ricostruzione post-pandemica?

I ragazzi hanno trascorso lunghi mesi davanti ad uno schermo, spesso non solo per seguire le lezioni, ma anche durante il tempo libero. Questo non significa che i nostri giovani non riservino spazi per l’introspezione e per ascoltare i propri vissuti emotivi. Già prima dell’esperienza della pandemia si poteva dire di trovarci innanzi ad una generazione che è sicuramente costantemente connessa con la rete, ma che nondimeno è anche connessa con la propria intimità. Il fatto che la “connessione interiore” sembri non mancare, ciò non significa che non si debba prestare attenzione alla sfera emotiva degli studenti, che proprio a questo livello hanno mostrato evidenti difficoltà. In questo momento potrebbe, dunque, risultare necessario promuovere sinergicamente la trasmissione della conoscenza con la dimensione affettiva, emotiva e socio-relazionale degli studenti.

Il vissuto psichico dello studente al centro dell’azione educativa

In questo orizzonte si tratta di progettare una didattica che metta il vissuto psichico dello studente al centro dell’azione educativa, al fine di offrire gli strumenti culturali per vivere bene con se stesso e con gli altri. Per raggiungere questo obiettivo potrebbe risultare di grande aiuto il ricorso ai contenuti teorici e alle proposte di lavoro derivanti dall’educazione socio-affettiva. Questo modello educativo ha il suo riferimento epistemologico nella psicologia umanistica, nella quale confluiscono i modelli teorici e le metodologie di celebri autori quali Rogers, Maslow e Gordon.
Nella prospettiva della psicologia umanistica l’insegnante, che non è mero trasmettitore di notizie, ma soprattutto facilitatore nella costruzione della conoscenza, riconosce l’importanza di mettere al centro del dialogo educativo l’unicità ed irripetibilità del singolo studente. Questo riconoscimento permette all’allievo di cogliere il valore indiscusso della propria persona nel contesto gruppale in cui è inserito e con cui cresce. Riconoscere il valore del sé e del gruppo classe è il primo passo verso il soddisfacimento di alcuni bisogni fondamentali, quali quello di sicurezza e di fiducia nell’altro.

Il sentirsi un individuo unico, facente parte di un gruppo che insieme a lui si evolve, permette di dare risposta ai summenzionati bisogni e conduce a percepire il bisogno di conoscenza nella prospettiva di una soddisfacente realizzazione di sé. Per un docente, in altre parole, si tratta di lavorare allo sviluppo dell’autostima, dell’autoefficacia e delle capacità relazionali e di gestione del conflitto nei singoli studenti, operando, quindi, nell’ambito dell’intelligenza emotiva. In questa logica viene promosso un impegno dell’adulto che mette al centro del suo lavoro educativo il saper essere, quale trampolino di lancio per raggiungere un sapere che conduce ad un saper fare.

Questo tipo di obiettivo non è qualcosa di astratto o di avulso alla realtà educativa scolastica, ma è sostanzialmente in continuità con le life skills previste dall’OMS: la capacità di prendere decisioni, la capacità di risolvere i problemi, la creatività,  il senso critico, la comunicazione efficace, la capacità di relazionarsi con gli altri, l’autocoscienza, l’empatia,  la gestione delle emozioni e la gestione dello stress. Queste competenze permettono al soggetto in crescita di vivere con maggiore consapevolezza la propria emotività e, allo stesso tempo, di imparare il rispetto delle fondamentali norme di convivenza sociale e, quindi, a vivere meglio nel consorzio umano di appartenenza.

L’impegno della scuola

La scuola è chiamata a profondere un notevole impegno per far sì che l’educazione sia concretamente un’introduzione dei più giovani alla realtà, ovvero per essere consapevolmente inseriti in una società di cui fanno parte e in cui possono autorealizzarsi. Un impegno davvero di alto profilo, ma necessario se si guarda concretamente alla situazione psico-sociale attuale. Certo occorre che gli educatori siano consapevoli del potere dell’azione educativa, che interviene nella dimensione individuale del singolo educando e, allo stesso tempo, nella dimensione sociale in cui quest’ultimo è inserito e cresce.
Compito specifico dell’educazione è suscitare in queste due dimensioni dei cambiamenti. Non può sfuggire che quando la vita psichica del singolo conosce un mutamento, anche il comportamento cambia e, conseguentemente, viene toccata la realtà sociale con cui egli è in contatto. L’intervento educativo, pertanto, nel breve termine va a toccare direttamente l’individuo, mentre a lungo termine anche il contesto di vita in cui quest’ultimo è inserito. Può essere un cambiamento di vastissima portata, in quanto alla crescita del singolo educando può conseguire la possibilità che questi dia vita ad un processo di sviluppo a livello sociale.

Luca Raspi