La solitudine del cittadino globale e l’indebolimento del senso di cittadinanza

Il periodo pandemico ha segnato profondamente il vissuto psicologico delle persone, con esiti diversi a seconda delle diverse fasce di età della popolazione. L’esperienza della solitudine del cittadino globale, sempre più connesso virtualmente e sempre meno capace di creare legami reali e solidi per costruire la comunità in cui si è inseriti, è stata esacerbata dalle misure di contenimento del covid-19. La chiusura forzata nelle proprie abitazioni, il distanziamento sociale sono stati un vero e proprio rinforzo per tutti quegli atteggiamenti di isolamento psicologico in cui ha iniziato a vivere l’uomo del terzo millennio e di cui le ultime generazioni ne sono viva espressione.

Il cammino di ricostruzione
A fronte dei tanti disagi psicologici che hanno interessato vistosamente i più giovani, dove pare essere in corso una larga diffusione di sintomi depressivi, occorre non solo agire sulle sintomatologie emerse nel qui ed ora, ma anche prospettare un cammino di ricostruzione. Un percorso in cui si tenga in necessaria considerazione le dinamiche connesse allo sviluppo psichico in un orizzonte educativo teso a recuperare il senso di appartenenza ad un preciso consorzio di vita e a rifondare, conseguentemente, un’educazione alla cittadinanza attiva e responsabile.
Prospettare un impegno educativo di questo genere implica un impegno a lungo termine che è intimamente connesso con i processi di sviluppo del soggetto in crescita.

 

Lo sviluppo morale a livello psichico

Quando si parla di educazione alla cittadinanza attiva e responsabile si fa riferimento allo spazio dell’Etica e, pertanto, a livello psicologico ci si confronta con il funzionamento morale. A livello psichico la struttura del funzionamento morale risulta piuttosto complessa in quanto interessa diverse dimensioni.
Dal punto di vista cognitivo, attraverso i processi di ragionamento e di comprensione delle norme che inficiano l’agire, il soggetto perviene alla comprensione di ciò che risulta giusto o meno dal punto di vista della cognizione morale. Si tratta di un processo in cui interviene anche la dimensione emotiva, che permette la sperimentazione di vibrazioni particolari, quali empatia, colpa o vergogna. Sentire e comprendere sono ciò che precede l’azione morale, la quale non è solo l’esito del vissuto intrapsichico del singolo, ma risente anche di influssi culturali e sociali specifici.

Gli studiosi ci dicono
Gli studi degli ultimi decenni hanno evidenziato come i bambini, tendenzialmente, pongano in essere azioni caratterizzate da altruismo e da senso di equità. Questo tipo di propensione naturale sarebbe confermato dalla teoria dell’evoluzione dell’uomo, la cui sopravvivenza è stata resa possibile in natura grazie alla capacità di cooperare e di creare relazioni fondate sulla reciprocità e solidarietà. Una solidarietà che si sviluppa per far fronte alle necessità di difendersi dai predatori e per procacciarsi il cibo e, allo stesso tempo, spinge a individuare le condotte non idonee alla vita di comunità.

Gli più studi recenti
Recentemente lo studioso Tommasello (Storia naturale della morale umana, 2016) ha identificato nella morale umana una sorta di modulo morale innato che orienterebbe il giudizio ed il comportamento delle persone fin dalla più tenera età. Si partirebbe dall’applicazione del principio secondo cui aiutare gli altri sia buono e sussiste un senso del «noi» che, ben presto, va a sostituire il senso dell’«io» nel porre in essere le proprie decisioni. Ciò si verifica già a partire dai tre anni, come mostrano gli interessanti studi di Warneken  (2006).

Lo studioso Elliot Turiel, negli anni Ottanta, definiva la moralità declinandola secondo due dimensioni, ovvero quello della cura e quello dell’equità. La prima riguarda il sentimento di preoccupazione per il benessere altrui e si concretizza nell’assunto che sia giusto aiutare coloro che si trovano in uno stato di sofferenza. La seconda si riferisce al rispetto delle regole e di un’idea giustizia per cui tutte le persone dovrebbero godere degli stessi diritti e, parimenti, nessuno dovrebbe essere svantaggiato a favore di un altro.

 

La ricostruzione del senso di responsabilità nell’ottica della psicologia dell’educazione

Tenuti presenti quelli che sono i sistemi di funzionamento psicologico dello sviluppo morale e sociale, in quest’ora, credo che emerga in modo rilevante la questione morale relativa al rapporto fra responsabilità individuale e collettiva.

Il compito della famiglia e della scuola
Oggi la famiglia, la scuola e ogni agenzia educativa non può esimersi, in vista di un’autentica ricostruzione, dall’essere comunità morale, in cui si fa esperienza continua dell’ethos che sostanzia il vivere in comune. Fin dall’infanzia occorre fornire gli strumenti per poter sviluppare adeguatamente la capacità di prendersi cura, intesa come empatia, ovvero come capacità di poter sentire fino in fondo le vibrazioni interiori dell’altro da sé, per poter offrire una risposta appagante ai bisogni di chi si ha innanzi.
L’educazione alla responsabilità e alle scelte individuali per il bene comune richiamano l’impegno genitoriale al dover profondere il proprio impegno educativo dando rilevanza a spazi dialogici sui temi morali, partendo dalla quotidianità, attraverso qualità morali come la capacità autonoma di giudizio e la saggezza.

A scuola, tenuto conto delle linee guida nazionali e degli orientamenti del PTOF, ogni docente richiama continuamente i valori fondamentali della convivenza, mostrando agli alunni la capacità di pervenire a prendersi cura di se stessi, al fine di rispondere ai propri bisogni evolutivi e, nello stesso tempo, dare riscontro ai bisogni della comunità classe e della scuola.
Proprio l’assunzione di responsabilità dell’alunno è lo snodo fondamentale della relazione educativa, su cui si può costruire quel rapporto di fiducia che, anche laddove non vi fossero risultati brillanti a livello curricolare, nel breve termine, permette il raggiungimento di importanti traguardi a lungo termine. E questo non solo nelle performance disciplinari, ma anche e, soprattutto, nello sviluppo di un adeguato senso di appartenenza ad una comunità, in cui ciascuno è chiamato ad offrire il proprio indispensabile contributo.

Luca Raspi