Il cardinale Matteo Zuppi e il professor Andrea Segrè si interrogano, da prospettive diverse, sui principali cambiamenti in corso e su come sarà il nostro futuro. Che cosa rimarrà della drammatica esperienza della pandemia che ha colpito tutto il mondo? Come coglierne anche i tratti positivi, quelli che ci permettono di uscire dalla «normalità» delle nostre esistenze di prima e guardare a nuovi stili di vita per il futuro? A partire dalle parole che più usiamo nel nostro lessico quotidiano si confrontano due prospettive – una spirituale e religiosa, l’altra laica e scientifica – che nel discorso si integrano e forniscono al lettore un quadro di riferimenti e di valori per vivere il nostro nuovo tempo.
 
Descrizione
Titolo: Le parole del nostro tempo
Autore: Matteo Maria Zuppi, Andrea Segrè
Curatore:Pierluigi Cabri
Editore: EDB
Costo: 10 E.
Anno edizione: 2020
In commercio dal: 8 ottobre 2020
Pagine: 136 p.
EAN:< 9788810559727
 
 
 Il cardinal Zuppi e il professor Segrè riscrivono il futuro in undici parole
di Riccardo Congiu
Normalità, Relazione, Lavoro, Consumo, Ambiente, Cibo, Integrazione, Globalizzazione, Povertà, Economia, Etica. Undici vocaboli che secondo il cardinale e arcivescovo di Bologna, Matteo Maria Zuppi, e il professore di Politica agraria internazionale Andrea Segrè, non sono altro che «Le parole del nostro tempo». Questo, del resto, è il titolo del libro che firmano insieme — in libreria da domani per le edizioni Dehoniane —, curato da Pier Luigi Cabri.
 
Due approcci per un unico punto d’arrivo
Entrambi riflettono su questi temi, ognuno dal suo punto di osservazione: il primo religioso e spirituale, il secondo laico e scientifico. Tutt’altro che in contraddizione tra loro, si scoprirà nel corso delle pagine. «Nel tempo sospeso della pandemia di Covid-19, osservando i tanti cambiamenti avvenuti nella nostra società, ci siamo interrogati su come sarà il nostro futuro», spiegano nella prefazione. Ma le parole scelte da Zuppi e Segrè non descrivono solo il presente: sono vocaboli comuni che «usiamo sempre, senza più chiederci la loro origine semantica», e che ora — dicono i due autori — «assumono un significato nuovo: è l’eredità di una condizione di emergenza». Nel presente queste voci contengono gli squilibri e le ingiustizie che esistevano già prima della pandemia, da correggere per il dopo. Si comincia parlando di «Normalità», un concetto tanto universale quanto relativo, dal momento che «coincide con le nostre abitudini e con i nostri punti di riferimento», scrive il cardinale, ma «la vita cambia e si trasforma sempre». E deve saperlo fare quando diventa dannosa, afferma Segrè dall’altra parte, se è vero che «i più considerano “normale” aumentare i consumi e i profitti, ridurre i costi di produzione e le garanzie sul lavoro, essere sempre più veloci, volere sempre più cose». Intorno a questo macro-concetto si sviluppano poi anche tutti gli altri temi, che a catena rimproverano i principi di una società votata al «Consumo», evocando la necessità di uno sviluppo sostenibile per salvaguardare l’«Ambiente». Bisogna averne cura, sia che lo si consideri il «creato», come dice l’arcivescovo di Bologna , sia che lo si consideri «il participio presente del latino ambire», come dice Segrè, cioè in senso più scientifico «la biodiversità» che ci circonda. Due approcci per un solo obiettivo. «Quello che la comunità scientifica ha raggiunto con la ricerca», ha detto il professor Segrè alla presentazione del libro, «la Chiesa lo ha trovato arrivando da un’altra direzione».
Corriere della Sera, Corriere di Bologna, 7 ottobre 2020