In questa concitata e travagliata fase di ripartenza della scuola ci pare utile questa riflessione di Teresa Madeo, apparsa su Tuttoscuola.com. Ripartire non vuol dire tornare progressivamente all’ordinaria amministrazione, ma cogliere l’opportunità della pandemia per inventare con immaginazione nuove strade per una didattica centrata sulla persona di chi apprende, non sulle problematiche strutturali e organizzative o sulle rivendicazioni sindacali. Tornare, allora, a ridare centralità alla relazione educativa e all’apprendimento creativo. Crediamo anche noi che: “Il primo giorno di scuola dopo l’emergenza non dovrà essere semplicemente un ripartire ma un rifondare la scuola, un ripensarla a partire dall’insostituibilità della relazione di contatto tra insegnanti e allievi, forti dell’esperienza della “distanza”.
 
La scuola non si è fermata
Dopo più di due mesi di Dad possiamo a ragione affermare che la Scuola non si è fermata, mettendo in campo tutti gli strumenti necessari per continuare la sua azione pedagogica e didattica.
Nonostante i disagi per il personale scolastico e per le famiglie, lo strumento della didattica a distanza si è rivelato praticabile e utile tranne che in pochissime eccezioni; tutti hanno risposto perlopiù positivamente, dimostrando di aver compreso la gravità della situazione, adoperandosi con spirito di sacrificio perché tutto potesse svolgersi in termini di efficacia ed efficienza per promuovere la crescita culturale degli studenti ma, soprattutto, per mantenere quella empatia mista a complicità, nel pieno rispetto dei ruoli, che si crea tra docenti e discenti. Ma, essendo la didattica a distanza una pratica non regolamentata e non fruibile da tutti, la valutazione e la verifica del conseguimento delle competenze previste non è facilmente effettuabile.
La scuola, in ogni caso, non si perde d’animo e studia nuove vie praticabili. “La scuola è scuola lì dove ci sono dei docenti capaci di offrire strumenti culturali, sviluppare il pensiero critico, mettere in luce le grandi potenzialità di ogni studente, accompagnarli e farli crescere, e non importa se con mascherina o senza, non importa se in presenza o a distanza. L’ I Care di don Milani rimane, dunque, il vero motto universale dalla nostra amata scuola”.
 
Servirà un lungo cammino di riabilitazione al vivere comune.
Detto questo, senza dubbio, alla fine di questo periodo di “non socialità”, servirà un lungo cammino di riabilitazione al vivere comune. I ragazzi dovranno essere rieducati a stare in gruppo e lo stesso varrà per i docenti e per tutti gli operatori della scuola, per tutti noi che viviamo una condizione di incertezza e di precarietà davanti alle aule vuote.  Le situazioni di emergenza, la solitudine affrontata con serenità, senza timori, paure e ansie, intesa come capacità di stare soli con se stessi, di guardarsi dentro, diventano occasioni di riflessione e di crescita; è dunque quella che stiamo vivendo paradossalmente una condizione utile per pensare, immaginare, costruire e condividere percorsi formativi strutturati e non improvvisati, che siano in grado di integrare, arricchire e supportare la didattica curriculare in presenza con la didattica a distanza, ormai diventata parte integrante della formazione scolastica. Non ci si troverà, così, impreparati di fronte ad un altro inevitabile, futuro cambiamento nella quotidianità della vita scolastica, quando sarà possibile rientrare in aula o si sarà ancora costretti ad un’azione a distanza.
L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo e che ha imposto la sospensione delle attività didattiche in presenza sta imprimendo un’accelerazione verso processi innovativi attesi da anni ma che non riuscivano a porsi a sistema. Tra questi, per ovvie ragioni, emerge con evidenza l’impiego del digitale per realizzare percorsi didattici efficaci anche a distanza. Dopo i primi entusiasmi condivisi da molti, però, emergono anche i limiti connessi all’ impossibilità di sostituire la didattica in presenza con quella digitale, alla difficoltà di raggiungere tutti, al riprodursi e accentuarsi di differenze sociali (chi può, se la cava anche in questa situazione, chi vive in contesti disagiati non può trarre vantaggio dalla didattica digitale), alle difficoltà tecniche, e altro.
Senza dubbio, ribadisco, la sensazione generalizzata è che il momento, pur nella sua drammaticità, sia occasione per un profondo e diffuso ripensamento delle pratiche didattiche e paradossalmente l’isolamento cui siamo costretti sta facendo emergere la necessità di una socialità solidale al quale forse non eravamo più abituati o che, forse, era ottenebrata dagli eccessi dei “leoni da tastiera”.
 
Che implicazioni ha tutto ciò, nell’immediato ed in futuro, per la scuola?
Ritengo che stia emergendo in questo tempo difficile una nuova professionalità dei docenti e del personale della scuola: sembra quasi che l’emergenza epidemiologica in corso stia segnalando il desiderio di superare la visione impiegatizia della docenza a favore di una nuova competenza contraddistinta da responsabilità, collegialità e valorizzazione della pratica didattica.
La stragrande maggioranza degli insegnanti sta lavorando al massimo per buttare il cuore oltre l’ostacolo e raggiungere in ogni modo i propri allievi, oltre ogni limite, lavorando con dedizione, a dimostrazione che l’essere insegnante è vissuto come impegno etico – professionale, come ruolo fondamentale per garantire il diritto costituzionalmente garantito all’istruzione, come atto di cura che non si ferma di fronte alle difficoltà, anzi proprio nelle difficoltà trova ragioni ancora più profonde. e studenti strumenti per continuare il percorso
I giorni del Coronavirus segnano un cambiamento: si parla di un “dopo”, proiettandosi in là, come è accaduto in ogni grande tragedia che ha afflitto l’umanità. Anche, e direi soprattutto, la scuola non può sottrarsi a questa ridefinizione degli obiettivi, dei mezzi, delle modalità che investono la didattica intesa anche come valutazione di competenze, del rapporto tra strumenti e contenuti forniti e soprattutto della relazione educativa, che, come presenza fisica, corporea, è proprio ciò che ci manca in modo così lacerante in questi giorni di isolamento.
Il primo giorno di scuola dopo l’emergenza non dovrà essere semplicemente un ripartire ma un rifondare la scuola, un ripensarla a partire dall’insostituibilità della relazione di contatto tra insegnanti e allievi, forti dell’esperienza della “distanza”. Che volto avrà dunque la scuola che ripartirà dopo la sospensione estiva? Le ipotesi e le voci si rincorrono, ma nessuno al momento è ancora in grado di dare una risposta precisa, rassicurante, fondata.
 “L’uomo è un essere volto alla costruzione di sensi” (Johann Wolfgang Goethe).
Di Teresa Madeo, Professoressa IIS CELLINI FI, Docente utilizzata su Progetti Nazionali presso USR Toscana
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