Karl Popper scriveva: «L’inconfutabilità di una teoria non è (come spesso si crede) un pregio, bensì un difetto. Ogni controllo genuino di una teoria è un tentativo di falsificarla, o di confutarla »

Per Popper dunque la falsificabilità è l’unico criterio scientifico che abbiamo: come sosteneva Einstein , da cui egli traeva spunto «nessuna quantità di esperimenti potrà dimostrare che ho ragione; un unico esperimento potrà dimostrare che ho sbagliato».
Ecco, noi non vorremmo essere costretti a “falsificare” ogni proposta, dalla più seria alla più bislacca, che abbiamo ascoltato in questi mesi ragionando della scuola e del suo futuro dopo l’emergenza sanitaria che ancora stiamo vivendo. Ma riteniamo doveroso suggerire scenari in cui l’azione dei Comuni è necessariamente non solo “implicata” (perché le scuole si trovano dentro le città, e ne sono un cuore pulsante) ma essenziale per consentire la riuscita dei futuri esperimenti/esperienze
Due soli assunti ci sembrano assolutamente indiscutibili e reggerebbero alla prova di qualsiasi processo di falsificazione:
1) che la riapertura delle scuole e la loro fuoriuscita dalla crisi che stiamo vivendo abbia dei costi, il che significa che non diversamente dai settori economici essa richiede forti investimenti, peraltro prioritari per la tenuta del Paese di cui la scuola è struttura portante;
2) che le scuole, salvo rarissime eccezioni, sono dentro le città, e dunque che nulla di quel che riguardi la scuola, i suoi spazi, i suoi orari e i suoi ritmi può essere letto a prescindere dal fatto che tutta la città ne è coinvolta e i Comuni devono essere interlocutori privilegiati per nuovi progetti integrati territoriali basati sulla relazione tra scuola e Comune, tra scuola, Comune e soggetti del civismo attivo, relazione indispensabile da sempre ma ancor di più oggi, di fronte ai cambiamenti e alle difficoltà che ci attendono e al rischio di grave depauperamento, sia economico che sociale e culturale che potranno subire i bambini e i ragazzi del nostro Paese
Diamo per acquisito (come ipotesi del tutto immaginifica) che tutte le scuole d’Italia abbiano edifici a norma (!), ma anche che, come è di fatto, le caratteristiche degli edifici siano tali da non poter immaginare, se non sul lunghissimo periodo, una “rigenerazione” intelligente e flessibile degli spazi.
Il recente rapporto stilato dalla Fondazione Agnelli (2019) ci chiarisce che sia per anno di costruzione sia per organizzazione spaziale il patrimonio edilizio scolastico italiano è molto variegato ma anche per gran parte vetusto, in ragione del declinare degli investimenti in “costruzione” di edifici nuovi a partire dagli anni 90.
Diamo inoltre per acquisito che per quanto riguarda il numero degli alunni/e per classe, le scuole del I e del II ciclo rispondono tuttora ai parametri stabiliti dalla riforma Gelmini e hanno una media di alunni per classe che va da 22 (in presenza di allievi disabili) a 30. E’ noto che solo per ragioni “eccezionali” – piccole isole, luoghi montani, spazi angusti in cui la ASL abbia posto dei tetti di capienza, presenza di più allievi disabili, scuole dei piccoli, crisi di denatalità, etc – questi numeri scendono fino a ricomporre gruppi classe che possono andare da 15 a 20 alunni/e.
Diamo infine per acquisito che il ripristino della routine scolastica, che non ha come unico scopo le attività didattiche (la scuola non è solo didattica) costituisca un bisogno prioritario delle nuove generazioni, per una sana e equilibrata crescita, e anche delle loro famiglie (anche se la centratura sugli adulti spesso ci porta fuori strada..)
Oggi le principali scelte che la tutela della salute impone sono :
a) ridurre gli assembramenti ,
b) igienizzare e sanificare in modo quotidiano e continuo;
c) allontanare tra loro i corpi per tenerli al sicuro;
d) conciliare le esigenze dei bambini e degli studenti con gli altri dispositivi di sicurezza che sono propri dei luoghi in cui ci sia compresenza e movimento di persone (misurazione preventiva delle temperature?)
 
Ma si può immaginare che tutta la fase 2 si incentri sullo studio – da parte di una task force di esperti che non dialogano con il mondo vivo della scuola o con i Sindaci – di come passare dal “confinamento a casa” al “confinamento in aula”?
I bambini e i ragazzi sono cittadini, vivono la città, si muovono e devono farlo, hanno esigenze cui il tempo scuola – anche lungo – in parte risponde, in parte coglie e rappresenta al resto del mondo che li circonda. Per fare un esempio, si può anche solo ipotizzare che, per garantire il distanziamento, gli assistenti alla comunicazione stiano lontani dagli alunni che assistono o vengano, come è accaduto in questo periodo, di fatto aboliti? Possiamo credere che cambiare o ridurre gli orari scolastici non abbia un impatto sui trasporti, sulle famiglie, sulla crescita serena, sui talenti e bisogni? Ovviamente no: per questo dobbiamo pretendere di far uscire il discorso sulla scuola da una pericolosa autoreferenzialità.
Si possono analizzare, come “casi di scuola”, alcuni degli scenari di cui negli ultimi tempi si è dibattuto: ognuno di essi, a fronte dei benefici sul piano igienico sanitario – legati al distanziamento sociale e alla riduzione di assembramenti – presenta non solo costi alti per lo Stato ma anche per gli enti locali e per le famiglie, e più di tutto ha conseguenze e costi per gli studenti stessi, per l’infanzia e per l’adolescenza che devono restare il baricentro per ogni azione.
Sia che si vogliano scaglionare ingressi e uscite a scuola, sia che si vogliano ridurre i gruppi classe usando un modello misto di scuola in presenza o assenza, sia che si vogliano far ruotare le classi ampliando il tempo scuola, con turni di mattina, di pomeriggio, di sabato, sia infine che si immagini un uso degli spazi aperto in connessione con quelli chiusi, l’organizzazione familiare e sociale ne verrà inesorabilmente condizionata. L’impianto organizzativo della scuola dovrà essere rivisto e un investimento in risorse umane (docenti, personale ausiliario, operatori) si renderà indispensabile. Non abbiamo verificato nel discorso politico sino a questo momento tale consapevolezza, speriamo che sopraggiunga.
Ma per i Comuni, i tempi della città con i relativi trasporti, l’adeguamento degli spazi scolastici, degli arredi e degli ambienti, l’investimento per garantire alla fascia 0-6 una maggiore presenza di personale, la richiesta da parte delle famiglie di servizi ausiliari, insorgono come esigenze di cui siamo sin da ora ben consapevoli, e non saranno facili da sostenere senza adeguata programmazione finanziaria (e adeguati trasferimenti di risorse).
Ma anche qualora si decidesse almeno in fase transitoria di lasciare i ragazzi a casa con la DAD, cosa si pensa ne sarà delle famiglie con bambini piccoli? Rinunciamo definitivamente ai servizi per l’infanzia? E con cosa li sostituiamo? Peraltro, dal punto di vista della scuola stessa, non si può neanche immaginare di proseguire con la scuola a distanza senza un ripensamento del rapporto tra il mezzo tecnologico e i saperi, senza una riflessione sui modelli didattici messi in campo sinora. Non basta che il Ministero si preoccupi di acquistare connessioni e tablet: abbiamo milioni di ragazzi e ragazze, di bambini e bambine da raggiungere in modo individualizzato e allo stesso tempo cooperativo e inclusivo, se non si vogliono fare danni incalcolabili alla loro crescita e al Paese. C’è bisogno di formazione per i docenti, e non solo per imparare ad “usare” il mezzo, ma a modificare il proprio ruolo, da player a regista di reti.
Come si vede ad ogni scenario insorgono domande che rendono difficile una realizzazione in tempi brevi e in modo non raffazzonato. E soprattutto nessuno scenario può essere preso in seria considerazione in modo generalizzato, ovvero per tutti gli ordini di scuole, o per tutti i Comuni, ovvero per tutto l’anno scolastico.
 
Esistono domande, sinora inevase, che è doveroso da parte dei Comuni porre, perché ne saranno investiti:
a) Si deve ragionare degli spazi
Tutti gli ambienti scolastici dovranno essere predisposti in modo adeguato, specie negli spazi comuni di passaggio e nei servizi igienici o negli impianti: areazione sterilizzata, igienizzazione, etc . Il problema si aggiunge a tutti i problemi edilizi pregressi del patrimonio degli edifici scolastici.
b) Si deve ragionare di Bisogni Educativi Speciali
Oggi con la scuola a distanza “chi è avanti continua ad esserlo, chi è a metà continua ad esserlo, chi è indietro rimane molto più indietro” (Mila Spicola). La riapertura delle scuole se è per tutti gli studenti e le studentesse auspicabile, per chi era in difficoltà già prima è essenziale, Gli studi ci diranno poi quali effetti, in positivo come in negativo, possa aver avuto sugli alunni con disabilità la sostituzione della classe reale con una virtuale. Ma di certo per molti ragazzi in condizioni di disagio e privi di una buona mediazione familiare l’esperienza è stata pesante.
c) Si deve ragionare di trasporti
La mobilità è sicuramente uno dei temi da affrontare prioritariamente e con maggiore forza: investire su mobilità pubblica e tecnologie digitali, e incentivare mobilità ciclopedonale anche con azioni decise di contenimento e contrasto all’utilizzo dell’auto.
La città avrà necessità di rivedere il sistema dei trasporti. Per consentire agli alunni (ad esempio quelli delle secondarie superiori, ma non solo) di andare a scuola, contingentamento obbligato dei numeri dentro autobus e metropolitane andrà confrontato con la necessità che i ragazzi ci arrivino, alla loro scuola. Alcune proposte ci vengono dai tanti comitati e associazioni impegnati sull’ambiente e sulla mobilità sostenibile. Ebbene, ognuna comporta costi:

  • Prevedere servizi “circolari” da coordinare con la partecipazione delle associazioni di categoria per l’individuazione di itinerari predefiniti nelle principali città.
  •  Favorire, anche finanziariamente e con l’utilizzo di giovani come accompagnatori, l’attivazione di servizi di “pedibus” per gli spostamenti degli alunni delle scuole.
  • Prevedere finanziamenti per l’attivazione in tempi brevi di servizi di bike e car sharing nelle principali città

Sono previsti investimenti o finanziamenti per implementare il servizio di trasporto scolastico o la mobilità in sicurezza o si pensa che sarà tutto a carico dei Comuni? Se presi singolarmente alcuni interventi sembrano facili o semmai già esistenti in alcuni Comuni, in specie in quelli meno popolosi, ampliando la scala delle necessità non si può immaginare che ciascuno si “arrangi” da solo. Si stanno ipotizzando a livello governativo investimenti sulla mobilità sostenibile e sicura?
d) Si deve ragionare di sicurezza e prevenzione igienico-sanitaria
Per le igienizzazioni , superata la fase iniziale su cui il MIUR ha investito 43 milioni di euro a livello nazionale, si pensa di assicurare in modo regolare anche nei bilanci regionali fondi per il mantenimento degli standard previsti o viceversa si ipotizza che poi le spese se le caricheranno le singole scuole o i Comuni o, ancor peggio, le famiglie? Partiamo per esempio dai dispositivi di protezione e dall’accertamento sanitario: mascherine e guanti per studenti e personale, sistemi di test efficaci e ripetuti. Parliamo di dieci milioni di persone, che anche se diventassero la metà con una scuola a tempi alterni sono comunque tanti. Al primo focolaio indotto da dentro la scuola o portato fuori dalla scuola a casa o altrove, si scatenerebbe di certo nel Paese una bufera di polemiche difficili da contenere. Una guerra di tutti contro tutti alla ricerca della “responsabilità”, intesa come colpa. Lo sanno gli Enti, lo sanno le scuole, lo temono i Dirigenti scolastici, datori di lavoro.
e) Si deve ragionare di inclusione sociale
La scuola è anche uno degli spazi di welfare più significativi di questo Paese, spazio di inclusione per eccellenza: ad essa si affianca il lavoro del privato sociale, di tante associazioni, di tanti centri che la supportano senza sostituirla, o almeno così dovrebbe essere. Quale destino si ipotizza per i centri educativi diurni? E per tutte le attività di accompagnamento basate ovviamente sulla vicinanza fisica (educative territoriali, progetti extracurricolari, campi estivi, solo per fare qualche esempio)?
L’elenco delle domande potrebbe continuare…ma questo lavoro non vuole scoraggiarci tutti dal pensare che ce la faremo. La scuola deve riaprire. Per tutti, non uno di meno. Le soluzioni vanno trovate insieme.
Ma insieme alla riapertura delle scuole dobbiamo chiedere un cambio di passo alla gestione del presente e del futuro prossimo, e non può bastare una caritatevole attenzione verso il mondo della scuola e verso le difficoltà dei Comuni (quella è stata poca in verità, finora) : rivolgiamo un monito a chi sta governando i processi e ipotizzando soluzioni. Il governo deve riaprire le scuole, ma deve guardare alla questione con una prospettiva ampia, aprendo il dialogo agli enti locali e al mondo vivo della scuola “reale” e di chi le ruota intorno, per garantire misure veramente efficaci; e perché siano efficaci deve mettere in conto risorse consistenti, non meno di quante ne servano per la Sanità. Perché la salute e l’istruzione viaggiano insieme. Sono diritti ineliminabili della persona. Lo dice la nostra Costituzione.
A.Palmieri, Orizzonte scuola.it, 25 settembre 2020
Annamaria Palmieri è assessore alla scuola e all’istruzione del comune di Napoli.