Da 37anni viveva in una cascina in periferia di Milano: quattro gesuiti e una comunità di famiglie a condividere risorse, spazi, vita, sul modello degli Atti degli Apostoli.
Crediamo che la scelta di condividere la vita sul modello delle prime comunità cristiane sia oggi una delle opzioni più significative per la nuova evangelizzazione a cui sono chiamati i cristiani. In altre nazioni europee è da anni un’esperienza che si va sperimentando. In Italia è probabilmente una strada per ripensare e rivitalizzare l’esperienza delle comunità parrocchiali.

 

Quando un incendio devastò la cascina di Villapizzone, alla periferia di Milano, bruciarono gran parte dei suoi libri, ottanta metri di scaffali, migliaia di testi in ebraico e volumi rari, commentari del Seicento, libri di esegesi e filosofia in varie lingue. Agli amici costernati rispondeva con un sorriso: «Fortuna che li avevo letti». Il padre gesuita Silvano Fausti è morto mercoledì mattina dopo una lunga malattia che non aveva potuto spegnere la sua serenità. Aveva 75 anni e da 37 viveva in quella cascina ai margini della città, oltre i gasometri della Bovisa e la linea ferroviaria. Quattro gesuiti e una comunità di famiglie a condividere risorse, spazi, vita, sul modello degli Atti degli Apostoli. Come avrebbe ripetuto Francesco, il confratello divenuto Papa, considerava la periferia come «un luogo privilegiato» per capire la polis : «Vivendo con gente che sta di proposito o per necessità ai margini, capisci ciò che la società scarta o butta via. Il principio dell’economia è produrre sempre più. Ma cosa mi interessa produrre di più, a me interessa vivere. Oggi la città è il luogo della perdita di umanità e in discarica restano gli uomini: i bambini, i vecchi, quelli che hanno bisogno».

 

Studi di filosofia e teologia, dottorato in fenomenologia del linguaggio a Münster. Chi non lo conosceva, non avrebbe immaginato che quell’uomo in jeans, sandali e camicia a scacchi, intento a spazzare le foglie secche la mattina, fosse uno degli autori più letti e influenti del pensiero cristiano contemporaneo. Il cardinale Carlo Maria Martini lo aveva scelto come padre spirituale e confessore. Accanto al camino di Villapizzone, e nella chiesa dei gesuiti di San Fedele – a lungo assieme a padre Filippo Clerici: morì nel 2008, e fu il dolore più grande dei suoi ultimi anni – ha proseguito per decenni, ogni settimana, le sue «catechesi narrative», la lettura e il commento dei quattro Vangeli e degli Atti, i libri che le raccolgono sono tra i suoi testi più amati. «La gente non ascolta quello che dici, ascolta quello che senti. Per questo durante una lectio non sono mai io a leggere il Vangelo. L’efficacia della parola orale è in questo sentire interiore. Altrimenti puoi fare considerazioni vuote o dotte, o ripetere ciò che hanno pensato altri, e sarà tutto finto».

 
Nel libro autobiografico Sogni allergie benedizioni aveva scritto: «Sogno un papa che convochi un concilio. Non un terzo Vaticano ma un secondo Gerosolimitano. Per de-religionizzare la Chiesa in senso barthiano, o almeno de-clericalizzarla in senso cristiano, o almeno de-occidentalizzarla in senso cattolico, o almeno de-romanizzarla in senso evangelico, o almeno de-curializzarla in senso apostolico». Venne pubblicato quando fu eletto Francesco. Nel 2014 aveva scritto un testo per la serata che il mensile «Popoli», a San Fedele, dedicò al primo anno del pontificato: «”Odorare di pecora” è il motto del pastore di Roma. Il suo odore è lo stesso delle pecore. Sta con loro giorno e notte». Una riflessione vertiginosa: «È la croce di Gesù – distanza che lui ha posto tra sé e le nostre idee su Dio – che lo rivela Dio. Con buona pace di tutti, bisogna dire non: “Gesù è Dio”, bensì: “Dio è Gesù”. Il soggetto infatti è l’incognito di cui è noto il predicato. Ma Dio nessun teologo l’ha mai visto: è il “soggetto” del quale tutto parla, ma solo per analogia. Il suo “predicato” proprio e totale è Gesù».
Morì un suo confratello e padre Silvano raccontava sorridendo lo sguardo di gioia nel momento del congedo: «Per tutta la vita ho cercato il volto di Gesù, fra poco lo potrò vedere».