Che cosa significa per la Chiesa vivere e testimoniare la dimensione comunitaria? Come questa testimonianza può essere estesa all’intera umanità? Quale compito spetta alla teologia in questo ambito? I due autori scelgono il tema del “camminare insieme – come compito e stile della Chiesa dei nostri tempi, accompagnando i lettori a riscoprirne le radici. L’opera, dopo aver ripercorso l’evolversi della teologia prima e dopo il Concilio Vaticano II, conclude proponendo una “nuova umanità – basata sulla dimensione comunitaria, che va oltre gli schematismi per aprirsi a un incontro personale. Un saggio di antropologia teologica che approda a una visione di speranza per la Chiesa e per l’umanità: dalla dimensione comunitaria può sgorgare una testimonianza autentica e gioiosa. Ecco il sogno di Dio per l’umanità.
Descrizione

    • Titolo: Il sogno di Dio: una nuova umanità
    • Autori: Paolo Scarafoni e Filomena Rizzo
    • Editore : San Paolo Edizioni
    • Data: 25 gennaio 2021
    • Lingua : Italiano
    • Pagine: 224 
    • Prezzo: 22,00 Euro
    • ISBN-10 : 8892221868
    • ISBN-13 : 978-8892221864

 
 
“Il sogno di Dio”, teologia e antropologia per superare la distanza tra fede e vita
Marco Roncalli
“Il sogno di Dio: una nuova umanità”. In questo nuovo libro a quattro mani per le Edizioni San Paolo, don Paolo Scarafoni e Filomena Rizzo, docenti di teologia sistematica e fondamentale, in Italia tra Napoli e Anagni, ad Addis Abeba, in Etiopia (dove inizialmente si recavano a portare aiuti materiali nell’eparchia di Bahr Dar Dessie, poi diventata una sorta di campo missionario), ripercorrono larga parte del cammino teologico del Novecento, sottolineando di fatto la svolta del Vaticano II e successivamente registrando l’evoluzione dell’insegnamento conciliare.
I due – che da sette anni portano avanti un’esperienza congiunta di ricerca e insegnamento promuovendo una maggiore vivacità della teologia nell’ambito della cultura contemporanea e sono stati fra i pochi teologi europei a partecipare al progetto “Amazonía Casa común”, l’esperienza ecclesiale che ha accompagnato il Sinodo sull’Amazzonia – affrontano questo percorso riconoscendosi nell’impegno presente sin dall’annuncio della Grande Assise, per superare il distacco tra fede e vita, e ridurre ad un unico tronco quei binari spesso paralleli che sono la teologia e la pastorale. E tornano ad affrontare in queste pagine – raccolte sotto il titolo «Il sogno di Dio: una nuova umanità» –  alcune fra le questioni relative all’umanità in una dimensione universale, fra teoria e pratiche diffuse. Quali? Qui possiamo indicare alcuni esempi oggetto del loro approfondimento.
Innanzitutto il Cristocentrismo, laddove questo termine «significa che Cristo apre la possibilità di una relazione di comunione reale nell’amore e nella libertà per tutti gli uomini di tutti i tempi», e  «in questa relazione libera e amorevole delle persone è coinvolto tutto il creato»; tutt’altro insomma che il Cristocentrismo formulazione astratta che ha finito per dividere gli uomini in «privilegiati, predestinati, puri, perfetti, fedeli, salvati» e in «rifiutati, scartati, impuri, imperfetti, infedeli, dannati» e per presentare la visione della salvezza e della grazia come «verità da imporre».
Poi, altro esempio, la natura umana: che pure non può più continuare ad essere immaginata con una formulazione astratta dal momento che pulsa dentro uomini in carne ed ossa con i loro destini quaggiù. Che poi fanno la storia umana. Che è anche di trasmissione del peccato originale. Di destino di creature e Creato. Sono tematiche – queste ed altre – che Scarafoni e Rizzo avvicinano sforzandosi di porre interrogativi ardui e veri, magari senza risposte facili e convincenti, piuttosto che ripetendo quesiti ascoltati tante volte di cui condividiamo già soluzioni spesso apparenti.
Tutto questo con grande attenzione alle lezioni di pensatori di ieri e di oggi, da Yves Congar ad Henri de Lubac, da Teilhard de Chardin a Dietrich Bonhoeffer, da Romano Guardini a Joseph Ratzinger, da Tomas Špidlik al suo allievo Marko Ivan Rupnik. E con un fine dichiarato a ben vedere: vivere «una “nuova umanità” basata su una dimensione comunitaria autentica, che va oltre gli schematismi per aprirsi a un incontro personale», come sintetizza nella prefazione monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della nuova Evangelizzazione. Non senza aggiungere che «la dimensione comunitaria a cui siamo invitati non proviene da un semplice desiderio personale, quanto piuttosto dalla chiamata alla salvezza rivolta a tutti da Cristo», e che quindi «non possiamo dimenticare di porre in evidenza anzitutto il primato della grazia su ogni possibile iniziativa umana».
Fare teologia in questo modo, non dimenticando questo primato, significa davvero interrogarsi su quanto facciamo per costruire veri legami di solidarietà, per muoverci come Chiesa in uscita nell’attuale cambiamento d’epoca, per declinare il nostro Credo nella Chiesa: annunciando, custodendo, rendendo credibile lo stesso Credo, i nostri gesti, il nostro lessico quotidiano. Penetrando il senso di formule semplici di uso liturgico o gli stessi enunciati del Credo anche alla luce della distanza che può separare – se è concessa una metafora – Lepanto da Abu Dhabi. E proprio qui serve il contributo teologico, a spiegare come, all’inizio, anche dell’essere comunità, vi sia sempre l’iniziativa di Dio. Che vale anche nell’offerta continua di perdono. Lui, se non a compiere il primo passo ad attenderci a braccia aperte.
«Ci diciamo che dobbiamo cercare Dio, ma quando noi andiamo verso di Lui, Lui ci sta già aspettando. Lui è già lì e, userò un’espressione che usiamo in Argentina: il Signor ci “primerea”, ci anticipa, ci sta aspettando: pecchi e lui ti sta aspettando per perdonarti. Lui ci aspetta per accoglierci, per darci il suo amore, e ogni volta la fede cresce. Qualcuno preferirebbe studiarla, è importante, ma quello che è più importante è l’incontro con Dio perché è Lui che ci dà la fede». Così Papa Francesco nel suo primo anno di pontificato, il 18 maggio, ai membri dei movimenti ecclesiali.
Sono parole dove individuare il senso vero delle stesse scienze ecclesiastiche come «trama di relazioni e di dialogo» tra tutto il Popolo di Dio e la famiglia umana. Sollecitazioni destinate – come si legge anche nella “Veritatis gaudium” – ad allargare la riflessione degli studiosi concentrandola sulla contemporaneità, come è stato detto, delle res divinae della Rivelazione con le res humanae di ciascun contesto in cui siamo immersi, mettendole in relazione con quelle di altri sistemi culturali, favorendo una crescita della coscienza umana universale, creando le necessarie predisposizioni all’ascolto del Vangelo, ma, soprattutto, riconoscendo alle stesse domande provenienti dal popolo un valore ermeneutico non meno importante nella consapevolezza dello stesso principio dell’Incarnazione, che aiuta a cogliere il modo di agire di Dio nel suo entrare nella storia degli uomini.
Qualcosa che Papa Francesco ha spiegato con chiarezza in un’altra occasione: nel Videomessaggio al Congresso Internazionale di Teologia presso la Pontificia Università Cattolica Argentina di Buenos Aires ai primi di settembre del 2015, additando una teologia che, proprio perché radicata nella Sacra Scrittura e nella Tradizione vivente, può accompagnare e offrire vie di uscita alle tensioni e transizioni del nostro tempo.
Per questo motivo, recepita la proposta di svolta antropologica per la Chiesa, come andata configurandosi al Concilio, i due autori di questo volume scrivono: «Alla luce di tale ruolo, abbiamo incentrato la nostra riflessione sull’antropologia teologica fondamentale, per “spiare” come l’uomo nuovo in Cristo nasca nell’umanità reale esistente oggi e come Cristo attiri a sé l’umanità e l’intero creato. La nostra tesi fondamentale è la necessità della riscoperta della dimensione comunitaria dell’umanità, a livello universale».
E ancora: «La novità di Cristo consiste nell’estendere a tutta l’umanità la dimensione comunitaria, la fratellanza. La chiamata di Cristo alla salvezza rivolta a tutti gli esseri umani è il fondamento per realizzare la “nuova umanità” di fratellanza, nella libertà e nell’amore». Pur dovendo riconoscere che «proprio questo passaggio non è ancora pienamente maturato, anzi per molti secoli è stato soffocato».
Anche per conseguire tale piena maturazione i due autori si sono avviati a questa riflessione teologica: proprio per collaborare a «recuperare la credibilità soprattutto per i credenti» alla luce dei fallimenti di modelli sbagliati di intendere la Chiesa e l’umanità. Sono stati scossi dalle parole di un’anziana religiosa, che aveva creduto di entrare in una comunità di amore e libertà e alla fine della vita ammetteva di ritrovarsi senza alcuna relazione reale. Prima di morire diceva loro in confidenza: «Ci siamo scelte senza conoscerci, abbiamo vissuto senza amarci, moriamo senza compatirci». E aggiungeva: «Mi dispiace per tutto, per come sono andate le cose».
Si tratta dunque  – è la proposta finale – di proseguire il cammino insieme e in questa direzione, avendo come traguardo l’approdare ad una visione di speranza e di gioia, di ottimismo cristiano. Appunto il sogno di Dio, evocato nel titolo, una nuova umanità.
 
“Il sogno di Dio: una nuova umanità. Antropologia teologica fondamentale” di Paolo Scarafoni e Filomena Rizzo, prefazione di monsignor Rino Fisichella –  San Paolo Edizioni, pagg. 224, euro 22
La Stampa, Vatican Insider, 16 febbraio 2021