Come consuetudine TUTTOSCUOLA al termine dell’anno traccia il riepilogo dei principali avvenimenti che hanno riguardato la scuola italiana nell’ultimo anno.

Adesione agli scioperi
(novembre) – Nell’ultimo anno sono stati proclamati 12 scioperi nella scuola, quasi sempre per iniziativa di piccole sigle sindacali: l’adesione è stata tra lo 0,50% e l’1,62%.
Eppure ogni volta moltissime classi sono rimaste chiuse, con tanti alunni a casa e il personale scolastico che non ha aderito allo sciopero e che non può svolgere la normale attività.
Si possono stimare – come emerge dal dossier di Tuttoscuola – in due milioni e mezzo le ore di lezione perse negli ultimi 12 mesi dagli studenti, e in oltre 60 milioni di euro il relativo costo per lo Stato.
Tutto si deve a un accordo allegato al contratto nazionale di vent’anni fa, che ha previsto la “comunicazione volontaria circa l’adesione allo sciopero…”.
In mancanza di dati certi sull’adesione allo sciopero, i dirigenti scolastici comunicano alle famiglie che il servizio non viene garantito. E molte famiglie, pur con grave disagio, non mandano i figli a scuola.
Il tutto da vent’anni, e il più delle volte per iniziativa di piccoli sindacati con pochissimi iscritti.Autonomia regionale
(settembre) – Nel corso del 2017 tre Regioni del Nord, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna (le prime due dopo un referendum), presentarono al governo, allora presieduto da Paolo Gentiloni, un testo di norme volte a ottenere l’autonomia differenziata regionale in un consistente numero di materie.
Tra le materie indicate compariva tra l’altro anche l’organizzazione del servizio scolastico con riferimento alla gestione degli organici, con possibilità per la Regione di integrarli con altro personale a spese proprie, e maggiori competenze in campo programmatorio. Con l’avvento del governo giallo-verde (giugno 2018) l’autonomia regionale fu inserita nel ‘contratto’, ma il M5S ne frenò il perfezionamento legislativo anche a seguito delle forti resistenze e proteste dei suoi parlamentari e ministri rappresentanti delle Regioni del Sud. Sempre ferma l’opposizione dei sindacati. La situazione è rimasta sostanzialmente invariata anche dopo l’entrata in carica del nuovo governo giallo-rosso (settembre 2019).

 
Azzolina sottosegretario
(dicembre) – La cultura dell’immissione in ruolo ope legis contro il dettato costituzionale che richiede il concorso per accedere ai posti pubblici ha fatto prima di Natale una vittima illustre: il sottosegretario all’istruzione on. Lucia Azzolina.
La sua colpa è l’aver difeso nel decreto scuola salva-precari (DL 126) la via del reclutamento attraverso concorsi ordinari e straordinari, anziché l’immissione diretta in ruolo dei precari storici carichi di servizio.
Su Facebook alcuni precari esagitati l’hanno pesantemente attaccata, con ingiurie, minacce e auguri di morte.
Da questi docenti che siedono in cattedra con un ruolo che dovrebbe essere anche educativo, si sono dissociati altri precari che, pur dissentendo nel merito della nuova norma, non hanno condiviso il clima d’odio di quei messaggi.
Numerosi gli attestati di solidarietà nei confronti del sottosegretario, a cui in modo incondizionato si aggiunge anche quello della redazione di Tuttoscuola.
A volte si può dissentire nel merito di alcune proposte, ma è inaccettabile si vada oltre la critica, passando agli insulti – talvolta anche odiosamente  sessisti – e alle minacce di morte. Ed è preoccupante che ad oltrepassare il limite siano anche coloro che dovrebbero guidare le giovani generazioni alla convivenza democratica.
Non sono nemmeno immuni da responsabilità esponenti del mondo sindacale e politico che hanno illuso molti precari, sostenendo un loro presunto diritto alla stabilizzazione senza se e senza ma.
Azzolina ministro

(dicembre) – Nel corso della conferenza stampa di fine anno, il premier Giuseppe Conte ha dato l’annuncio: il nuovo ministro dell’Istruzione sarà Lucia Azzolina.
Lucia Azzolina è laureata in filosofia e in giurisprudenza, Specializzazione all’insegnamento di storia e filosofia, prossima vincitrice concorso DS, Abilitazione all’insegnamento con gli studenti disabili; Insegnante di scuola secondaria superiore (Diritto).
Sottosegretario al MIUR con il ministro Fioramonti, Lucia Azzolina ha a suo favore il fatto di conoscere bene i dossier aperti al MIUR e quello di essere molto apprezzata all’interno del Movimento 5 Stelle.

Tuttoscuola augura buon lavoro al nuovo Ministro.

Biometrico (controllo)
(aprile) – Su proposta del ministro della Funzione Pubblica Giulia Buongiorno il ddl ‘concretezza’ prevede il controllo biometrico per i dirigenti scolastici e il personale ATA (sono esclusi i docenti).
Il ddl, originato dai ripetuti episodi dei furbetti del cartellino, ha l’obiettivo di prevenire e impedire assenze arbitrarie, sostituzioni compiacenti di colleghi e prevenire l’assenteismo. Nella scuola il provvedimento punta a mettere sotto controllo 209.169 unità di personale ATA e 6.714 dirigenti scolastici, che però non svolgono un lavoro prettamente amministrativo e sarebbero le figure chiamate a gestire e controllare il buon andamento delle istituzioni scolastiche e chi ci lavora. Insomma viene posto un controllo sui “controllori”.
Vibrata e inutile protesta dei sindacati dei dirigenti scolastici: il ddl diventa legge (56/19).
Alcuni mesi dopo, a seguito del cambio di maggioranza, il DL 126 abroga la norma contestata (art. 2 legge 56/2019), prima ancora che ne venga data attuazione.Bussetti
(settembre) – A differenza di quasi tutti i ministri che lo avevano preceduto al Miur (con l’eccezione di Franca Falcucci, già professoressa di storia e filosofia nei licei, e ora della neo ministra Azzolina), Marco Bussetti era arrivato al Miur con una esperienza dal di dentro del mondo della scuola, vissuta prima da insegnante, poi da dirigente scolastico, infine da dirigente tecnico e provveditore.
Ma considerato lo scarso peso riservato alla scuola dal governo giallo-verde (nelle 24 pagine del discorso di presentazione del programma pronunciato da Giuseppe Conte in Senato il 5 giugno 2018 la parola ‘scuola’ non era stata citata neanche una volta) serviva una figura che agisse più da tecnico che da politico. E Bussetti si è mantenuto fedele a questo ruolo, limitandosi a fare il poco che era indicato nel ‘contratto’ di governo: ridimensionamento dell’alternanza scuola-lavoro e ritocchi alla maturità, con il rinvio di un anno della obbligatorietà dei test Invalsi al quinto anno di scuola secondaria superiore e la novità dell’estrazione a sorte della busta per la prova orale.
Non essendo parlamentare Bussetti dopo le dimissioni del governo Conte 1 (settembre 2019) è tornato al suo mestiere di tecnico dell’Amministrazione scolastica.
Conte 1 e 2
(agosto) – Dopo l’improvvisa crisi agostana conclusasi con le dimissioni del governo giallo-verde si costituisce un nuovo governo, sempre presieduto da Giuseppe Conte, ma con una nuova maggioranza, nella quale al posto della Lega di Salvini entrano il PD, il nuovo partito fondato da Matteo Renzi, Italia Viva, e Liberi e Uguali. Le trattative durano poco e anche in questo caso (come era avvenuto al momento della definizione del ‘contratto’ M5S-Lega) viene redatto un testo scritto articolato nei vari punti, tra i quali uno specificamente dedicato all’istruzione.
Nel programma in 29 punti vengono citati vari provvedimenti considerati prioritari, “nonché“, prosegue genericamente il testo, “l’incremento della dotazione delle risorse per la scuola, per l’università, per la ricerca e il per il welfare“. Il punto 22 inserisce la scuola tra i ‘beni comuni’ da tutelare insieme all’acqua pubblica, alla sanità pubblica e universale, alle infrastrutture e ad altro: “Occorre tutelare i beni comuni, a partire dalla scuola pubblica: è necessario intervenire contro le classi troppo affollate e valorizzare, anche economicamente, il ruolo dei docenti, potenziare il piano nazionale per l’edilizia scolastica e garantire la gratuità del percorso scolastico per gli studenti provenienti da famiglie con redditi medio-bassi, contrastare la dispersione scolastica e il bullismo“.
Impegni molto generici, come si vede. La vera novità è costituita dal passaggio della guida del Miur da un ministro leghista a uno del M5S, Lorenzo Fioramonti, già viceministro di Bussetti mai messosi in particolare evidenza in quel ruolo.
Dispersione
(ottobre) – Esattamente un anno fa Tuttoscuola pubblicava il dossier “La scuola colabrodo” che denunciava come dal 1995 tre milioni e mezzo di studenti nella scuola statale hanno abbandonato prima di arrivare al diploma, su oltre 11 milioni iscritti alle superiori (-30,6%).
E l’emorragia continua: almeno 130 mila adolescenti che ogni anno iniziano le superiori non arriveranno al diploma. Irrobustiranno la statistica dei 2 italiani su 5 che non hanno un titolo di studio superiore alla licenza media e di un giovane su 4 che non studia e non lavora.

Ma andiamo alle buone notizie. Dall’analisi complessiva condotta dal MIUR, il fenomeno della dispersione scolastica si presenta in diminuzione.
Tra il 2016/2017 e il 2017/2018, la percentuale di abbandono nella Secondaria di I grado risulta pari all’1,17%, mentre tra il 2015/2016 e il 2016/2017 era stata dell’1,35%.
La percentuale di abbandono nella Secondaria di II grado risulta pari al 3,82%, mentre tra il 2015/2016 e il 2016/2017 era stata del 4,31%.
Risultati incoraggianti, ma che ancora non bastano a fermare il fenomeno della dispersione scolastica, che comporta costi enormi per la società: partendo dalla stima Ocse per cui lo Stato investe poco meno di 7mila euro l’anno a studente, per l’istruzione secondaria, il costo degli abbandoni si misura in media in 2,7 miliardi di euro all’anno. Addirittura, guardando ai vent’anni presi in considerazione dal dossier di Tuttoscuola, la cifra diventa vertiginosa: 55 miliardi di euro.

Ma l’istruzione conviene non soltanto per i risparmi interni al sistema, ma anche per una serie di benefici che può garantire a livello sociale: la disoccupazione tra chi ha solo la licenza media è quasi doppia rispetto a chi è arrivato al diploma e quasi il quadruplo di chi è laureato; l’istruzione incide sulla salute, riducendo i costi per la sanità; comporta meno criminalità e meno costi per la sicurezza.

Educazione civica
(maggio) – La Camera approva con voto pressoché unanime la proposta di legge che ridefinisce lo spazio e il ruolo dell’educazione civica nei curricoli della scuola italiana. Viene tolto dall’ordinamento il Regio Decreto del 1928 riguardante le “punizioni per i fanciulli” indisciplinati delle scuole elementari) ma l’insegnamento viene riempito con uno sterminato elenco di contenuti e obiettivi dei quali la materia-non materia – o “insegnamento trasversale”, come lo definisce la legge – dovrà farsi carico.
Il tutto in 33 ore annuali non aggiuntive e “senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica“. Una legge omnibus fatta per accontentare tutti: i partiti perché ciascuno di essi si può riconoscere in qualcuno dei contenuti del provvedimento e anche il ministro dell’economia, perché la legge non comporta costi aggiuntivi. Ma l’unanimità ha un costo: quello di rendere questo insegnamento nello stesso tempo straripante e impalpabile. Un ulteriore problema per le scuole e gli insegnanti che se ne dovranno occupare.
Fioramonti
settembre-25 dicembre) – Il ministro Lorenzo Fioramonti ha atteso il giorno di Natale per dare le sue dimissioni dal governo Conte 2. È stato di parola. D’altra parte non si era mai visto un ministro minacciare di dimettersi prima ancora che il Governo di cui faceva parte avesse ricevuto la fiducia del Parlamento. Ma è proprio quello che Fioramonti aveva fatto assicurando – in una intervista uscita sul ‘Corriere della Sera’ del 2 settembre 2019, tre giorni prima del giuramento – che se nella legge di bilancio, “da approvare entro Natale”, non fossero state assegnate risorse finanziarie adeguate all’università (1 miliardo, 1.7 secondo altre fonti) e alla scuola (2 miliardi), avrebbe dato le dimissioni dall’incarico.
Natale è arrivato, la sua richiesta di mettere una tassa di scopo su alcuni beni e servizi (bibite gasate, merendine, voli aerei “che inquinano”, plastica) è stata accolta in modo simbolico, e quella di utilizzare per l’istruzione una parte delle maggiori entrate derivanti dall’aumento dell’IVA – bloccato invece dal governo – neppure presa in considerazione.
Fioramonti ne ha preso atto e si è dimesso, in polemica anche con la leadership politica del suo partito, il M5S, rivelatasi assai poco incline ad assecondare le sue proposte. Ma sembra che la sua avventura politica non finisca qui, perché almeno una decina di parlamentari del M5S, che condividono le sue idee, sarebbe disponibile a formare un gruppo autonomo che intanto confermerebbe il sostegno al governo Conte, ma si batterebbe, in prospettiva, per la riaggregazione del M5S e di tutta la sinistra, a partire dal PD, intorno a una strategia di politica economica, dell’educazione e della ricerca in chiave marcatamente ecologista e ambientalista. Fioramonti ne sarebbe il leader naturale.F. F. DSGA
(aprile e ottobre) – I sindacati della scuola il 24 aprile, alla vigilia delle elezioni, sottoscrivono un’intesa con il ministro Bussetti su diverse questioni aperte riguardanti il precariato tra cui uno specifico impegno per la progressione in carriera degli assistenti amministrativi “facenti funzione” (f.f.) di DSGA.
Il 1° ottobre l’intesa viene ribadita con il nuovo ministro Fioramonti e prevede, in proposito, un concorso riservato per ff. DSGA con deroga dal titolo di studio richiesto (laurea).
Il DL 126, tuttavia, prevede sì tale concorso riservato, ma non consente la deroga sul titolo di studio.
I sindacati il 20 dicembre ottengono nuovamente dal ministro l’impegno a prevedere in futuro una norma a favore dei ff. DSGA senza titolo.Fridays For Future
(settembre) – Oltre 150 cortei di studenti e studentesse, in larga prevalenza minorenni, invadono le strade delle città italiane partecipando allo sciopero per il clima indetto a livello mondiale dal movimento ‘Fridays For Future’.
Una partecipazione così massiccia non si vedeva in Italia dai tempi del sessantotto, che fu certamente anch’esso un grande fenomeno di frattura generazionale, ma con una accentuata connotazione politico-sociale (contro la ‘scuola di classe’, in alleanza con gli operai), mentre la protesta di oggi sembra avere il carattere di una autodifesa esistenziale (contro gli ‘adulti’, tutti, a prescindere dal fatto che svolgano un ruolo di governo o di opposizione).
La risposta della politica agli studenti del sessantotto, in Italia, fu una certa riduzione del carattere selettivo della scuola (maturità sperimentale con orale su due sole materie, circolare Misasi sul biennio iniziale di secondaria superiore da considerare come unico periodo didattico, liberalizzazione degli accessi all’università), e l’idea della ‘partecipazione’ sociale alla gestione della scuola, sfociata nei ‘decreti delegati’ varati dall’allora ministro Malfatti (1973-1974).
Quale sarà la risposta dei governi di oggi ai ‘diciannovini’ seguaci di Greta Thunberg? Nell’immediato la reazione più concreta è quella della Germania di Angela Merkel che previo accordo di maggioranza tra DC e SPD (un documento green di 22 pagine) ha disposto lo stanziamento di 100 miliardi di euro entro il 2030 “per la protezione del clima e la transizione energetica“.
L’Italia non appare in grado di seguire la stessa strada per le ben diverse condizioni delle finanze pubbliche, ma un segno di attenzione per la rivendicazione degli studenti potrebbe intanto venire da una riconsiderazione dei programmi scolastici in chiave ecologica-ambientalista, utilizzando a tal fine non solo l’ora di educazione civica (l’anno venturo) ma anche (da subito) le numerose materie che in vario modo vi si prestino, cioè quasi tutte. È la strada low cost che il ministro Fioramonti sceglie con convinzione, come dimostra anche l’emblematico striscione verde apparso sulla facciata del Miur con il motto ‘istruzione, no estinzione!’.
Giallo-rosso
(agosto) – L’improvvisa crisi di Governo azzera molti  obiettivi del cambiamento che l’esecutivo giallo-verde aveva messo in cantiere poco prima di un anno prima.
Il Governo giallo-rosso, guidato come il precedente da Giuseppe Conte, ha in programma (punto 22):
Occorre tutelare i beni comuni, a partire dalla scuola pubblica: è necessario intervenire contro le classi troppo affollate e valorizzare, anche economicamente, il ruolo dei docenti, potenziare il piano nazionale per l’edilizia scolastica e garantire la gratuità del percorso scolastico per gli studenti provenienti da famiglie con redditi medio-bassi, contrastare la dispersione scolastica e il bullismo.
Il Governo dovrà anche onorare l’accordo con i sindacati della scuola sottoscritto alla fine di aprile con lo stesso premier Conte per dare risposta all’annosa e irrisolto problema del precariato.
Hanushek
(novembre) – In un articolo pubblicato ai primi di novembre sulla influente testata americana online EducationWeek il noto economista dell’istruzione Eric A. Hanushek affronta il problema della modesta qualità media degli insegnanti americani, dovuta anche alla scarsa attrattività della professione: un insegnante americano è retribuito in media il 22% in meno di quello che potrebbe guadagnare al di fuori dell’insegnamento. Da questo punto di vista gli USA, in un campione di 23 Paesi sviluppati, risultano tra quelli che pagano peggio i loro docenti, sempre in rapporto ai compensi percepiti da chi, pur potendo insegnare, ha scelto altre professioni meglio retribuite. Una situazione non troppo diversa da quella degli insegnanti italiani.
Secondo Hanushek gli studenti americani “fanno peggio nei test PISA internazionali di matematica e scienze di quanto farebbero con insegnanti di qualità superiore“, ma non possono averli perché i migliori laureati o scelgono di fare un altro mestiere oppure lasciano la scuola assai presto. Occorre quindi alzare lo stipendio dei docenti sia per attrarre nuovi aspiranti all’insegnamento sia per trattenere a scuola i migliori.
Basterebbe dunque pagare meglio gli insegnanti? Per nulla, risponde Hanushek: in primo luogo perché stipendi migliorati porterebbero alla scuola un certo numero di insegnanti migliori, ma gli aumenti sarebbero riconosciuti anche a tutti gli altri. E presto si riprodurrebbe la stessa situazione perché i migliori finirebbero per demotivarsi.
L’unica soluzione, a suo avviso, è di tornare a una proposta di accordo con gli insegnanti (“grandbargain“) avanzata più di 15 anni fa ma allora boicottata dai sindacati: differenziare le retribuzioni legandole ai risultati che i loro alunni ottengono nei test. “L’affermazione secondo cui gli insegnanti non possono essere valutati in modo adeguato è in netto contrasto con ciò che si vede nella stragrande maggioranza dei lavori complessi in tutta l’economia“.
I sindacati dovrebbero prendere sul serio una parte della loro stessa retorica: “dobbiamo professionalizzare l’insegnamento“. Se lo volessero davvero dovrebbero riconoscere che i professionisti sono persone disposte a essere ritenute responsabili delle loro prestazioni, e quindi dei risultati del loro lavoro. Se si mettessero in questo ordine di idee, conclude lo studioso, che è anche un ascoltato consulente dell’OCSE, i sindacati potrebbero svolgere un ruolo importante nella definizione dei criteri di valutazione delle prestazioni degli insegnanti, e tutta la società trarrebbe notevoli benefici economici da una scuola migliore.
Incompatibilità commissari
(luglio)– La prova scritta del concorso Ds è a rischio di annullamento a seguito della pronuncia del TAR che, accogliendo un ricorso di molti candidati, ha ritenuto incompatibili tre commissari presenti alla seduta plenaria (collegio perfetto) di gennaio in cui sono stati definiti i criteri di valutazione delle prove.
Il Miur impugna la sentenza davanti al Consiglio di Stato che ne sospenderà l’applicazione con rinvio della sentenza di merito al marzo 2020.
Il concorso DS concluderà il suo travagliato percorso con le nomine dei 2900 vincitori a settembre, con la spada di Damocle della sentenza definitiva che potrebbe (improbabilmente) azzerare le prove scritte e, conseguentemente, le fasi conclusive del concorsoIRC (concorso)
(novembre) – Un emendamento al decreto legge 126 sulla scuola prevede l’indizione di un concorso per il reclutamento di 5.600 docenti di religione cattolica.
L’art. 1bis viene compreso nel testo definitivo della legge di conversione.
L’ultimo (e primo) concorso in materia si era tenuto quindici anni fa, nel 2004.
Potranno partecipare al concorso, che verrà bandito nel 2020, soltanto i candidati in possesso della particolare autorizzazione all’insegnamento rilasciata dall’ordinario diocesano.
I numerosi precari del settore non avranno un concorso riservato come richiesto dai sindacati, ma avranno a disposizione il 50% dei posti, partecipando, come gli altri candidati, al concorso ordinario.
La scuola che sogniamo
(settembre) –Tuttoscuola lancia un ambizioso progetto culturale per il 2019-20: “La scuola che sogniamo”, coordinato dal prof. Italo Fiorin.
Quali possono essere i modelli di scuola capaci di renderla una comunità costruttrice della più ampia comunità sociale? Quali gli ingredienti in grado di affascinare i giovani, di far scattare in loro la scintilla del sapere, ma anche di mobilitare gli animi e le coscienze? Ricerchiamoli insieme!
Ogni mese la rivista presenterà un modello e lancerà un dibattito aperto tra i lettori, dando la parola ai protagonisti e agli esperti.
A fine anno si tireranno le somme in una pubblicazione che racchiuderà i risultati di questo comune impegno (sarà la visione di scuola di tutti noi), che presenteremo in un grande convegno alla presenza delle istituzioni e di esperti di livello nazionale e internazionale, aperto a tutta la comunità dei lettori di Tuttoscuola.
Per realizzare insieme un sogno e per contribuire, in compagnia e dal basso, all’arricchimento culturale e professionale della scuola italiana.
Maturità
(giugno-luglio) –Anche il cauto e continuista ministro Bussetti non resiste alla tentazione di rivedere l’esame di maturità, come i predecessori Berlinguer, Moratti, Fioroni e Giannini. Così, in aggiunta alle novità già previste dalla Buona Scuola per la maturità 2019 (soppressione della ‘terza prova’, maggior peso ai ‘crediti’), Bussetti introduce due cambiamenti di un certo rilievo per quanto riguarda la seconda prova scritta e i criteri di valutazione delle prove. La seconda prova scritta, a carattere bi-disciplinare, tenta in qualche modo di riempire il vuoto di pluridisciplinarità lasciato dall’abbandono della ‘terza prova’. Quanto ai criteri di valutazione, vengono predisposte indicazioni e griglie nazionali volte a ridurre le disparità di giudizio, soprattutto tra Nord e Sud, emerse negli ultimi anni. Singolare l’idea di dar inizio alla prova orale con l’estrazione a sorte dell’argomento di avvio del colloquio.
Non altrettanto si può dire per il forte ridimensionamento dell’alternanza scuola-lavoro, trasformata in “percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento” (PCTO) – e quindi non più interfaccia tra la scuola e il lavoro ma elemento sostanzialmente interno e accessorio dell’apprendimento scolastico – e per il rinvio di un anno del carattere di requisito obbligatorio, ai fini della maturità, del test Invalsi di italiano, matematica e inglese, così declassato anche se regolarmente svolto nel corso del mese di marzo 2019.
Nascite in calo
(gennaio) – Si chiude un altro anno di decremento delle nascite e ne inizia uno nuovo che con tutta probabilità segnerà un’ulteriore flessione nel numero di nati.
Dal 2008 le nascite sono in calo costante e nemmeno i nati da genitori stranieri compensano, come prima, il decremento del numero di nati da genitori italiani.
Il primo effetto del decremento delle nascite investe il sistema scolastico dell’infanzia e del primo ciclo con una diminuzione del numero di alunni e, conseguentemente, del numero delle classi funzionanti.
La scuola paritaria più della scuola statale è interessata negativamente al fenomeno demografico che sembra inarrestabile.
Occorre un piano Marshall per un rilancio demografico con politiche strutturali di sostegno alla natalità, a favore delle giovani coppie e delle famiglie.
Gli annunciati investimenti per gli asili nido possono essere un primo passo in questa direzione, ma servono azioni politiche di ampio respiro.
Obbligo aggiornamento
(dicembre) – Il CCNI  sulla formazione, finalizzato a definire i criteri di ripartizione delle risorse finanziarie, contiene in via incidentale anche due passaggi che destano il sospetto che l’obbligo di aggiornamento per i docenti, reintrodotto dopo oltre quindici anni dalla Buona Scuola, non sia più previsto per lasciare posto al solo diritto di aggiornarsi.
Cinzia Mion, ex-dirigente scolastica esponente del MCE, accusa i sindacati di volere compiacere gli insegnanti per non gravarli di un nuovo onere di servizio, incuranti del fatto che i bassi livelli di conoscenza degli alunni italiani rilevati dall’OCSE-PISA e dall’Invalsi mettano sotto accusa soprattutto la professionalità dei docenti.
Tuttoscuola dà risalto alle accuse della Mion, esprimendo preoccupazione per un possibile ritorno al solo diritto all’aggiornamento che vanificherebbe l’obbligo di formazione in servizio, necessario per migliorare i livelli di prestazione degli studenti. E chiedendo una rassicurazione in proposito.
La Cisl-scuola comunica che l’obbligo è confermato.
Resta aperto un aspetto cruciale: al di là del principio introdotto dalla Legge 107/2015, l’obbligo non è stato ancora regolamentato. Ad esempio, quante ore al minimo dovranno essere dedicate annualmente all’aggiornamento?
Populismo
(gennaioagosto) – Il termine in origine indicava un movimento popolare anti-zarista nella Russia della seconda metà dell’Ottocento. Per estensione sono stati poi definiti populisti tutti i soggetti politici che si sono proposti come interpreti e difensori di interessi popolari contro i governi e le élites dirigenti, utilizzando spesso parole d’ordine demagogiche.
Quando sono andati a loro volta al governo hanno teorizzato e praticato forme di democrazia diretta e stabilito un rapporto di tipo carismatico con il leader. Esempi di questo tipo si sono avuti per esempio nel Sudamerica con il peronismo in Argentina e il chavismo in Venezuela, ma di populismo si è cominciato a parlare anche in Italia quando il governo bicefalo giallo-verde ha provato a mettere in pratica le parole d’ordine dei rispettivi partiti (M5S e Lega) sommando motivazioni di sinistra (reddito di cittadinanza, maggiore uguaglianza nella distribuzione delle risorse) e di destra (nazionalismo, autoritarismo).
Ad agosto la Lega, sull’onda del crescente consenso segnalato dai sondaggi, ritiene di provocare la crisi del governo in carica per andare ad elezioni anticipate, ma lo fa contando sul successo della sola variante di destra del populismo (linea dura verso gli immigrati al limite della xenofobia, tradizionalismo anche (pseudo) religioso, euroscetticismo, securitarismo) e rompendo l’alleanza tattica (il ‘contratto’) con il M5S e la sua versione ugualitaria del populismo. Quest’ultimo, anche per evitare le elezioni anticipate e la probabile débacle, si rende disponibile a un accordo alternativo al centro-destra. Nasce il governo giallo-rosso.Premialità docenti addio
(settembre – dicembre) – Cade definitivamente un altro pezzo della Buona Scuola. Il bonus docenti, previsto dalla legge 107/15 per premiare i migliori docenti di ruolo, già declassato dal CCNL 2016-18 a “Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa”, nel settembre viene esteso dal CCNI anche ai docenti non di ruolo.
La legge di bilancio 2020 all’art. 1, comma 249, prevede che Le risorse iscritte nel fondo di cui all’articolo 1, comma 126, della legge 13 luglio 2015, n. 107, già confluite nel fondo per il miglioramento dell’offerta formativa, sono utilizzate dalla contrattazione integrativa in favore del personale scolastico, senza ulteriore vincolo di destinazione.
Le risorse potranno essere utilizzate sulla base dei criteri definiti nella contrattazione integrativa di scuola a beneficio del personale scolastico, sia docente che ATA. Di conseguenza verrà meno il ruolo che il Comitato di valutazione di scuola era chiamato a svolgere nel definire i criteri per la valorizzazione dei docenti.
Soddisfazione dei sindacati che hanno sempre avversato il bonus docenti.
Quindicenni OCSE – PISA
(dicembre) – il 3 dicembre vengono resi noti i risultati delle prove OCSE-PISA, cui si sono sottoposti nella primavera del 2018 gli studenti quindicenni di 79 Paesi.
La novità è senza dubbio l’irrompere della Cina in testa alle classifiche di tutte e tre le competenze misurate: lettura, matematica e scienze. Il resto del mondo non si è di molto discostato dai risultati ottenuti tre anni prima.
Quasi tutti i media italiani danno la notizia occupandosi quasi solo delle performance dei nostri studenti, oltre che di quelle eclatanti dei cinesi, e lo fanno con toni preoccupati. In realtà, purtroppo, la scuola italiana riflette anche in questa classifica il lento declino che ne caratterizza la storia in questo XXI secolo. Il punteggio dell’Italia nella lettura è stato di 476 contro 487 della media Ocse. Un dato peggiore di quello ottenuto nel 2015 (485), e inferiore di 11 punti rispetto al 2000 (all’esordio di PISA) e di 10 punti rispetto al 2009. Analogo arretramento in scienze, più contenuto in matematica (487 rispetto alla media Ocse di 489, nel 2015 era stato di 490). Non una catastrofe, insomma, ma un lento ristagno un po’ sotto la media OCSE (ma più nettamente sotto la media UE)
La novità viene dalla Cina, che però ha partecipato all’indagine con quattro province economicamente all’avanguardia (Pechino, Shanghai, Jiangsu, Zhejiang), superando Singapore, altra città-Stato ad alto sviluppo e reddito. La Cina comunque, a differenza dell’Italia e di altri Paesi (probabilmente non tutti), non ha messo in campo un campione rappresentativo di tutte le regioni e di tutti i tipi di scuola. Insomma, è un po’ come se l’Italia avesse schierato le Province di Trento e Bolzano e i licei di Milano e Torino. Ora staremmo celebrando il successo dell’Italia nelle classifiche PISA.
Reggenze

(settembre) –La conclusione del concorso per assumere 2900 dirigenti scolastici mette fine, se pur non completamente, al vulnus delle reggenze.
La situazione patologica dell’anno scolastico precedente con alcune migliaia di istituzioni scolastiche prive del dirigente scolastico titolare è finalmente risolta.
Tuttavia restano confermate situazioni strutturali e congiunturali che mantengono vivo l’istituto della reggenza con ripercussioni negative sulla organizzazione e gestione delle scuole interessate.
Le situazioni strutturali riguardano 364 istituzioni scolastiche sottodimensionate che per legge dal 2011 sono state razionalizzate (per risparmiare) privandole del dirigente titolare.

Le situazioni congiunturali riguardano un centinaio di istituzioni scolastiche il cui titolare è in comando o distacco presso sindacati, associazioni o istituzioni.

Service Learning

(maggio) – Si tiene a Lucca il primo convegno internazionale dedicato al service learning, la proposta pedagogica, metodolqogica e didattica che unisce il Service (la cittadinanza, le azioni solidali e il volontariato) e il Learning (un apprendimento significativo), organizzato dalla Scuola di Specializzazione LUMSA – EIS Educare all’Incontro e alla Solidarietà in collaborazione con INDIRE e Fondazione UIBI.
Il Service Learning chiede agli studenti di compiere concrete azioni solidali nei confronti della comunità, sostenendo la scuola nella collaborazione con le istituzioni e le associazioni locali. In questo modo si crea un circolo virtuoso tra apprendimento (Learning) e servizio solidale (Service).

Questa proposta, molto diffusa negli Stati Uniti, nell’America Latina e in molti Paesi europei, sta incontrando un grande interesse anche in Italia, ed è oggi sostenuta anche dal MIUR, che ha realizzato una sperimentazione nazionale.
Sostegno

(gennaio) – Nella nota del MEF per l’aggiornamento del DEF, a proposito di inclusione di alunni con disabilità, si afferma la necessità di “misurare la qualità dei processi di inclusione in ogni scuola anche al fine di ottimizzare le risorse e ridurre le disparità regionali, nell’ottica dell’armonizzazione del servizio su tutto il territorio nazionale”.

Non si può che plaudire a questa intenzione per ridurre lo squilibrio regionale di posti di sostegno che Tuttoscuola ha evidenziato da tempo, rilevando anche il mancato rispetto della specifica norma (comma 2-bis, art. 15, legge 128/2013) che impegnava il Miur a riequilibrare le sperequazioni fin dal 2014-15.

Tempo pieno
(marzo) – Con la pubblicazione dell’organico di scuola primaria per il prossimo a.s. 2019-20 l’annunciato aumento di 2000 classi di tempo pieno per il Sud non sembra aver raggiunto tutti gli obiettivi.
La misura voluta dai 5Stelle avrebbe dovuto anche agevolare il rientro al Sud dei tanti docenti assunti al Nord con la Buona scuola di Renzi.
Ma nella ripartizione dei duemila posti di scuola primaria in più per l’anno scolastico 2019/2020 il Nord beneficerà di un numero di posti paragonabile a quelli assegnati alle regioni meridionali.
Con 262 cattedre, la Lombardia passerà da una copertura del 50,6% ad una copertura del 51,8%, mentre Regioni come Campania e Sicilia, dove il Tempo pieno è quasi inesistente, si dovranno accontentare di una quota di posti simile che sposterà le cose di poco.
Anche le possibilità di trasferimento al Sud si incrementeranno, ma di pochissimo. Perché i 941 posti in più al Sud e nelle isole faranno incrementare di poco le possibilità delle migliaia (15mila circa) di docenti assunti nelle regioni settentrionali che, dopo alcuni anni passati lontano da casa, aspirano a rientrare a casa.
Università
(dicembre) –Si infittiscono le voci sulle possibili dimissioni di Lorenzo Fioramonti, legate alle scarse ricorse destinate dalla legge finanziaria alla scuola e soprattutto a università e ricerca, ben al di sotto delle richieste e delle aspettative del ministro. Particolarmente severo il giudizio della CRUI, la Conferenza dei Rettori, il cui presidente, Gaetano Manfredi, rilascia la seguente dichiarazione: “Siamo molto delusi perché i finanziamenti che aspettavamo servivano in primis per i giovani.
Tenendo conto che siamo già il Paese europeo con il minor numero di laureati, e che notoriamente la crescita economica nella società della conoscenza non può che basarsi sulla conoscenza, non credo che questa legge renda un servizio al futuro prossimo dei nostri cittadini”.
Nel giro di pochi giorni il ministro Fioramonti si dimette e Manfredi diventa ministro dell’università e della ricerca.
Vincolo quinquennale
(dicembre) – Tutti i docenti che entreranno in ruolo prossimamente dovranno prestare servizio nella scuola assegnata per 5 anni. Soltanto dopo questo quinquennio di continuità effettiva di servizio potranno chiedere trasferimento o assegnazione ad altra scuola.

Lo prevede all’art. 1 del decreto il comma 17.1 che così recita: “A decorrere dalle immissioni in ruolo disposte per l’anno scolastico 2020/ 2021, i docenti a qualunque titolo destinatari di nomina a tempo indeterminato possono chiedere il trasferimento, l’assegnazione provvisoria, l’utilizzazione in altra istituzione scolastica ovvero ricoprire incarichi di insegnamento a tempo determinato in altro ruolo o classe di concorso solamente dopo cinque anni scolastici di effettivo servizio nell’istituzione scolastica di titolarità, fatte salve le situazioni sopravvenute di esubero o soprannumero”.
I sindacati protestano per l’invasione di campo del Parlamento su una materia di natura contrattuale, ma non potranno disapplicare la norma sgradita.

Infatti un altro comma del decreto salva-precari, il 17.2, lo impedisce: “Le disposizioni di cui al comma 17.1. non sono derogabili dai contratti collettivi nazionali”.
Vittore Pecchini
(maggio) – Ultimi giorni di scuola. L’anno scolastico che è ormai alle spalle ha logorato Vittore Pecchini, preside di otto istituti scolastici veneziani.

Vittore ha disposto la riorganizzazione delle classi di uno degli istituti affidati, secondo le indicazioni dell’amministrazione scolastica e in contrasto con le aspettative di gruppi di genitori e di docenti.
Contro il suo operato viene anche proclamata una manifestazione di protesta.
Sono giorni di tensione che Pecchini sa nascondere fino all’ultimo. Probabilmente però si sente solo, non capito, sconfitto.
Rinuncia a vivere, rinuncia a sfidare quel mondo, quella scuola per la quale aveva dato tanto del suo spirito libero, della sua profonda cultura, della sua ricca umanità, del suo essere cittadino del mondo, aperto, sorridente, disponibile.
Forse Vittore ha ceduto al peso insopportabile delle responsabilità, del lavoro, dell’incomprensione.
Oltre al ricordo e all’affetto di tanti che gli erano amici, lascia, suo malgrado, un monito per tutti: di scuola non si può morire.
Tuttoscuola dedica un ampio dossier all’allarme stress nella scuola.

Webinar
(da gennaio a dicembre) – Come nel 2017 e nel 2018  ottengono grande successo i webinar di Tuttoscuola, lo strumento video che in diretta illustra e approfondisce le principali tematiche sul mondo della scuola.
Nel corso dell’anno i webinar hanno riguardato molte tematiche e, in particolare, il concorso DS con preparazione alle prove, seguita da moltissimi candidati.
Nuovo spazio è stato riservato anche alla preselezione e alla prova scritta del concorso per DSGA.
Esperti e specialisti presentano nell’arco di un’ora e mezzo o due gli argomenti del giorno, li approfondiscono e orientano i video-ascoltatori verso nuove esperienze formative.
Rispondono a quesiti, suggeriscono percorsi di ricerca e linee operative, avvalendosi anche di slides; e ottengono apprezzamenti e consensi.
Zero-sei

(marzo) – Si svolge presso la Sala delle Conferenze stampa della Camera, un’iniziativa promossa dal Coordinamento nazionale per le politiche dell’infanzia e della sua scuola.
Titolo dell’iniziativa: “Cominciare bene. Il punto sul sistema integrato zero sei”.
Un modo per riaccendere i riflettori su un segmento educativo, quello che va da 0 a sei anni appunto, che va inteso come “primo mattone” dell’educazione di ogni bambino.
Un segmento che il decreto legislativo 65 del 2017, aveva previsto come “sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni”, prevedendo una continuità delle azioni educative rivolte alla fascia di età zero/sei, una continuità che rischia però di restare dichiarazione di intenti piuttosto che reale integrazione.

Mancata implementazione dei servizi, assenza di percorsi formativi strutturati per gli operatori e gli insegnanti, scarsità di mense e trasporti collegati al segmento educativo in questione, servizio profondamente diseguale sul territorio sono solo alcune delle criticità che caratterizzano lo 0-6.