Il problema dell’immigrazione e dei conflitti dalla parte del clima!
Quanto i cambiamenti climatici influiscono sulle migrazioni e sulle crisi internazionali? Più il deserto avanza più le ondate migratorie aumentano. Più cresce il pericolo di guerre. Dobbiamo prepararci ad affrontare il rischio climatico non solo nella gestione del territorio italiano, ma anche nelle scelte geopolitiche.
Un fisico del clima (Pasini) e un analista diplomatico (Mastrojeni) indicano la strada per gestire cooperativamente il futuro che ci aspetta e che sarà segnato dalla rivoluzione climatica in atto.
Una prospettiva inedita!
Degrado ambientale, povertà, conflitti, terrorismo, migrazioni, mancato rispetto dei diritti dell’uomo, economie inique. Paiono sfide distinte, tuttavia tali dinamiche sono legate nelle cause quanto nelle soluzioni.
Da questa consapevolezza può nascere una politica che traguardi il futuro e interrompa la corsa all’autoestinzione sia a causa della scarsezza delle risorse e dei danni all’ambiente sia a causa delle guerre da essi derivate.
 
Descrizione
Titolo: Effetto serra effetto guerra. Clima, conflitti, migrazioni: l’Italia in prima linea
Autori: Grammenos Mastrojeni, Antonello Pasini
Editore: Chiarelettere
Collana: Reverse
Anno edizione: 2017
Pagine: 176 p., Brossura
EAN: 9788861909342
Costo. 15,00 Euro
 
 
«Anche le guerre sono conseguenze di desertificazione e fenomeni estremi»
intervista a Antonello Pasini 
«Clima, guerre e migrazioni sono fenomeni connessi. Analizzarli singolarmente non ha senso». È la tesi di fondo di «Effetto serra, effetto guerra» (edizioni Chiarelettere) scritto da Antonello Pasini, climatologo del Cnr, e Grammenos Mastrojeni, analista diplomatico.
L’Intervista
Mutamenti climatici e migrazioni. La scienza cosa dice, professor Pasini?
«I legami sono ormai provati da diversi studi. Prendendo in considerazione 79 guerre recenti abbiamo scoperto che esiste sempre una concausa climatica. E le ondate migratorie sono il primo effetto dei conflitti. Ma anche il terrorismo può essere considerato una conseguenza dei cambi climatici: attecchisce nelle zone povere, rimaste prive dalle risorse basilari per sopravvivere».
Quanto è grave il fenomeno dei cosiddetti «migranti climatici»?
«Le stime ufficiali parlano di 250/300 milioni di persone che a causa di eventi naturali catastrofici saranno costrette a migrare entro il 2050».
Oggi quali sono le crisi più preoccupanti?
«In primo luogo il Sahel, a causa della desertificazione progressiva. Poi le isole del Pacifico, che rischiano di sparire per l’innalzamento degli oceani. Infine lo scioglimento dei ghiacci sulle Ande e l’Himalaya, che compromette le riserve idriche».
È ottimista per il futuro?
«La situazione è grave, ma possiamo ancora invertire la rotta. Dobbiamo adottare quelle che noi definiamo “strategie doppiamente vincenti”».
Per esempio?
«Trasformare i terreni desertici in aree coltivabili: otterremo un assorbitore naturale di anidride carbonica e uno strumento di sussistenza per combattere la fame».
a cura di Filippo Femia, in “La Stampa” del 17 ottobre 2017