Dal baratto, alla moneta, al commercio, alla finanza

Quando l’uomo ha capito che poteva meglio soddisfare i suoi bisogni scambiando con altri i suoi prodotti ricevendone altri in cambio e quindi dando un valore agli stessi, è nato il baratto, ma anche un primo elemento dell’economia. I beni furono in seguito scambiati con l’uso della moneta. Nacquero così i cambia valute e prese forma un altro elemento dell’economia. Il grande alleato del sistema economico fu il commercio.   Già dai tempi antichi dei Fenici, dei Greci e dei Romani attraverso la via dell’acqua, in particolare del Mediterraneo, si scambiarono prodotti agricoli, metalli, tessuti, legname, materie prime. Così si sviluppò l’economia, la ricchezza, la finanza e il benessere della popolazione.

Le banche toscane

Attraverso la moneta, il credito, i cambia valute, le compagnie commerciali nacquero banche famose come quelle toscane dei Bardi, dei Peruzzi, degli Acciaioli che rappresentavano veri e propri centri di potere economico e finanziario in grado di aprire filiali in tutta Europa. Con i loro prestiti potevano condizionare la vita di intere popolazioni. Le loro operazioni spregiudicate orientate principalmente al profitto e agli interessi, a scapito di una gestione al servizio della società e dell’uomo, entrarono con il tempo in crisi e fallirono.

Un esempio che potremo invece definire di economia e di finanza sostenibile, votata al sostegno delle esigenze della collettività, fu quello della banca medicea che nel 1400, a Firenze, diede vita, grazie alla operosità del popolo fiorentino e al mecenatismo di Cosimo de’ Medici, al benessere della città, all’evoluzione dell’umanesimo ed al grande evento rinascimentale. Cosimo credeva fermamente che il commercio fosse un mezzo di evoluzione sociale e col commercio delle stoffe, delle pezze di lana e di seta, insieme ad altri prodotti esportati in tutta Europa, Firenze divenne un grande centro economico.

L’attività economico – finanziaria di Cosimo de’ Medici

Cosimo era per sua natura un uomo molto cauto e religioso. Di carattere aperto amava intrattenersi con la gente del popolo e veniva molto spesso in aiuto di coloro che avevano bisogno. Le sue attività economico-finanziarie alle volte risultavano spregiudicate: fatte di prestiti con interessi, tasse evase, dichiarazioni dei redditi non veritiere, ecc. Questi comportamenti determinarono in lui un senso di colpa e di frustrazione che lo turbava e non lo lasciava tranquillo. Nel mondo cristiano di allora era proibito prestare denaro con interesse. Era una  condotta considerata usura e un grave peccato condannato dalla chiesa.

Dall’usura al mecenatismo

Approfittando della presenza a Firenze del papa Eugenio IV, nel gennaio del 1443, per la consacrazione del convento domenicano di S. Marco da lui ristrutturato e in cui si era fatto costruire una doppia cella, colse l’occasione di far presente al papa le sue ansie chiedendogli come fare per superarle. Il papa gli suggerì di fare con la sua ricchezza opere di bene e di aiuto al prossimo. Successivamente anche l’arcivescovo di Firenze Antonino Pierozzi, suo amico e confessore, molto sensibile all’etica economica, al peccato di avarizia e alla condanna della pratica usuraia (allora si chiedeva solo l’obbligo della semplice restituzione dei prestiti in denaro) lo invitò ad una parziale restituzione attraverso opere di bene e di mecenatismo nei confronti della collettività.

Così Cosimo, ancor più che in passato, iniziò a commissionare opere artistiche di varia natura con il fine di far partecipare i suoi cittadini alla contemplazione della bellezza artistica della città. Incaricò pittori come Filippo Lippi, Paolo Uccello, Andrea del Castagno di eseguire dipinti. Affidò al suo amico Donatello l’esecuzione di sculture in marmo e bronzo di rara bellezza. A Michelozzo chiese l’esecuzione di opere architettoniche: cupole, chiese, palazzi, ospedali (come l’ospedale degli Innocenti) che modificarono l’aspetto urbanistico della città. Ospitò artisti nel suo palazzo sito sulla via Longa, aiutò finanziariamente altri perché proseguissero le loro opere, ad alcuni  infine diede protezione sicuro che ciò avrebbe dato prestigio al suo casato che sarebbe a lui sopravvissuto.

Questa beve riflessione sul rinascimento fiorentino vuole ricordarci che un’economia e una finanza al servizio dell’uomo e della collettività può essere una grande mezzo per lo sviluppo del benessere dei cittadini, dell’arte e della bellezza di una città.

Romio Giancarlo