• “ O Icaro, ti avverto di volare a media altezza: se volerai troppo basso,
  • l’acqua del mare ti appesantirà le penne; se troppo alto il sole le brucerà.
  • Vola tra l’uno e l’altro limite , compi il tragitto dietro la mia guida…..”
  • ( Ovidio, Metamorfosi)) 

E’ noto come la psicoanalisi utilizzi il linguaggio del mito per s-velare, velare le complesse dinamiche inconsce che condizionano i comportamenti individuali e sociali.
Freud, debitore alle sue origine ebraiche per la scoperta del significato profondo della parola (Dabar non solo esprime, ma crea) e alla sua Bildung umanistica per l’incontro vitale con il mito greco si serve di questo come di uno specchio per cogliere, nella sua articolazione e nelle sue ambivalenze, i percorsi della psiche, le sue tappe, le sue stagnazioni.
Perché allora non servirsi di un mito per parlare dell’adolescente nel suo complesso rapporto con il rischio?

Icaro un Sensationssicker?

Il mito che più frequentemente viene associato al giovane nel suo rapporto con il rischio è quello di Icaro.
Nel bel saggio di Paola Carbone (2003), le ali di Icaro rappresentano simbolicamente l’ebbrezza del volo che spinge molti adolescenti a rischiare la propria e l’altrui incolumità. Ebbrezza che ha il sapore della voglia di libertà ma anche della voglia di morte, patita, ignorata, ma presente in un’alta percentuale di giovani incidentati.

Anche nella storia della cultura letteraria e figurativa, Icaro è il simbolo della trasgressione giovanile, della disobbedienza, causa di distruzione e di morte: i versi di Ovidio citati in apertura esprimono proprio questo concetto: è il non ascolto delle raccomandazioni del padre a portare Icaro alla morte. Certamente il mito invia un messaggio chiaro, quello dell’importanza di riconoscere e rispettare il limite:
Se volerai troppo basso,
l’acqua del mare ti appesantirà le penne;
se troppo alto il sole le brucerà.
Vola tra l’uno e l’altro limite.
Da questa prospettiva non ci sono dubbi: Icaro è un sensationsicker, un cercatore di sensazioni, incurante delle sagge raccomandazioni del padre. Chiaro il caso. Chiara la dinamica dell’incidente. Definiti i personaggi: il padre saggio; il figlio sventato e disobbediente. Ma è proprio così semplice?

Per comprendere i figli, conoscere i padri

Quanto l’ombra del padre si allunghi sui figli e quanto tenaci siano i legami che uniscono l’adulto alla sua infanzia è stato sperimentato da Freud sia personalmente che nella sua prassi, tanto che egli stesso paragonerà la sua opera a quella dell’archeologo che (cit.). Ogni psicoterapeuta fa la stessa esperienza e vede il suo compito come sostegno per la rielaborazione di tali vissuti.
Anche per comprendere Icaro è, dunque, opportuno conoscere le sue vicende familiari e soprattutto conoscere il padre, le sue scelte di vita.

Una storia di sangue e di morte

Di Dedalo si narra la perizia nell’inventare e nel costruire: la storia delle sue creazioni è però fittamente intrecciata a quella delle distruzioni operate dalla sua invidia e dalla sua ambizione egli infatti getterà il nipote Talo dalla rupe, temendo che egli possa costruire il tornio: per questo motivo dovrà fuggire a Micene dove ancora il suo genio creativo gli procurerà onori, ma anche invischiamenti in situazioni ambigue: per la moglie di Minosse, infatti, costruisce una struttura a forma di vacca di legno ricoperta di cuoio che permetteva alla regina, nascosta all’interno, di unirsi a un toro. Egli costruirà un labirinto dove imprigionare la bestia: esternamente egli è colui che con la sua tecnica padroneggia la realtà, internamente è colui che nasconde il mostro, “maestro della creazione e della vita, il demiurgo è anche colui che uccide, che aiuta a uccidere o che fa uccidere, assassino geloso del proprio allievo e discepolo, omicida per imprudenza del proprio figlio Icaro, complice dell’uccisione compiuta da Teseo del Minotauro, istigatore dell’assassinio di Minosse suo sovrano” (F. Frontisi-Ducroux, Dédale, Paris 1975).
Lo stesso labirinto “è un luogo enigmatico, scarsamente materiale, un percorso inestricabile, rappresentazione spaziale del concetto di aporia, di problema insolubile o che contiene la soluzione in se stesso. Icaro vittima delle scelte del padre è imprigionato con lui nel labirinto da cui non esiste via d’uscita, se non quella del volo. La perizia del padre gli darà le ali, necessarie per fuggire da ciò che il padre stesso ha creato cioè il labirinto: luogo dello sviamento e dell’illusione.

Lo specchio ingannevole e la ricerca dell’alterità

Nella versione del drammaturgo Durrenmatt, il labirinto è il luogo dove ogni ricerca di alterità si risolve in illusione. Gli specchi rimandano sempre la stessa immagine quella dell’individuo solo con se stesso circondato solo da apparenze e finzioni.

“Il minotauro proruppe in un urlo, anche se fu più un mugghio che un urlo, un ululato prolungato, un muggito, un grido di gioia per non essere più l’unico, il contemporaneamente escluso e rinchiuso, perché c’era un secondo minotauro, non soltanto il suo Io, ma anche un Tu. Il minotauro cominciò a danzare. Danzò la danza della fratellanza, la danza dell’amicizia, la danza della sicurezza, la danza dell’amore, la danza della vicinanza, la danza del calore. Danzò la sua felicità, danzò la sua dualità, danzò la sua liberazione, danzò il tramonto del labirinto, lo sprofondare fragoroso di pareti e specchi nella terra, danzò l’amicizia tra animali, uomini e dei”: e fu ucciso.
Labirinto è, dunque luogo della solitudine e dell’inganno. Qui Icaro viene imprigionato e da qui tenta di fuggire. La sua è una fuga necessaria per trovare se stesso negli occhi dell’altro, per sperimentare l’alterità autentica.

E’ interessante notare come molti ragazzi affermano di sfidare il pericolo per dimostrare di appartenere a un gruppo, per essere riconosciuti ed accettati dai pari. Ai loro occhi superare la prova di coraggio significa aprire la porta d’ingresso in una comunità dove  si danza l’amicizia e l’amore. La ricerca di vicinanza e di calore è spesso così disperata da mettere in secondo piano anche i pericoli per la propria vita

Le ali: un dono ingannevole

Se il rischio può rappresentare una via di fuga dal labirinto dell’isolamento e della falsa alterità è pur vero che secondo il mito lo strumento per la fuga è offerto proprio dal padre, dalla sua competenza e dalla sua arte. Le ali che Dedalo costruisce per Icaro sono un prodigio d’ingegno, un’opera eccezionale. Hanno un unico difetto che si dimostrerà fatale: sono ali posticce, non sono spuntate dalla carne del figlio, ma appiccicate sopra, non sono cresciute gradualmente con lui, nutrite dal suo sangue, a sua misura: sono ali smisurate che egli manovra con fatica; uno strumento eccessivamente evoluto di cui non è il padrone; un potenziale di libertà, impossibile da gestire, per chi ha camminato finora solo negli angusti sentieri del labirinto. L’urgenza di fuga – del padre, più che del figlio- non permette l’esercizio paziente della nuova libertà di muoversi e di agire.
Icaro è spinto a volare prima ancora di essere pronto. E’ significativo, a questo riguardo, il dipinto in cui Dedalo spinge nel vuoto il figlio, colpendolo alle spalle: atto di tradimento o di fiducia?

dedalo e icaro

Perché Icaro è triste?
Anche Paola Carbone individua nella rappresentazione artistica del mito il volto ambivalente della ricerca del rischio nell’adolescente.

Il padre: solo colpevole?
La forza interpretativa del mito risiede proprio nella sua capacità di far risaltare l’ambiguità e la complessità della persona umana e delle sue relazioni. Così il mito di Icaro racchiude come in un prisma il rapporto padre- figlio, giovane-adulto, come eterno conflitto tra protezione e aggressione, amore e invidia, ma anche l’interiorizzazione di tale rapporto, la capacità d’integrare parti del genitore e del figlio, o, in termini junghiani, senex e puer.oppure l’ombra, senza la quale non ci sono spessore, né radici e forte è il pericolo di essere inghiottito e distrutto da un ideale troppo grande e luminoso. Il dipinto di Long  sembra indicare la causa del destino di morte di Icaro nella sua incapacità di integrare l’ombra, rappresentata dall’astuzia e dalla prudenza del padre.
D’altra parte è proprio questa ll’interpretazione più diffusa della causa della morte di Icaro: l’incapacità cioè di riconoscere il limite imposto dal padre, il suo significato e il suo valore.

Icaro

Riaffiora il concetto greco di ybris,proprio di alcune figure della mitologia greca, di disobbedienza come sfregio dei limiti posti da un’autorità superiore. Il limite viene visto da Icaro solo come ombra, negazione della luce e della gloria e non come elemento protettore della vita. 

Costruire case per la mente

Qualunque sia l’angolo di lettura da cui vogliamo analizzare il rapporto giovane-rischio, utilizzando il mito, è indubbia l’importanza dell’adulto come elemento di promozione o di prevenzione delle condotte rischiose. Genitori ed educatori possono infatti costruire labirinti, in cui i giovani possono perdersi perché non esistono criteri di orientamento, né limiti, né specchi in cui riconoscere la propria vera immagine oppure possono fare della loro mente, del loro rapporto educativo una casa in cui il giovane può sviluppare la sua capacità di pensare e integrare con pazienza e amore le varie parti del sé.

L’immagine del labirinto ne richiama un’altra quella degli Holzwege di Martin Heiddeger, questi sentieri che sembrano non portare in nessun luogo, perché si perdono nel bosco sono spesso quelli sui quali i giovani s’incamminano sotto la guida di adulti spaventati e confusi. Eppure a volte gli Holzwege giungono a una radura (Lichtung): è la luce della parola che illumina l’esistenza e da sufficiente orientamento per proseguire il cammino. Il rapporto educativo e terapeutico è il luogo in cui l’adolescente può trovare ed esercitare le parole che illuminano l’oscurità del vissuto e del disagio e attivare quindi quel processo di simbolizzazione che rende possibile l’elaborazione dell’esperienza, la riflessione su di essa, la sua comunicazione e quindi la necessaria verifica.

Franca Feliziani Kannheiser