La pace è il bene più prezioso di cui le persone e i popoli possono godere e tanti sono i costruttori di pace nel mondo. Tuttavia non è un bene acquisito una volta e per sempre, esige di essere continuamente custodito e coltivato, con atteggiamenti, pensieri e azioni improntate alla cultura dell’incontro e all’esercizio democratico del dialogo, il rispetto delle diverse tradizioni culturali e religiose, il riconoscimento della dignità dell’altro e della dignità delle persone e dei popoli.

Come ha affermato papa Francesco nel Messaggio per la 54ª Giornata Mondiale della Pace: “Duole constatare che, accanto a numerose testimonianze di carità e solidarietà, prendono purtroppo nuovo slancio diverse forme di nazionalismo, razzismo, xenofobia e anche guerre e conflitti che seminano morte e distruzione” (Messaggio Giornata Mondiale della Pace 2021).

Aumentano le tensioni e i conflitti e con essi morte, dolore e sofferenza; per ultimo lo scontro tra Russia e Ucraina che tiene con il fiato sospeso l’intero pianeta. E ciò che più desta preoccupazione è la corsa al riarmo dei singoli Stati. Se pensiamo che gli investimenti economici ogni anno per la produzione di armi, come ha sostenuto in una recente intervista il pontefice, è equivalente a sfamare e istruire tutto il mondo, ci si rende conto della posta in gioco.

 

Ispirati dall’umanesimo cristiano

Mentre scoppiava l’ennesimo conflitto armato ai confini con l’Europa dell’est tra Russia e Ucraina, prendeva inizio l’incontro dei sindaci, i vescovi, i cardinali e patriarchi dell’area mediterranea all’ombra del campanile di Santa Maria Novella, custode dell’arte di Giotto, Masaccio e Brunelleschi, dove si respira l’umanesimo del rinascimento e la “bellezza teologale”, come la ebbe a definire Giorgio La Pira, che trova nel volto del Cristo il suo modello. Il secondo appuntamento, dopo quello tenutosi nel 2020 a Bari, ha acquistato un significato del tutto inedito mutuando il tema nel “Mediterraneo frontiera di Pace”.

A Firenze si afferma come i differenti popoli, culture e religioni possano e debbano perseguire la via del dialogo e la riscoperta dei comuni valori che li unisce più di quelli che li divide. “Il Mediterraneo oltre ad essere un luogo geografico è il luogo dello spirito”, ha affermato il sindaco di Firenze Dario Nardella nella sessione conclusiva dei lavori, che unisce i confini del sud a quelli del nord fino all’Ucraina. Sono trenta i Paesi legati dal Mediterraneo convenuti e tre i continenti, Europa, Asia e Africa che si sono seduti ad un unico tavolo con l’obiettivo dichiarato di consolidare la cultura dell’incontro oltre le lacerazioni e le tensioni a partire dal basso, ossia dalle città con la propria storia e vocazione.

 

Beati gli operatori di pace

La domanda di fraterna e pacifica convivenza si fa sempre più pressante tra gli uomini e le donne del nostro tempo e con essa il bisogno di intensificare la cultura dell’incontro e del dialogo, la promozione di processi e percorsi pedagogici propedeutici alla cultura della pace. Si tratta di un appello che richiama tutti al dovere di essere costruttori di pace, beatitudine evangelica sempre valida: “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5,9) dice Gesù nel grande discorso della montagna, indicando la via da seguire per essere pienamente felici, ovvero la via dell’amore verso tutti, finanche i nemici.

L’aggettivo eirēnopoiós, che usa il testo, significa pacificatore, operatore di pace, ed è un termine composto da eirênē, pace, e dal verbo poiéō, che vuol dire più precisamente produrre, causare, compiere, determinare, far nascere. La pace dunque, oltre ad un dono da invocare dal Dio della pace, esige di essere costruita mattone dopo mattone, con pazienza e determinazione, a partire dal cuore di ciascuno perché la guerra comincia prima di tutto dentro di noi. Pertanto la pace è un dovere di tutti gli uomini e le donne di buona volontà, ed è pari al diritto di ciascuno, soprattutto dei bambini, i poveri e gli indifesi, di vivere in un mondo sicuro e pacifico.

 

Il “sogno” di La Pira

In tale prospettiva ritorna di attualità il “sogno” di Giorgio La Pira, il sindaco “santo” di Firenze che ha impegnato tutta la sua esistenza nell’azione politica, culturale e cristiana di “Abbattere i muri e costruire i ponti”. “Alla logica del conflitto, La Pira opponeva la supremazia del dialogo – ha dichiarato il Cardinale Bassetti. Un dialogo cercato con tutte le forze nei Paesi dell’Europa dell’Est, in Asia, in America Latina e in Africa”.

“In questo sforzo incessante il sindaco di Firenze traccia una strada; – continua il Presidente della CEI – è il «sentiero di Isaia» che si basava sull’antica profezia messianica: «Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci». Il sentiero di Isaia tracciato da La Pira si proponeva di arrivare al disarmo generale trasformando le «armi distruttive in strumenti edificatori della pace e della civiltà». Secondo la sua visione escatologica, tutta la storia convergeva verso «il porto finale» della pace” (Una profezia per la pace, Lev, Città del Vaticano 2022).

In tale prospettiva il Mediterraneo, per La Pira è la culla delle civiltà monoteiste che egli chiamava «la triplice famiglia di Abramo», con il chiaro compito impostogli dalla storia di costruire un “nuovo Cosmo delle nazioni” dove liberarsi dalla lebbra della guerra. “Per questo dopo la grave crisi di Suez del 1956 – riporta sempre il Cardinale Bassetti nel suo testo – matura il progetto di convocare a Firenze un grande incontro internazionale dedicato al Mediterraneo”.

 

Dalle città i mattoni della pace

Le città possono essere le protagoniste della costruzione della pace. I mattoni che edificano una città sono i valori che dal passato cementano la comunità del presente e la proiettano nel futuro con una vocazione specifica continuamente da riconquistare. Perché quello che i più giovani ereditano dai loro padri esige sempre di essere ricompreso nuovamente nell’oggi della storia e compreso nell’attuale condizione sociale e culturale.

Giorgio La Pira, in un discorso tenuto a Firenze nel 1955, afferma che “Le città restano […] come riserve mai esaurite di quei beni umani essenziali (religiosi e culturali, tecnici ed economici) di cui tutte le generazioni hanno imprescindibile bisogno”. È innegabile che esiste un rapporto unico fra la città e la persona umana, sono testimonianze vive di una storia e di valori eterni. Non solo perché in essa ha stabilito il numero civico della casa, bensì per quella relazione vitale e spirituale che questa offre.

La città, per Giorgio La Pria, non è un museo del passato, oppure un luna park del presente dove divertirsi, ma è luogo dove la civiltà dell’avvenire si comincia a costruire, a partire dal prendersi cura soprattutto dell’umano divenuto invisibile, ossia i poveri e i disagiati (cfr. Le città sono vive, Discorso al Convegno fiorentino del 1955 dei Sindaci Capitali).

In tale prospettiva i problemi politici ed economici, sociali e tecnici, culturali e religiosi delle città non possono essere lasciati insoluti, ma vanno affrontati umanamente e in una logica di valori condivisi, dove la persona è al centro e tutti possono partecipare attivamente alla vita pubblica che in esse si svolge. Il cristiano in questo ha una peculiare caratteristica di abitare le città, in quanto anima evangelicamente le strutture della storia e non può essere indifferente, girare la testa dall’altra parte dinanzi alle difficoltà che si pongono.

 

La Carta di Firenze…una strada verso la pace

A conclusione dei lavori a Firenze è stato redatto e sottoscritto da tutti i partecipanti un documento importante che si staglia come un raggio di luce nel cielo oscuro di questo nostro tempo. Si tratta di una “Carta delle nazioni” del Mediterraneo in cui i sindaci, tra questi quelli di Atene, Gerusalemme e Istambul e la voce delle chiese si sono uniti per rilanciare il dialogo, la democrazia e la pace quale vie per una civiltà dal volto autenticamente umano. Maggiormente che il “Mare Nostrum”, come lo definivano i romani, sia un luogo di cultura e bellezza e non il più grande cimitero a cielo aperto.

Nel tempo confuso e incerto che stiamo attraversando, segnato dalla pandemia e dalla guerra, la strada per non smarrirsi resta l’inclusione, il rispetto della dignità di ogni essere umano, l’accoglienza dei migranti e i profughi e l’armonia con il creato. Estremamente urgente è aprire processi di crescita e percorsi educativi che aiutino principalmente i giovani a formarsi alla cultura della vita e la cura della pace, fondata sul principio di solidarietà e della cooperazione contro l’egoismo e l’opposizione, a partire dalle nostre case e le nostre città.

Di notevole interesse è l’auspicata creazione di una Università del Mediterraneo dove i giovani possano conoscere e formarsi ai valori comuni che uniscono i popoli del mare in mezzo alle terre. Altresì il richiamo alla consapevolezza della responsabilità che hanno le singole città, chiamate oggi a coltivare uno sguardo lungimirante, capace non soltanto di preservare le identità culturali e religiose, ma anche di essere un osservatorio attento delle manifestazioni dei singoli territori e di prendere decisioni chiare per il futuro.

di Paolo Greco