«Il Vangelo e la nonviolenza sono le due facce di una stessa medaglia”
intervista a Emmanuel Lafont
Parroco a Soweto in Sudafrica dal 1983 al 1994 nel periodo della fine dell’apartheid, oggi vescovo di Caienna in Guyana, Mons. Emmanuel Lafont pensa che il Vangelo sia fondamentalmente nonviolento.
 
L’intervista
 
Il messaggio evangelico è fondamentalmente nonviolento?
Da tempo sono convinto che il Vangelo e la nonviolenza sono le due facce di una stessa medaglia. Nulla nel Vangelo autorizza la violenza. Non vi si trova nessun fondamento della violenza, a partire dalla nascita di Cristo, “Principe della pace”, fino alla morte accettata sulla croce. L’ultima parola di Cristo a Pietro, prima della crocifissione, “rimetti la spada nel fodero” (Gv 18,11) è una parola di nonviolenza. Nella logica fondamentale del Vangelo, l’odio e la violenza possono essere arginate solo dall’amore e dalla bontà.
E quando Gesù dice di non essere venuto “a portare la pace sulla terra”, fa la constatazione che la pace che lui porta è rifiutata dal mondo. Ma lui resta il principio della pace, come abbiamo proclamato a Natale. Ci invita ad essere fermenti di pace.
Però Gesù si arrabbia anche…
Dire che Gesù è un nonviolento non significa che sopporta passivamente l’ingiustizia. Effettivamente, l’episodio dei mercanti del Tempio ci dice che esprime una collera evidente: non è un uomo senza emozioni, ma è padrone di se stesso e non si lascia trasportare dalla collera. La forza di cui Cristo dà prova implica una capacità di padronanza su di sé, mentre la violenza è espressione di debolezza. Nelson Mandela, uomo della nonviolenza, era anche lui uomo di grande forza. La nonviolenza non chiede di rassegnarsi ma di difendersi con altre armi. E si può arrivare fino al martirio.
Che cosa dicono le Beatitudini sulla violenza e sul rifiuto della violenza?
Le sorgenti del rifiuto della violenza sono nel discorso della montagna, che è la “carta costituzionale” del Regno di Dio. In esso, Gesù ribalta i valori di questo mondo, esaltando il servizio, il perdono, la riconciliazione, la condivisione dei beni… Non si trova nulla di più radicale come ideale di pace. Lo stesso Gandhi diceva che se i cristiani vivessero davvero le beatitudini, il mondo sarebbe diverso.
Ma bisogna rendersi conto che la violenza è spesso il linguaggio di coloro che non sono ascoltati. Odio la violenza, perché ho visto che distruggeva interiormente sia quelli che la utilizzavano sia quelli contro i quali veniva usata. Ma la violenza dei poveri, come ho potuto vederla a Soweto, è una cosa che non voglio giudicare.
Quali sono i primi passi da fare per vivere la nonviolenza?
Si comincia in casa. Quando Dio ha preparato la venuta di Gesù, non si è preoccupato delle condizioni materiali della sua nascita, che non sono state ideali, ma ha formato la sua famiglia, scegliendo Maria e Giuseppe per farlo crescere. La famiglia è il crogiuolo di un società di giustizia e di pace. L’85% delle persone che sono in prigione non ha avuto una vita di famiglia degna di questo nome. Restaurare la responsabilità genitoriale, con l’aiuto della famiglia allargata, è un modo di contribuire alla nonviolenza.
È anche un problema ecologico. “Tutto è legato”, come dice il papa in Laudato si’! Come si possono invitare le persone a rispettare la natura se non rispettate vostra moglie, i vostri figli, se non volete la loro felicità?
Non c’è ecologia senza rispetto della vita, se no è un’ipocrisia totale! La pace comincia col rispetto.
a cura di Clémence Houdaille, in “La Croix” del 30 dicembre 2016 (traduzione: www.finesettimana.org)