Molti anni fa Antonella Lumini ha sentito un richiamo che l’ha spinta su una via già percorsa da tanti eremiti prima di lei. Vive a Firenze, dove lavora part time presso la Biblioteca Nazionale Centrale, ma appena rientra nel suo appartamento, chiude la porta e si apre al silenzio. Lontana dall’idea di rifiutare il mondo, questa donna dall’aspetto fragile, tanto riservata, quanto disponibile all’ascolto e all’accoglienza, dosa con disciplina la connessione a internet e l’uso del telefono. Le parole che pronuncia sono un balsamo per l’anima di chi va a trovarla, uomini e donne che cercano di dare un senso alla propria esistenza. Paolo Rodari l’ha incontrata e ha frequentato la sua pustinia, il suo deserto privato. Colpito dalla dimensione mistica di Antonella, ha deciso di narrarci la sua storia.
 
Descrizione
Autore: A.Lumini- P.Rodari
Titolo: La custode del silenzio. «Io, Antonella, eremita di città»
Editore: Einaudi
Data: 23 agosto 2016
Costo: 12,75
ISBN-10: 8806223631
ISBN-13: 978-8806223632
 
I nuovi eremiti metropolitani
di Franca Giansoldati

Il silenzio, i nuovi eremiti, lo inseguono in città. Con la meditazione neutralizzano i rumori che ci sono ovunque, il fracasso sovrapposto e ininterrotto, di notte come di giorno, i clacson, le auto, lo sferragliare dei tram, il brusio della gente. Come gli antichi Padri, gli anacoreti metropolitani, riescono a fare breccia nella dimensione della purezza, del vuoto, della quiete spostando tutta la loro esistenza al primato assoluto di Dio. Da quando la Chiesa ha regolamentato la figura dell’eremita moderno – inserendola nel Codice di Diritto Canonico – si è registrata una progressiva crescita di persone dedite alla fuga mundi. Stile ascetico, meditazioni sulla Bibbia, digiuni, essenzialità. Le stime ecclesiali parlano di 250 persone (uomini e donne). Un numero per difetto perché oltre agli eremiti riconosciuti dai vescovi, ci sono quelli che restano liberi, slegati. Probabilmente sono più di un migliaio solo in Italia e 20 mila in Europa.
L’eremita è per sua natura collegato al deserto, dal greco eremìa. Ma più che un luogo geografico, si trasforma in una dimensione temporale che finisce per non avere dei limiti. Pregano, digiunano, vivono in solitudine, meditano in appartamenti disadorni, in periferia, in stanze che sono riempite solo dal senso della Parola e di Dio. Gente che affonda le proprie giornate nella quiete interiore. Spesso hanno rifiutato la vita religiosa perché soffocata da rigidità di tipo strutturale, da vincoli burocratici. La maggior parte degli eremiti metropolitani provengono da istituti religiosi, per altri si tratta di una scelta tardiva, lasciando alle spalle professioni e anni di studi. La casistica non è univoca. A Treviso, per esempio, qualche anno fa, ha fatto scalpore la scelta radicale di Giampaolo Tormena, che dopo avere fatto per decenni l’insegnante, a 69 anni ha optato per la vita eremitica. Frà Giampaolo.
La predicazione silenziosa è una chiamata al deserto, è la glorificazione della Croce, solo che gli anacoreti moderni invece che risiedere nel deserto, come nei primi secoli, o in una grotta, costruiscono una dimensione di solitudine nei loro appartamenti. Capita che lavorino per mantenersi, scegliendo naturalmente mestieri compatibili con le loro scelte. A volte ricevono pure piccoli sussidi dalla diocesi. In ogni caso vivono in penombra, cercando di non dare nell’occhio, meditando e raccogliendo attorno a sé persone che si uniscono a loro per meditare. L’unica cosa che evitano come la peste è fare notizia. A Roma, per esempio, vive una sola eremita di mezza età che abita in un piccolissimo appartamento sulla via Boccea. Lavora in casa, prega in casa, medita in casa, testimonia la Parola rispettando i voti monastici, pur non essendo monaca. La sua identità resta top secret e dal Vicariato non filtra altro. A Firenze, invece, c’è Antonella Lumini che ha affidato allo scrittore Paolo Rodari le chiavi per comprendere il fenomeno degli eremiti. Dalle loro conversazioni è nato un bellissimo libro, La custode del silenzio (Einaudi, 118 pagine, 15 euro). «Durante il silenzio mi è parso tutto chiaro. Ogni giorno posso scegliere se ascoltare cosa accade dentro di me oppure scaricare sugli altri la colpa di un mio stato d’animo, magari negativo. Se riesco ad ascoltarmi, riflettendo su quello che le situazioni esterne scatenano dentro di me, mi sento più in pace, in contatto con la verità di me stessa. Riesco a vedere in modo diverso, ad avere nuove reazioni. Comprendo come certe persone, pur provocando in me reazioni negative possono ugualmente divenire oggetto di amore. Così riesco a provare tenerezza, anche per coloro che magari mi fanno male. Riconosco che spesso tutto dipende da me e non da loro».
LA PARTENZA
Il viaggio solitario verso il silenzio per qualsiasi aspirante eremita inizia da un bisogno, la ricerca del silenzio. Ad un tratto la chiamata si è fa impellente. Antonella Lumini spiega che l’unica volontà necessaria è decidere di stare lì, in quel vuoto, a interrogare Dio, ad ascoltare il battito della creazione, non tanto come una forzatura, ma come necessità. «Stare lì e accettare di ascoltare quello struggimento interiore che non ascoltiamo mai. È seguire l’anelito più intimo dell’anima, vivo pulsante che chiama, anzi che grida perché non accolto».
Gli anacoreti moderni forse vivono fuori dal mondo ma non dal tempo, tanto che a volte fanno uso di Internet, si informano, rispondono alle mail, sono in contatto tra loro. A dispetto delle rinunce personali combattute tra tormenti e dolori antichi, il fenomeno sembra sia destinato ad aumentare. Le domande di senso trovano una collocazione concentrandosi sull’unica cosa per la quale vale la pena destinare energie: la vita eterna e un sereno approccio con la morte, al di là di ogni tabù. La solitudine si trasforma in metafora per un buon passaggio finale.
in “Il Messaggero” del 18 settembre 2016