Sembra non esserci più alcun dubbio: il 2016 è destinato a diventare l’anno più caldo di sempre. A confermarlo è l’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo), l’agenzia dell’Onu per la meteorologia che, in occasione della Conferenza sul clima Cop2 di Marrakech, ha dato qualche anticipazione del rapporto sul cambiamento climatico che sarà pubblicato all’inizio del 2017. Secondo la Wmo il 2016 batterà «molto probabilmente» il record di caldo registrato nel 2015. Le temperature di quest’anno, infatti, sono state superiori di 1,2 gradi rispetto ai livelli pre-industriali, pericolosamente vicine al limite massimo dei 2 gradi fissato dall’Accordo di Parigi. In particolare, da gennaio a settembre del 2016 le temperature sono state di 1,58 gradi sopra la media del periodo di riferimento 1961-1990.
LE REGIONI
«Un altro anno. Un altro record», commenta affranto il segretario generale della Wmo, Petteri Taalas. «In alcune zone della Russia Artica le temperature – continua – sono dai 6 ai 7 gradi sopra la media di lungo periodo. Molte altre regioni artiche e sub-artiche in Russia, Alaska e nel nordovest del Canada erano almeno 3 gradi sopra la media».
La colpa di questo pericoloso record è legata in parte a El Niño, il periodico riscaldamento del Pacifico sudorientale. «Le temperature hanno avuto un picco nei primi mesi dell’anno – scrive l’agenzia delle Nazioni Unite – a causa del potente evento El Niño del 2015-2016. Dati preliminari di ottobre mostrano che sono a un livello sufficientemente alto perché il 2016 rimanga negli annali con il titolo di anno più caldo. Questo significa che 16 dei 17 anni più caldi sono stati in questo secolo».
Ma se già il 2014 aveva battuto il record di anno più caldo della storia, per essere poi sorpassato subito dopo dal 2015, e se ora il 2016 minaccia di alzare ancora l’asticella per il terzo anno consecutivo, buona parte della responsabilità va al riscaldamento globale, dovuto ai gas serra prodotti dall’uomo.
«Le concentrazioni dei principali gas serra nell’atmosfera continuano ad aumentare fino a nuovi record», scrive la Wmo. Quest’anno il gas serra principale, l’anidride carbonica, ha raggiunto il valore medio di 400 parti per milione, una soglia che ci ricorda che le concentrazioni di CO2 nell’atmosfera sono aumentate di circa il 20% dagli anni Cinquanta. Non solo. «I ghiacci artici restano a livelli molto bassi – sottolinea l’agenzia Onu – e c’è stato un significativo e molto anticipato scioglimento della calotta ghiacciata della Groenlandia».
LE CONSEGUENZE
Quali sono e saranno le conseguenze del riscaldamento globale è difficile dirlo, anche se qualche effetto sembra già evidente. «A causa del cambiamento climatico, la frequenza e l’impatto di eventi estremi è aumentato», dice la Wmo, secondo la quale il riscaldamento indotto da fattori umani ha contribuito ad almeno la metà degli eventi climatici catastrofici degli ultimi anni.
Il riscaldamento globale porta desertificazione e siccità, ma al contempo aumenta l’evaporazione e la massa di vapore acqueo dell’atmosfera. Tempeste e uragani diventano più potenti e frequenti, con inondazioni e devastazioni sempre più pesanti.
«E’ evidente che siamo dentro a una dinamica di temperature sempre più alte – sottolinea Antonello Pasini, climatologo del Consiglio nazionale delle ricerche – che hanno iniziato a produrre una serie di eventi sul territorio a cui dobbiamo porre rimedio. Penso al cambiamento del regime delle piogge, o all’aumento degli eventi avversi, come per esempio il tornado alla periferia Nord di Roma, che saranno sempre più frequenti».
LE MIGRAZIONI
Per la Wmo siccità, alluvioni e innalzamento del livello del mare costringono anche i popoli a migrare o li spingono a combattere per risorse sempre più scarse. Ma se l’Onu disegna uno scenario futuro da incubo, un po’ di speranza arriva da una ricerca dell’Università dell’East Anglia e del Global Carbon Project: le emissioni globali di anidride carbonica, principale gas serra, nel 2016 rimarranno quasi stabili (+0,2 rispetto al 2015), per il terzo anno consecutivo. Nel 2015 non c’era stato aumento, nel 2014 era stato dello 0,7%. Merito soprattutto della Cina che consuma meno carbone e degli Stati Uniti che hanno tagliato le emissioni. Pechino ha ribadito che vuole continuare a lavorare per rispettare gli obiettivi di Parigi.
Resta da vedere cosa farà il presidente eletto Donald Trump, che vorrebbe invece uscire dall’Accordo di Parigi. «Quanto alle posizioni della delegazione degli Stati Uniti, credo sia ancora molto presto per registrare dei mutamenti nella loro politica e dei cambiamenti di indirizzo. Aspetteremo di vedere cosa accadrà nelle prossime occasioni», dice Antonio Navarra, scienziato e presidente del Centro Euromediterraneo per i cambiamenti climatici, il Cmcc.
Sarà l’anno più caldo della storia, di Valentina Arcovio, in “Il Messaggero” del 15 novembre 2016
 
 
La Terra brucia e non c’è muro che tenga
di Marica Di Pierri
Non vi è nulla di realmente nuovo o inatteso nell’allarme lanciato ieri sui tavoli della Cop22 dalla Wmo, l’Organizzazione metereologica mondiale. In un comunicato diffuso durante la giornata di apertura della 2a settimana di lavori a Marrakech, l’agenzia Onu ha confermato che il 2016 ha tutte le carte in regola per divenire l’anno più caldo di sempre. Si tratterebbe del terzo record di fila dopo i primati registrati dal 2014 e dal 2015.
Nello specifico l’aumento è di 0,88° in più rispetto al periodo 1961-90 e di ben 1,2 gradi in più rispetto all’epoca pre-industriale. Un aumento che rende sempre più vicina la soglia +1,5°, considerata da molti la soglia massima da non superare per garantire la sopravvivenza di ampie regioni del pianeta.
Il trend esponenziale delle temperature globali è confermato anche da un altro dato: 16 dei 17 anni più caldi sono stati registrati proprio nel XXI secolo. Aumentano inoltre gli eventi climatici estremi, inondazioni e ondate anomale di calore.
A ottobre la Wmo aveva diffuso altri dati riguardanti il raggiungimento delle 400 ppm (parti per milione) di Co2 in atmosfera. La novità rispetto al passato è che tale quantità non si registra più soltanto in alcune zone e per periodi particolari, ma a livello globale e lungo l’intero anno ed è destinata a non scendere per diverse generazioni.
Il segretario generale della Wmo Petteri Taalas ha aggiunto che in alcune regioni artiche della Russia si registrano temperature di 6-7 gradi superiori alla media, mentre sono salite di 3 gradi le temperature di altre regioni settentrionali, tra cui Alaska e Canada nordoccidentale. Il 21 luglio 2016 la società meteorologica Wunder Ground aveva diffuso il dato record registrato a Mitribah, in Kuwait: una temperatura di 54°. Se questi trend verranno confermati, il continente africano potrebbe letteralmente bruciare.
La desertificazione minaccia un quarto delle terre del pianeta e un miliardo di persone allocate in circa 110 paesi, ma è in Africa che si registra la situazione più drammatica. La siccità in Somalia ha portato a un +32% della popolazione malnutrita e a 431.000 rifugiati in Kenya, cui si uniscono i 300.000 profughi interni.
Secondo la Banca Mondiale, con un aumento delle temperature medie globali tra +1,5° e +2° tra il 40% e l’80% delle terre agricole dell’Africa subsahariana non sarà più adatto alle coltivazioni di mais, miglio e sorgo già tra il 2030 e il 2040. A causa delle minori rese agricole stima un aumento tra i 35 e i 122 milioni di persone in condizioni di povertà estrema.
Una delle conseguenze sociali più drammatiche connesse ai dati sopra elencati riguarda il crescente fenomeno delle migrazioni climatiche: nel 2015, su 27,8 milioni di sfollati interni, 14,7 milioni sono stati determinati da eventi climatici estremi. Il rapporto The Human Cost of Weather Related Disaster afferma che, negli ultimi 20 anni, i disastri naturali sono stati determinati per il 90% da eventi climatici estremi. Tra i paesi più colpiti anche Cina, Filippine, Indonesia e Usa.
Oltre ai rischi interni, gli Stati Uniti rischiano di dover affrontare l’aumento dei migranti provenienti dal Messico: secondo le stime saranno 900.000 le persone in più spinte ogni anno verso la frontiera dal deserto che avanza sul 60% del territorio messicano. La domanda è d’obbligo: Trump è davvero convinto di poter affrontare queste emergenze investendo con una mano nell’energia fossile e con l’altra edificando attorno al paese migliaia di km di muro di cinta?
* Associazione A Sud
in “il manifesto” del 15 novembre 2016