«La Chiesa ortodossa russa rimane attaccata alla sua dimensione imperiale e non asseconda quella missione universale sognata da Bartolomeo». Il professor Andrea Riccardi, storico della Chiesa e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, coltiva da decenni buoni rapporti con il mondo ortodosso. In questa intervista con Vatican Insider Riccardi commenta la decisione comunicata la sera del 13 giugno dal santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa , che ha chiesto un rinvio del concilio panortodosso in programma a Creta a partire dal 19 giugno. E in caso contrario ha fatto sapere che non parteciperà all’assise, allineandosi con le posizioni già espresse dalle Chiese ortodosse di Antiochia, Bulgaria e Georgia.
 
L’Intervista
Professore, che cosa rappresenta la decisione russa?
«Al momento, di fatto rappresenta il fallimento del progetto di un concilio panortodosso. È una decisione che esprime e fotografa la frammentazione degli ortodossi ristretti nei loro confini nazionali. Al contrario il grande sogno del patriarca ecumenico di Costantinopoli è sempre stato quello di portare l’ortodossia fuori dal tradizionalismo e dal nazionalismo, per dire e annunciare qualcosa al mondo. Sarebbe bastato che il concilio panortodosso si fosse celebrato, a prescindere dagli esiti, per rappresentare comunque un segno importante, per tutti i cristiani e per il mondo intero».
Che cosa sta facendo fallire questo progetto?
«Personalmente non credo che il fallimento sia interamente dovuto a una manovra dei russi. Credo piuttosto che alla fine la Chiesa di Mosca non si sia spesa per far andare a buon fine il progetto del concilio panortodosso. Mi spiego: una cosa è ipotizzare che le divisioni, i nuovi dubbi, le recriminazioni che hanno portato alcune Chiese ortodosse a chiedere il rinvio siano stati in qualche modo “provocati” dai russi. E questo non lo penso. Anche perché se avessero voluto davvero far fallire il concilio, ne avrebbero avuto la possibilità nella fase preparatoria. Un’altra cosa è invece constatare come, di fronte alle prime difficoltà e defezioni, la Chiesa ortodossa russa non abbia fatto nulla per impedirle o per risolverle. E questo è ciò che penso sia accaduto, anche a motivo di divisioni presenti nella stessa ortodossia russa».
In altre parole lei dice: non hanno agito per farlo fallire, ma non hanno fatto nulla per farlo riuscire…
«Esatto. Mosca ha scelto di lasciar correre, e così dimostra di non avere un grande interesse per il concilio. Dimostra di non sentire il bisogno di quella dimensione universale che Bartolomeo persegue, pur nella debolezza del patriarcato di Costantinopoli, una debolezza che rappresenta la sua forza. Bartolomeo vuole rilanciare la missione dell’ortodossia nel mondo, confrontandosi con i problemi del mondo e mostrando il volto di una Chiesa unita. I russi continuano invece a guardare ai confini “imperiali”, ai confini del loro grande Paese. Mentre le altre Chiese che all’ultimo momento hanno ritirato la loro partecipazione rischiano di diventare delle minoranze nazionaliste e tradizionaliste in Paesi in crisi demografica dove avanzano invece gruppi cristiani protestanti. Siamo di fronte a una grave crisi dell’ortodossia».
Che cosa accadrà ora?
«Bisogna attendere, valutare i prossimi passi e cosa verrà detto a partire dal 19 giugno, quando le dieci Chiese che hanno continuato ad aderire al progetto comune si riuniranno a Creta. Le domande sono tante. Che attrattiva può esercitare oggi la Chiesa ortodossa nel mondo moderno? Le Chiese ortodosse con una forte connotazione nazionale potranno continuare a sopravvivere come se la storia non esistesse?».
A. Tornielli,“Ecco perché la Chiesa russa non va al concilio di Creta”, La Stampa, 14/06/ 2016
 
Le vere ragioni del naufragio
di Alexei Tchoukhlov
Come previsto e temuto, il patriarcato di Mosca ha dato il colpo di grazia al Concilio panortodosso che si sarebbe dovuto aprire a Creta domenica 19 giugno, festa di Pentecoste nel calendario orientale.
La delegazione di Mosca, che rappresenta i due terzi degli ortodossi nel mondo, non ci andrà. E non ci andranno nemmeno i patriarcati di Antiochia, Bulgaria, Georgia. Se il Concilio si terrà, si ridurrà a un incontro interortodosso tra pochi.
Le ragioni del no di Mosca sono espresse in questo comunicato diffuso in inglese il 13 giugno al termine della riunione del santo sinodo:
> On the situation caused by the refusal…
Ma al di là delle dichiarazioni ufficiali, è utile anche cogliere il non detto. È ciò che aiuta a fare un ortodosso russo che ci ha inviato da Mosca queste sue considerazioni.
 
La colpa del naufragio del Concilio panortodosso non è tutta di Mosca, perché i motivi delle assenze delle varie Chiese sono tra loro differenti. Il patriarca Cirillo si è rivelato ancora una volta un buon politico. La Chiesa russa non andrà a Creta per ragioni non formali ma sostanziali: non ha bisogno di questo Concilio e non si aspetta nulla da esso. Ciò che Cirillo vorrebbe ottenere, la conferma dell’autorità di Mosca sulla Chiesa in Ucraina o la ratifica dell’autocefalia della Chiesa ortodossa in America, sa che a Creta non potrà ottenerlo, perché tutti i documenti del Concilio sono stati preparati in anticipo e di quelle cose non parlano, e tanto meno lo farà il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli.
La non partecipazione della Chiesa di Antiochia non ha niente a che vedere con il problema del Qatar, che non è che un pretesto formale. La ragione vera è l’agenda rigida e inappropriata, agli occhi di Antiochia, del Concilio. Quella di Antiochia è una Chiesa i cui fedeli vivono in maggioranza al di fuori del suo territorio canonico, con un gran numero di convertiti precedentemente non ortodossi, secondo solo al numero dei convertiti delle Chiese di tradizione russa. Ha inoltre una cultura aperta al dibattito, alla discussione, alla valorizzazione del ruolo dei laici, anche di certi uomini d’affari libanesi e siriani spesso molto ricchi. Antiochia voleva un Concilio vero: con innovazioni nelle norme del digiuno, del matrimonio, della scelta dei vescovi, della pratica dei sacramenti, un Concilio di “aggiornamento”.
Invece, tutti i documenti del Concilio sono stati preparati in anticipo e sull’essenziale non dicono nulla di significativo, perché il principale obiettivo del patriarca Bartolomeo era semplicemente di riunire il Concilio panortodosso sotto la sua presidenza.
Questa banalità dei documenti, preconfezionati e zeppi di luoghi comuni, riflette la deplorevole qualità del dibattito in seno al mondo ortodosso. A forza di voler controllare tutto si finisce col perdere il controllo e il Concilio smarrisce ogni interesse.
Il comunicato della Chiesa russa pubblicato il 13 giugno ha alla fine un punto molto interessante, il sesto. Dice che il futuro Concilio dovrà riunire non delle ristrette delegazioni ma tutti i vescovi delle Chiese ortodosse. Che sono quasi mille. Ciò vorrà dire che vi sarà certamente molto meno consenso e molto più rumore di discordia. Ma le Chiese che ora non vanno a Creta, cioè quelle di Antiochia, Georgia, Bulgaria e Russia, avranno in quel caso una larga maggioranza dei voti. Un documento sull’ecumenismo potrebbe passare, Mosca permettendo, ma anche delle decisioni non gradite a Bartolomeo potrebbero essere approvate.
Bartolomeo deve scegliere: o tener fermo il Concilio ma subire l’assenza dei rappresentanti della grandissima parte del mondo ortodosso, oppure rinviare il Concilio ad altra data, ma rischiare di non controllarne più la dinamica.
Io prevedo che Bartolomeo lo farà svolgere tra pochi giorni, come da programma. Dirà che tutto ciò che si doveva fare è stato fatto. Ma il Concilio riunirà solo il piccolo mondo dell’antico impero romano d’Oriente, con i romeni che si considerano appunto discendenti dei romani, mentre i “barbari” resteranno a casa loro.
Ma dove siano il Cristo e il Vangelo in tutto ciò è probabilmente la sola domanda giusta, a conclusione di questo spettacolo tristemente ridicolo.
di Sandro Magister, in  http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it