Nel secolo in cui l’impero bizantino è di fatto la più grande potenza mediterranea, la figura del patriarca Fozio (ca. 820-891) domina la scena della «seconda Roma», capitale dell’impero. Grande battistrada dell’umanesimo, grande teologo, due volte patriarca ecumenico, pugnace avversario delle aspirazioni romane al primato, è considerato dal mondo cattolico pur sempre come un avversario, mentre dal mondo ortodosso solo tardi fu assunto come santo. Il suo nome è legato, per gli studiosi della letteratura greca antica e protobizantina, all’imponente repertorio, definito sommariamente Biblioteca, che in 280 capitoli riassume, analizza, sottopone a critica e in larga parte trascrive varie centinaia di autori: profani e cristiani, molto spesso per noi altrimenti perduti. La Biblioteca non era certo destinata alla circolazione libraria: nacque come strumento di difesa della cerchia raccoltasi intorno al patriarca e variamente bersagliata dall’ala oltranzista della Chiesa d’Oriente. L’opera alla quale egli probabilmente intendeva legare il suo nome era semmai l’intensa pubblicistica teologica e dottrinaria che occupa quasi per intero un paio di tomi della Patrologia greca. In questo volume viene finalmente offerta ai lettori la prima traduzione italiana integrale della Biblioteca. Al tempo stesso un commento sistematico ed essenziale accompagna il lettore nella selva fittissima della erudizione racchiusa in questo autentico «tesoro», come i grandi umanisti amarono definire la Biblioteca foziana. A fronte figura il testo greco, migliorato rispetto all’unica moderna edizione circolante, quella della “Collection Budé”. Al termine, l’indice analitico di Immanuel Bekker fornisce al lettore una preziosa chiave per la consultazione.
 
Descrizione

Titolo Biblioteca
Autore Fozio
Prezzo              € 23,80
Dati 1992, 461 p.
Curatore Wilson N.
Traduttore Bevegni C.
Editore Adelphi  (collana Biblioteca Adelphi)

 
Fozio, primo monumento all’universo del Libro, 
di Orazio Licandro
Trentadue studiosi, un’introduzione, due densissimi saggi, traduzione con testo a fronte, note al testo e commento, indici, per 1.330 pagine di un volume di grande formato. Questi i numeri della sontuosa edizione della Biblioteca di Fozio, per i tipi delle Edizioni della Normale.
Il progetto diretto da Luciano Canfora e curato da Nunzio Bianchi e Claudio Schiano è un vero evento editoriale grazie al quale è stata “donata” alla comunità degli studiosi e al più vasto pubblico colto la prima vera edizione integrale di questo monumento all’universo del Libro.
Patriarca di Costantinopoli nel IX secolo d.C., Fozio è stato un personaggio forte e scomodo dei suoi tempi e di quelli successivi. Appartenente all’aristocrazia costantinopolitana, il padre uno spatario e la madre imparentata con la famiglia imperiale, Fozio ebbe una vita brillante e burrascosa. Dotato di un’eccellente formazione umanistica, coniugò l’insegnamento con la carriera ecclesiastica e persino con quella burocratica, giungendo a ricoprire la carica di protasecretis, cioè segretario della cancelleria imperiale. Lui e la sua famiglia furono avversari irriducibili degli iconoclasti, fatto che gli procurò il primo esilio. Divenuto patriarca nell’858, papa Niccolo I rifiutò di riconoscerlo e lo scomunicò per le sue posizioni sulla disputa dogmatica del Filioque nel l’863. Qualche anno dopo, correva l’867, ragioni di realpolitik costringevano l’imperatore Basilio I a pretenderne le dimissioni, nell’870 un canone dell’VIII concilio lo scomunicava. Riconquistato ancora una volta, dopo una lunga assenza, il patriarcato, lo tenne per un decennio circa (877-886), mentre nell’881 subiva una nuova scomunica ad opera di papa Giovanni VIII per la questione del primato della chiesa bulgara. Canfora ricostruisce cronologia, vicende e motivazioni alla base della Biblioteca con consueta, impressionante acribia, quasi fosse uno strumento d’acciaio e acuminato. Nel suo metodo d’indagine, Canfora scava incessantemente, e incide, e seziona i testi, rigo per rigo, lemma per lemma e i risultati sono sorprendenti. Sebbene l’anno della compilazione dell’opera, il cui nome tuttavia non risale a Fozio, sia incerto, sino a oggi si è creduto che essa fosse stata scritta e consegnata in dono al fratello Tarasio intorno all’855, alla vigilia della partenza per una difficile missione diplomatica di negoziazione di scambio di prigionieri di guerra con il califfato arabo in Assiria, e precisamente a Baghdad.
Ma Canfora, mettendo a nudo una serie impressionante di aporie, fa giustizia dell’ipotesi dell’ambasceria mai esistita, legando la lettera di Fozio a Tarasio, antiporta della Bibliotheca, a un fatto diverso e cronologicamente successivo, cioè a quella condanna pronunciata contro di lui dall’VIII concilio ecumenico del 869/870, a cui seguì la sua carcerazione.
Fu nel corso di questa vicenda quindi che Fozio, forse come forma di resistenza alla condanna e di attaccamento alla vita e al suo mondo di studi e di dispute teologiche, decise di intraprendere la redazione della Biblioteca e dei suoi schedaria. Fozio non possedeva soltanto una sconfinata erudizione, e non era neppure figura riducibile a un ossessivo bibliofilo (molti libri schedati erano di sua proprietà e provò gran sofferenza alla notizia del suo sequestro deciso dall’imperatore), egli era un uomo dei suoi tempi e i decenni che lo videro in azione furono segnati dalla sua impronta. Eppure anche da morto, Fozio continuò a turbare e a non aver pace. Se dopo la carcerazione in vita, in Occidente il suo nome suscitava esecrazione, non miglior sorte ebbe nell’infuocata temperie del tardo Cinquecento culminante nel Concilio di Trento. Fozio divenne addirittura il responsabile dello scisma greco. Fozio era un nemico, semplicemente uno dei nemici principali. E la sua Biblioteca censurata ed esecrata quanto il suo nome. Tuttavia, nel Seicento, si aprì uno squarcio con un’epitome latina redatta da un gesuita Juan de Mariana che però non vide la luce. Ma la tela era strappata, e presto una traduzione latina fu data alle stampe dal gesuita belga, amico di Mariana, André Schott che emancipò Fozio a beneficio di un pubblico vasto. Spesso si semplifica molto e si iscrive la Biblioteca nella storia dell’enciclopedismo moderno. E si sbaglia. Canfora ha avvertito di non semplificare eccessivamente e di non accomunare cose molto diverse e storicamente lontane. Mentre il secondo fu figlio dell’illuminismo e delle trasformazioni sociali politiche e sociali della borghesia Sette-Ottocentesca, la compilazione foziana si inscriveva nelle lotte per la supremazia politica e religiosa tra Oriente e Occidente. Mentre l’enciclopedismo francese vedeva la spinta genetica nella morente monarchia, la Biblioteca era un prodotto culturale di quell’impero romano, nel IX secolo, ancora indiscussa potenza nello scacchiere del Mediterraneo. A voler attribuire al patriarca un primato ante litteram, sarebbe più adeguato riconoscerlo come l’inventore del genere “scheda di lettura- recensione”. Fu Leibniz a proporne grosso modo l’analogia, e in effetti non c’è da dargli torto. Sono centinaia le opere lette e annotate, 279 per la precisione, e le schede, di lunghezza variabile, contengono descrizione ed estratti dell’opera trattata, suggestioni, rimandi e collegamenti con altri scritti, valutazione critica della stessa.
ANCHE semplicemente sfogliare questo volume provoca autentico godimento. Contribuisce pure la pregevole fattura libraria che ha naturalmente un valore in sé, ma soprattutto l’effetto principale è il rapimento che il lettore subisce. Travolti dalla vertigine provocata dalla sconfinata erudizione e dalla sapienza del patriarca, si precipita nei flutti dell’oceano scuro che ha inghiottito la gran parte del sapere antico fatto di autori e libri. E da questo oceano scuro,
E così Fozio guida il lettore, tra questi marosi, negli itinerari che lui, il lettore stesso, vuole intraprendere, scivolando veloce dalla filosofia alla matematica, dalla geografia alla storia, dalla medicina alla grammatica, da un sinodo a un pamphlet contro le eresie dilaganti. E, tra i flutti, il lettore potrà incappare in Giovanni Stobeo o nel commento al Cantico dei Cantici di Atanasio il Grande, o scorrere la scheda dedicata ad alcune declamazioni del raffinato imperatore Adriano e persino soffermarsi su quella sugli scritti perduti di Teofrasto di Ereso, allievo di Aristotele. Ho detto prima che Fozio ha diviso o, suo malgrado, è stato inteso come un elemento di divisione. Forse questa magnifica operazione scientifica ed editoriale potrà dare pace al patriarca nel segno del consenso unanime dell’antichistica e, più in generale, del mondo della cultura.
in “il Fatto Quotidiano”, del 29 agosto 2016