L’istruzione «Ad resurgendum cum Cristo», per risuscitare con Cristo, pubblicata oggi, è stata firmato lo scorso 15 agosto, solennità dell’Assunzione della Madonna in Cielo, dal cardinale prefetto dell’ex Santo Uffizio, il tedesco Gerhard Ludwig Mueller, e dal segretario, il gesuita spagnolo Luis Ladaria, ed è stata approvata dal Papa il 18 marzo scorso. È la prima istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede durante il pontificato di Francesco.
Il documento ricorda che sin dal 1963, con l’istruzione «Piam et constantem», l’allora Santo Uffizio stabilì che la cremazione non è «di per sé contraria alla religione cristiana», indicazione poi ripresa nel 1983 tanto dal Codice di Diritto canonico che dal Catechismo della Chiesa cattolica (la cremazione dei corpi è permessa «se attuata senza mettere in questione la fede nella risurrezione dei corpi»).
«Nel frattempo la prassi della cremazione si è notevolmente diffusa in non poche Nazioni, ma nel contempo si sono diffuse anche nuove idee in contrasto con la fede della Chiesa», spiega la Congregazione per la Dottrina della Fede, che ha pertanto «ritenuto opportuno la pubblicazione di una nuova Istruzione, allo scopo di ribadire le ragioni dottrinali e pastorali per la preferenza della sepoltura dei corpi e di emanare norme per quanto riguarda la conservazione delle ceneri nel caso della cremazione».
Seguendo «l’antichissima tradizione cristiana», l’istruzione «raccomanda insistentemente che i corpi dei defunti vengano seppelliti nel cimitero o in altro luogo sacro. Nel ricordo della morte, sepoltura e risurrezione del Signore, mistero alla luce del quale si manifesta il senso cristiano della morte, l’inumazione è innanzitutto la forma più idonea per esprimere la fede e la speranza nella risurrezione corporale».
Tuttavia, «laddove ragioni di tipo igienico, economico o sociale portino a scegliere la cremazione, scelta che non deve essere contraria alla volontà esplicita o – sottolinea l’Istruzione vaticana – ragionevolmente presunta del fedele defunto, la Chiesa non scorge ragioni dottrinali per impedire tale prassi, poiché la cremazione del cadavere non tocca l’anima e non impedisce all’onnipotenza divina di risuscitare il corpo e quindi non contiene l’oggettiva negazione della dottrina cristiana sull’immortalità dell’anima e la risurrezione dei corpi. La Chiesa continua a preferire la sepoltura dei corpi poiché con essa si mostra una maggiore stima verso i defunti; tuttavia – prosegue il provvedimento dottrinale – la cremazione non è vietata, “a meno che questa non sia stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana”».
In tal caso, «le ceneri del defunto devono essere conservate di regola in un luogo sacro, cioè nel cimitero o, se è il caso, in una chiesa o in un’area appositamente dedicata a tale scopo dalla competente autorità ecclesiastica» e, solo «in caso di circostanze gravi ed eccezionali, dipendenti da condizioni culturali di carattere locale, l’Ordinario, in accordo con la Conferenza Episcopale o il Sinodo dei Vescovi delle Chiese Orientali, può concedere il permesso per la conservazione delle ceneri nell’abitazione domestica».
Ma «per evitare ogni tipo di equivoco panteista, naturalista o nichilista, non sia permessa la dispersione delle ceneri nell’aria, in terra o in acqua o in altro modo oppure la conversione delle ceneri cremate in ricordi commemorativi, in pezzi di gioielleria o in altri oggetti, tenendo presente che per tali modi di procedere non possono essere addotte le ragioni igieniche, sociali o economiche che possono motivare la scelta della cremazione. Nel caso che il defunto avesse notoriamente disposto la cremazione e la dispersione in natura delle proprie ceneri per ragioni contrarie alla fede cristiana – conclude l’Istruzione – si devono negare le esequie, a norma del diritto».
Sulla conservazione, o dispersione, delle ceneri dei defunti, i differenti episcopati nazionali hanno preso, nel corso del tempo, posizioni diverse. Nel novembre 2009, per esempio, l’assemblea della Cei, dopo un vivace dibattito, aprì alla possibilità di spargere le ceneri, sebbene con una circonlocuzione, stabilendo, in una prima bozza del rito delle esequie, che «la memoria dei defunti attraverso la preghiera liturgica e personale e la familiarità con il camposanto costituiranno la strada per contrastare, con un’appropriata catechesi, la prassi di disperdere le ceneri o di conservarle al di fuori del cimitero o di un luogo sacro» e sottolineando che «ciò che sta a cuore ai vescovi è che non si attenui nei fedeli l’attesa della risurrezione dei corpi, temendo invece che la dispersione delle ceneri affievolisca la memoria dei defunti». Successivamente, però, la stessa Cei precisò, già nel 2012, che le ceneri non possono essere sparse né conservate in luogo diverso dal cimitero.
http://www.lastampa.it/2016/10/25/vaticaninsider/ita/vaticano/il-vaticano-non-permessa-la-dispersione-delle-ceneri-dei-defunti-rtRW59ngIpBtMCzq4rOjHP/pagina.html
 
 
Quattro italiani su dieci chiedono che siano disperse Nelle città caos sulle regole
di Cristina Nadotti
Per le associazioni che la promuovono è «una scelta di libertà », ma per chi deve poi garantirla ai suoi defunti diventa un’opzione spesso più cara e più complicata. Nonostante ciò, le linee guida del Vaticano servono a porre il dogma a guardia di un fenomeno in costante crescita in tutta Italia e a contrastare la deriva della trasformazione delle ceneri in diamanti o la creazione di altarini casalinghi. Al Nord, secondo il Registro italiano delle cremazioni, c’è un picco di richieste e a Milano circa l’80 per cento dei deceduti ha lasciato volontà in questo senso. «Le richieste stanno aumentando in maniera esponenziale anche al Sud — dice però Massimo Rizzardini, segretario nazionale dell’associazione senza scopo di lucro che promuove la cremazione — perché c’è stato un cambiamento culturale. È una scelta che rientra nell’ambito delle battaglie per i diritti civili, per l’autodeterminazione, riflette un diverso rapporto con la religione. E poiché, nel 40 per cento dei casi, chi sceglie la cremazione chiede anche che le ceneri siano disperse è un segnale forte di libertà».
I dati ufficiali dell’Istat si riferiscono al 2014 (quelli sul 2015 saranno disponibili a metà novembre) e confermano un aumento costante in tutta Italia delle cremazioni con un +6,5 per cento rispetto al 2013. In ambito nazionale le cremazioni sono il 20 per cento, con un totale di 117.956 su 598.364 decessi nel 2014. Lombardia (24,8 per cento, Piemonte (16,1 per cento) ed Emilia Romagna (13 per cento) sono le regioni dove è più diffusa, soprattutto perché sono più numerosi i Comuni capaci di mettere a disposizione le strutture adatte.
Lo scorso aprile, Rimini ha inaugurato un “tempio crematorio”, ma per una città che si mette al passo con le richieste dei cittadini ce ne sono molte che fanno i conti con impianti inadatti, vecchi e non sufficienti a soddisfare tutte le richieste. Massa e Perugia sono soltanto due tra le città che in questo periodo costringono i familiari a trasferimenti onerosi e sgradevoli delle salme per la cremazione. In alcuni Comuni manca anche un regolamento specifico per la dispersione delle ceneri, che per legge non può comunque avvenire in luoghi pubblici, ma alcune località famose e molto richieste come le Cinque Terre, in Liguria, hanno redatto norme molto rigide. Alghero, in Sardegna, offre anche un servizio con la Guardia costiera, ma soltanto dal primo ottobre al 31 maggio, per non intralciare l’attività dei militari in estate.
Secondo gli esperti del settore, la crisi ha contribuito a far crescere le cremazioni, perché si risparmia su loculi, tombe e lapidi, ma a Milano il prezzo calmierato dal Comune per un funerale è di circa 1.400 euro, mentre la spesa per la cremazione nei listini delle agenzie di pompe funebri si aggira sui 2.000. In ogni caso, i servizi comunali di cremazione costano circa 400-500 euro. Sempre che l’impianto sia disponibile.
in “la Repubblica” del 26 ottobre 2016
 
 
Il culto dei morti nel mondo protestante: parliamone
di Giuseppe Platone

Gesù gli disse: «Seguimi e lascia che i morti seppelliscano i loro morti» (Matteo 8, 22)
Si avvicina il giorno dedicato tradizionalmente alla commemorazione dei defunti; ed ecco che un amico di amici, dopo avere ammesso la sua scarsa conoscenza del mondo protestante, mi interpella incuriosito: ma voi valdesi, come vivete la commemorazione dei defunti? Io cerco di rispondergli in modo fraterno e chiaro:
«Nel nostro credo non esiste il culto dei morti. Ma, come tutti gli appartenenti alle chiese protestanti, anzi come tutti i cristiani, abbiamo una totale fiducia in Dio risorto in Cristo, vittorioso sulla morte. Il nostro rito funebre consiste nell’annuncio della Resurrezione ed è molto essenziale: durante il funerale si predica l’Evangelo, che è Parola di Dio, e non si fa nessuna esaltazione del defunto. La stessa sobrietà la si ritrova sulle nostre lapidi: nome e cognome, date di nascita e morte, al più un versetto biblico, a volte una foto».
E quindi, rispetto al rito cattolico, quali sono le principali differenze?
«Il nostro è un rito, per così dire, laico. Non abbiamo nulla di sacro. Solo Dio è sacro. A differenza di altre confessioni religiose, non concepiamo il cimitero come una “città dei morti”. Non distinguiamo tra terra consacrata e sconsacrata, tra comunicati e scomunicati…».
Ma allora, quali metodi di sepoltura seguite?
«Facciamo tutto quel che è previsto dalle regole cimiteriali. Ma non abbiamo la cultura della tomba ricca e sontuosa; e non usiamo portare fiori al cimitero. La tomba rimane solo un segno di memoria, semplice e misurato».
E della cremazione che cosa pensate?
«L’accettiamo pienamente. Nella cultura occidentale l’usanza della cremazione nasce proprio nei paesi a forte tradizione protestante».
Lo Stato ha saputo venire incontro alle vostre esigenze per gestire le esequie?
«Direi di sì. In quarant’anni di ministero non ho mai avuto problemi. Inoltre, abbiamo una concezione laica dello Stato: prima siamo cittadini, poi siamo credenti. Quindi rispettiamo i regolamenti cimiteriali statali».
Adesso veniamo al problema dei problemi: che accade dopo la morte?
«Non sappiamo esattamente cosa ci sia nel sonno della morte, evitiamo di perderci in ipotetiche descrizioni dell’aldilà. Crediamo che saremo in Dio. Il quale ha risposto al problema angoscioso della scomparsa attraverso la Resurrezione di Cristo. Preferiamo evitare ogni tipo di speculazione sul dopo morte. Ci occupiamo solo dell’aldiquà».
Ma ci sarà un giudizio universale?
«Immaginiamo che ci sia una valutazione della nostra vita da parte di Dio, ma siamo invitati a vivere non sotto la paura del giudizio, bensì nella prospettiva redentrice della grazia di Dio stesso: io posso sbagliare, posso commettere anche errori gravi, ma confesso il mio peccato al Signore, chiedendogli la forza di cambiare e cercando di riparare i danni da me causati, in un’ottica di riconciliazione».
Ciò significa che per voi valdesi o protestanti non c’è una divisione tra Inferno, Purgatorio e Paradiso?
«No, questa è una costruzione teologica in cui non ci riconosciamo. Siamo stimolati dall’Evangelo a esercitarci nell’amore verso il prossimo, non abbiamo timore del giudizio anche perché conosciamo bene il nostro Giudice, che è al tempo stesso il nostro Salvatore. Ma sappiamo di non poter “barare” con Dio. La fede caccia la paura; e non vive di tornaconto od opportunismi».
E allora che percorso seguono le anime per raggiungere l’aldilà?
«Ci pensa il Signore a indicare la strada. Gesù, la nostra guida, costantemente ci esorta a concentrarci su questa vita terrena. Be’ in quel giudizio poi ci saranno magari delle sorprese. Ma vedremo a suo tempo…».
Dunque non pregate per chi ci ha lasciato?
«Non abbiamo l’intercessione per i defunti. L’unico mediatore tra Dio e gli uomini è Cristo. Nessun evangelico prega per i morti; tantomeno chiede loro aiuto. I morti vivono nella nostra memoria e sono viventi in Cristo».
Ma almeno credete che ci sia un Regno dei Cieli?
«Il Regno dei Cieli è Cristo. Tutti quelli che muoiono sono affidati all’infinita misericordia di Dio. Siamo tutti sue creature, credenti e non credenti. Il nostro compito si ferma davanti alla tomba. Come ha detto Gesù: lascia che siano i morti a seppellire i morti, tu piuttosto seguimi!».
E i non credenti, in tutto ciò, che fine fanno?
«Dio in Cristo salva il mondo intero: non si preoccupa solo di chi appartiene alla sua chiesa. Credenti e non credenti, siamo tutti raccolti dalla sua mano, sia qui che nell’aldilà».
Quindi non fate funerali solo ai valdesi, ma anche a tutti quelli che ve lo chiedono?
«Ogni caso è a sé. Certo non siamo un’agenzia funebre a pagamento. Chi desidera per un congiunto un funerale evangelico chiede al ministro di culto, pastore o pastora che sia, di annunciare la parola di Dio ai vivi, indipendentemente dalla fede. Anche il funerale è per i vivi, non per i morti».
Dopo tanto ragionare sull’aldilà, possiamo arrivare a una parola conclusiva?
«Forse un consiglio finale potrebbe essere quello di non attardarsi in incerte raffigurazioni dell’aldilà. Ragionare troppo sul dopo morte rischia di farci arrivare in ritardo agli appuntamenti della vita. Immaginazioni, elucubrazioni sull’oltremondo possono diventare un alibi pericoloso per non metterci in gioco qui e ora. È Gesù stesso ad annunciarlo: il Signore lo incontriamo già su questa terra, fra i nostri fratelli e le nostre sorelle. Non c’è bisogno di aspettare la morte per conoscere il Regno di Dio…».
in “Riforma” – settimanale delle chiese evangeliche battiste, metodiste e valdesi – del 28 ottobre 2016