Riflessioni di Corrado e Michela, genitori del gruppo “Davide” per genitori cattolici con figli LGBT presentate al Convegno nazionale dell’ufficio famiglia della Conferenza Episcopale Italiana (Assisi, 11-13 novembre 2016)
“Caro padre per il Convegno nazionale dell’ufficio famiglia della Conferenza Episcopale Italiana “Vi occuperete di pastorale familiare” (Assisi, 11-13 novembre 2016).
Domande
Queste le domande:
1. quali parole importanti (poche) direste a genitori che si trovano di fronte al coming out del figlio/figlia?;
2. quale suggerimento dareste ai sacerdoti/pastori circa il bisogno di persone come voi? Queste le nostre riflessioni di genitori cattolici con un figlio omosessuale.
 
Risposte
 Prima domanda: Quali parole importanti ?

    • Per prima cosa dovremmo avere un sentimento di gratitudine perché nostro figlio/a si fida così tanto di noi da affidarsi a noi, da consegnarci la parte più intima di sé stesso: il suo cuore, pur sapendo bene che ci farà soffrire.
    • Dobbiamo essere consapevoli che nostro figlio/a ha sofferto e sta soffrendo per la ricerca del proprio “sé stesso”, della propria identità. Inoltre, in un’ottica di fede, sta soffrendo anche per unificare l’identità di “sé stesso omosessuale” con l’identità di “sé stesso credente”.
    • Nella nostra esperienza ci è stato richiesto innanzi tutto uno scatto, una crescita nel nostro reciproco rapporto sponsale, un tener fede alla promessa che ci siamo fatti di sostenerci l’un l’altro in ogni situazione della vita perché ogni nuova realtà dolorosa o difficile mette a dura prova questa promessa.
    • Abbiamo sofferto sentendoci talora genitori falliti, sapendo che si tratta di un progetto misterioso, difficile da decifrare, ben diverso da quanto avevamo pensato, anche per il timore che la società o la chiesa non sappiano accoglierlo e nostro figlio/a ne possa soffrire.
    • Tuttavia, passati attraverso la sofferenza e con la convinzione che comunque è un progetto d’amore per il bene nostro e di nostro figlio/a, abbiamo scoperto la gioia che deriva dall’accogliere tutto questo.
    • Questo perché chiedendoci: ”cosa vuoi Signore da noi?” e rispondendo a questa domanda, siamo diventati sposi migliori nonché genitori due volte.
    • Inoltre aprendoci ad altri genitori per accoglierli nel loro vissuti e accoglierci gli uni gli altri, siamo diventati genitori tre volte.
    • Per questo osiamo definirci “famiglie fortunate”.

 
Seconda domanda: Quali suggerimenti ai pastori ?

      • Che abbiano un atteggiamento generale ed esplicito di apertura e di accoglienza così che le famiglie che vivono al loro interno questa esperienza, possano rendersi visibili, abbiano il coraggio di farlo.
      • Che sappiano ascoltare, ascoltare, ascoltare.
      • Che non abbiano paura di iniziare percorsi nuovi, anche se è difficile, di pastorale.
      • Che siano inclusivi, sapendo accogliere ognuno nella propria bellezza e diversità, come dono prezioso unico e irripetibile dell’amore di Dio.
      • Che ricerchino 1 o 2 coppie di genitori che vogliono mettersi in gioco per iniziare un dialogo di ascolto, di confronto, di preghiera, aperto alle scoperte impensabili che lo Spirito sa donarci. I genitori sono una presenza fondamentale perché altri genitori possano sentirsi realmente capiti.
      • Che sappiano inserire questa pastorale, nella pastorale ordinaria della loro parrocchia.
      • Il tempo del nascondimento, il tempo dell’ombra, il tempo della vergogna è finito: chi siamo noi per giudicare chi cerca Dio con cuore sincero, nella condizione che gli è data? Chi siamo noi per impedire ad altri fratelli di vivere l’unica fede nel corpo unico che è la Chiesa?

in: Tre volte genitori. Quale pastorale per noi famiglie con figli LGBT, di Corrado e Michela, in “www.gionata.org” del 14 novembre 2016