Si è aperta oggi a Torino Terra Madre-Salone del Gusto, rassegna organizzata da Slow Food, Città di Torino e Regione Piemonte. Venerdì 23 ci sarà anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a celebrare la marcia dei delegati di Terra Madre nella cerimonia che si terrà al Carignano. L’evento si concluderà il 26 settembre.
“Questa è un’edizione straordinaria per tanti motivi – dice il segretario generale di Slow Food, Daniele Buttignol – si festeggiano due compleanni importanti, i 20 anni del Salone e i 30 della nostra associazione – e per la prima volta sarà un evento aperto a tutti. Abbiamo voluto dare un segnale forte e mettere al primo posto Terra Madre, con tutta la ricchezza dei suoi delegati di tutto il mondo a portarci temi di interesse generale, dalla biodiversità alla salute, dall’agricoltura sostenibile al diritto di tutti a un cibo di qualità”.
“Il messaggio ‘Volere bene alla terra’ – ha aggiunto Buttignol – verrà declinato in tanti modi, a partire dagli acquisti direttamente dal produttori, una scelta che ha una grande forza politica”.
 
MIGRAZIONI E IMPEGNO PER L’AFRICA
“Partiamo dall’Africa per dare un segno politico: le migrazioni ci accompagneranno ancora per tanti anni e, quindi, o l’Europa capisce che deve assolutamente essere al fianco di queste comunità non per carità pelosa, ma per restituire dopo che con il colonialismo e il neo colonialismo è stato depauperato un intero continente”. Lo ha il presidente internazionale di Slow Food, Carlo Petrini, all’inaugurazione di Terra Madre Salone del Gusto, messa in scena proprio nella parte del viale del Parco del Valentino di Torino destinato all’Africa.
“Dobbiamo essere al fianco dei migranti e delle comunità africane con una strategia di solidarietà in grado di generare un senso anche per la nostra Europa. Sarà importante – conclude Petrini – coniugare sicurezza e solidarietà ma senza fraternità non riusciremo a realizzare questo obiettivo”.
 
I BAMBINI
Sono i protagonisti del domani, quelli che dovranno “voler bene alla terra”. I bambini sono stati i primi ad arrivare al Parco del Valentino, a Torino, nel giorno inaugurale. Accompagnati dai loro maestri, hanno visitato la manifestazione di Slow Food toccando con mano i segreti del cibo.
Fra le attività che li ha visti impegnati, “Goccia a Goccia”, laboratorio di Slow Food Educazione alla scoperta dell’olio, dei suoi sapori e della sua qualità, che si è concluso con un vero plebiscito per l’extravergine. “Sui libri è tutto più noioso, mi piace di più imparare divertendomi e mi piace parlare di cibo perché è prezioso”, ha detto uno dei piccoli assaggiatori di olio, confidando di aver imparato l’importanza di assaggiare tutto e di variare l’alimentazione.
Si mette alla prova il naso anche nel laboratorio “I cinque sensi”, in scena a Xkè? Il laboratorio della curiosità, dove i bambini scoprono che il piccante non è un gusto ma una percezione sensoriale, che umami significa saporito, e che è proprio il gusto della salsa di soia. E poi inizia il gioco: riconoscere a occhi chiusi l’odore di una foglia di pomodoro, della cola o dell’anice stellato.
 
CINEMA A TAVOLA, DOCUMENTARIO DELLA RAI
“Così mangiavano – Gli italiani, la tavola, i film”, il documentario prodotto da Rai Movie per la regia di Giancarlo Rolandi, arriva in anteprima a Terra Madre Salone del Gusto. Sarà proiettato alla presenza del regista venerdì 23 settembre alle 15.15 nell’area istituzionale dell’Arsial e, su richiesta di Slow Food, domenica 25 settembre alle 20.00 nella serata presso la Mole Antonelliana. Su Rai Movie sarà invece proposto venerdì 30 settembre alle 22.40.
Il film-inchiesta usa le lenti del cinema per inquadrare e proiettare ricordi di piatti e di film che scorrono a comporre un percorso nel gusto e nella società, dal dopoguerra fino al trasferimento del cibo in televisione. Il cinema è un mondo traboccante di cibo: fotogrammi, sequenze, scene, interi film. Il cibo può essere uno spunto, un tema, uno sfondo, una comparsa o un protagonista assoluto.È la storia della rivoluzione sociale che trasforma radicalmente l’Italia, dell’abbandono della campagna per le città, della crescita dei modelli consumistici e dell’incredibile capacità della cucina italiana di rimanere vitale. Tutto ha inizio con una smisurata fame.
Spezzoni di film famosi, immagini di repertorio, citazioni del cinema italiano del passato, libri e immagini compongono un viaggio nel gusto del cinema italiano per raccontare il passaggio dalla fame alla sovrabbondanza, fino alla capacità di immaginare un futuro diverso per la produzione alimentare.
 
I NUMERI
Sul piano dei numeri l’edizione di Terra Madre-Salone del Gusto che si aprirà domani a Torino sarà la più ricca di sempre: oltre 1.000 espositori, 15 mila metri quadrati di stand allestiti nei viali del parco del Valentino e nel pieno centro della città, un migliaio di volontari all’opera, 7.000 delegati in rappresentanza delle comunità del cibo di 143 paesi di tutto il mondo, 935 eventi.
Quest’anno per la prima volta Terra Madre-Salone del Gusto sarà a ingresso gratuito – tranne che per alcune conferenze al Teatro Carignano – e all’aperto. Dai 220 mila visitatori dell’edizione 2014 – con biglietto d’ingresso intero a 20 euro, al polo fieristico del Lingotto – si passerà – secondo le attese degli organizzatori ad almeno mezzo milione di presenze.
http://www.avvenire.it/Cronaca/Pagine/salone-gusto-2016.aspx
 
 
«Con Terra Madre per cambiare il futuro del cibo»
intervista a Carlo Petrini

Si apre oggi a Torino il Salone del gusto, che completa la sua integrazione con Terra Madre: «Non è una kermesse sul mangia e bevi – puntualizza Carlo Petrini presidente di Slow Food e ideatore del Salone giunto alla ventesima edizione – La gioia del cibo c’è e ci deve essere, ma guai a limitare un movimento come questo solo al piacere alimentare. Non esiste il piacere alimentare senza conoscenza, informazione, presa di coscienza».
Partiamo allora da Terra Madre. Come possiamo definirla?
«È una rete internazionale di quelle che noi chiamiamo comunità del cibo: produttori distributori cuochi, contadini, pescatori, ma anche chi gestisce orti scolastici, ad esempio.
Sono coloro che attorno al cibo, attraverso la convivialità e la conoscenza, portano avanti rispetto per la natura e dignità dei lavoratori della terra.
Oggi si contano migliaia di comunità, presenti in 170 paesi nel mondo. Dal 2004 ogni due anni si ripete questo appuntamento che vede convergere su Torino 5-6 mila delegati per quattro giorni di discussioni, di riflessioni. Una manifestazione che serve anche a rafforzare la rete di amicizia e di solidarietà, i beni relazionali. Questa è la forza e la potenza di Terra Madre ».
«Volere bene alla terra» è il tema di questa edizione. Un modo poetico per richiamare gesti politici: quali?

«I comportamenti delle persone e delle realtà produttive. Il sistema globale, basato sull’agricoltura non sostenibile e sulla depredazione delle risorse, non funziona. Perché crea sofferenza non solo ai viventi, ma anche agli ecosistemi, li distrugge. Esempi: un miliardo di persone soffre malnutrizione e fame, è una vergogna che ancora oggi ci sia gente che muore di fame. E allo stesso tempo 2 miliardi di persone soffrono di malattie dovute a cattiva alimentazione o a iperalimentazione. Parlo di crescita esponenziale di diabete di tipo 2, o della crescita abnorme di celiaci, basta guardare all’Italia. Di questo parleremo a Torino, sono temi strettamente politici, se la politica non è parlare della vita quotidiana delle persone, è una politica che non mi interessa.
I contadini malpagati, le terre rese meno fertili: sono mille le questioni all’ordine del giorno che questa grande assise saprà interpretare nel dialogo, nel confronto tra tante situazioni diverse».
Chi sono i protagonisti?
«Arriveranno contadini dalla profonda Africa, ma anche i farmer della California, i pastori asiatici, gli indigeni dell’Amazzonia e i contadini delle Ande peruviane. Mondi diversi con obiettivi comuni: produzioni che non distruggano l’ambiente, condizioni degne per i lavoratori e anche gioia nella condivisione».

Negli ultimi anni pare sia cresciuta la sensibilità su questi temi. Solo parole o una reale presa di coscienza?

«Questa nuova consapevolezza è sotto gli occhi di tutti. E le giovani generazioni sono molto più sensibili, in fin dei conti si parla del loro il futuro.
C’è anche da dire che le tante malattie cui accennavo, legate anche al cibo non genuino, generano paura ed ecco che ci si informa di più, si vuole sapere come è stato fatto il prodotto, da dove arriva, cosa contiene. C’è richiesta di informazioni anche per poter influire sulle scelte di politica alimentare di industrie, realtà produttive, contadini».
Conoscere per poter cambiare il futuro del cibo anche con i consumi. Intanto però arriva la fusione di due giganti come Monsanto e Bayer: non ci si sente un po’ schiacciati?
«I piccoli gesti se sono molto diffusi diventano impressionanti. Sta crescendo, ad esempio, la sensibilità contro lo spreco alimentare: in breve tempo possiamo ridurlo moltissimo.
Occorre però coinvolgere le scuole, educare a non sprecare, farne un obiettivo politico. Non possiamo avere questa enorme quantità di cibo sprecato quando c’è chi soffre la fame, oltretutto con i costi di smaltimento che comporta. Questi non sono piccoli gesti, sono grandi gesti educativi.
Aggiungo che davanti alla concentrazione di potere Monsanto- Bayer che va dall’industria farmaceutica, ai fertilizzanti, alla proprietà delle sementi, bisogna a maggior ragione consolidare le reti tipo Terra Madre e delle piccole produzioni, coscienti che i piccoli produttori sono una potente moltitudine. L’80% della produzione alimentare è garantita da coltivatori e aziende di piccola scala, alcune a conduzione familiare. Certo non hanno la voce delle multinazionali né i loro immensi budget pubblicitari, ma non c’è ombra di dubbio che la realtà oggi è di questa moltitudine».
Eppure non si direbbe. L’impressione è che i rapporti di forza siano altri.
« C’è molto da fare infatti. La politica deve intercettare le istanze di questa moltitudine, deve capirle e farle proprie. Non si può rimanere indifferenti.
Il cibo e la sua produzione fanno parte della nostra storia, del nostro patrimonio. In Italia centinaia di stalle sono costrette a chiudere perché il prezzo del latte è fermo a 28 centesimi al litro. È chiaro che non ce la fanno e che questo sistema alimentare è da cambiare. Terra Madre e tante altre associazioni ambientaliste o contadine lavorano per invertire la tendenza, hanno un carattere fortemente politico e sono in grado di promuovere una capillare mobilitazione».
Queste esigenze cominciano ad essere rappresentate oppure c’è ancora distanza tra il paese reale e le decisioni che vengono prese in Europa o in Parlamento?
«Ci sono segnali positivi e negativi. Diciamo che si può far di più. Noi in questi quattro giorni faremo la nostra parte, faremo analisi e proposte, ospiteremo ministri e politici: l’importante è che la politica presti attenzione a questa umanità. E che lo facciano anche i media, che non sembri una kermesse del mangia e bevi: la gioia del cibo c’è e ci deve essere, ma guai a limitare un movimento come questo solo al piacere alimentare, non esiste il piacere alimentare senza conoscenza, informazione, presa di coscienza. Ci vuole equilibrio. Aggiungo che in Italia nel secondo dopoguerra il 50% della popolazione attiva era contadina, oggi siamo al 3% e più della metà ha più di 70 anni. È quindi necessaria un’alleanza tra produttori e cittadini: questi non possono essere solo consumatori passivi, devono diventare co-produttori, essere informati, sapere che con i loro comportamenti possono cambiare la realtà».
a cura di Felicia Masocco, in “l’Unità” del 22 settembre 2016
 
 
Africa, la nostra terra madre
di Carlo Petrini
Ha fatto molto discutere la netta presa di posizione di Matteo Renzi in seguito al vertice europeo di Bratislava della scorsa settimana, con le sue dure critiche nei confronti dello stallo politico sulla questione dei migranti e per la totale assenza, in quel consesso, di qualunque minimo riferimento al tema dell’Africa. Una mossa, questa del premier, da alcuni addirittura qualificata come arrogante ed esagerata, quasi da gradasso. Io penso invece che, mai come in questo momento e su questo tema specifico, la voce del nostro primo ministro doveva essere così chiara e così decisa, senza spazi per alcun accomodamento.
Un’Europa che non è in grado di prendere una posizione chiara e di perseguire una decisa politica di dialogo e collaborazione con il continente africano lasciando Grecia, Italia e gli altri paesi del confine meridionale in prima linea nella gestione dei flussi quasi fossero problemi nazionali, è il vero nodo politico di questo momento storico così complesso. Anche perché va detto che c’è poca informazione sulle dinamiche sociali e demografiche in atto in Africa, dinamiche che porteranno l’attuale miliardo di africani (corrispondente al 15% della popolazione mondiale) a divenire, secondo proiezioni statistiche condivise, 1,8 miliardi nel 2050 e corrispondere quindi al 25% della popolazione mondiale.
Se poi si osserva che l’Africa ha la popolazione più giovane del mondo, con due cittadini su tre che hanno meno di 25 anni, bisogna prendere atto che nei prossimi anni si affacceranno sul mercato del lavoro 15 milioni di giovani africani all’anno. Questi sono i fatti, e non c’è alcun dubbio che una politica miope da parte dell’Europa, che peraltro porta responsabilità storiche enormi nei confronti dello sviluppo africano (prime tra tutte colonialismo e neocolonialismo che per secoli hanno saccheggiato e sfruttato selvaggiamente le risorse di questo continente), porta e porterà sempre di più in futuro a pagare lo scotto di un esodo di proporzioni sempre maggiori. Questo perché non si può costringere milioni di giovani a restare in paesi senza prospettive e senza lavoro, specie quando questa situazione è creata da ingiustizie perpetrate negli anni proprio da quei paesi occidentali che oggi costruiscono muri, fatti di mattoni o di leggi che siano.
Non solo l’Europa dovrà trovare risposte adeguate, ma dovrà anche farlo in fretta.
Se da un lato la politica, come scriveva Ezio Mauro qualche giorno fa su questo stesso giornale, ha il compito ineludibile di affrontare i temi della sicurezza e della solidarietà, dall’altro lato si deve introdurre il tema della fraternità proprio in seno allo stesso dibattito pubblico. Non è poesia e nemmeno utopia ingenua, questa è realpolitik.
Nei giorni in cui a Torino si apre Terra Madre, la grande assise dei contadini del mondo, la centralità del continente africano e l’importanza, al suo interno, di un settore agricolo vitale che va dall’agricoltura di sussistenza fino alle grandi aziende agricole intensive, ci richiama a una riflessione su un processo di sostegno di economie locali che l’Europa, non per carità pelosa ma quasi per un dovere di responsabile “restituzione”, deve avere il coraggio di mettere in atto. Uno sforzo di cooperazione seria in questo senso può rappresentare una grande leva di cambiamento, un reale passo nella direzione dell’equità e della giustizia.
Davanti alla violenza delle guerre, del cambiamento climatico e all’arroganza del land grabbing, il ruolo di milioni di agricoltori di piccola scala che in Africa prendono in mano con responsabilità i destini delle comunità locali e di una sana economia territoriale è decisivo per offrire risposte serie, credibili e di ampio respiro. E su questo le istituzioni europee e nazionali non possono rimanere silenti e inattive, perché in questo processo si gioca anche il futuro del vecchio continente e dei suoi abitanti.
Se sicurezza e solidarietà sono i pilastri del mandato politico, questi non possono sussistere senza la fraternità a costituirne la base. Citando Edgar Morin “ho fede nell’amore, nella fraternità, nell’amicizia… Dobbiamo essere fratelli proprio perché siamo perduti”.
in “la Repubblica” del 22 settembre 2016