È veramente impossibile scrivere una storia di Gesù? La ricerca pare esserne convinta: i vangeli non sono libri storici e il Gesù dei vangeli è un personaggio senza tempo. Ma Gesù è un uomo storico, e di nessuna personalità storica si rinuncerebbe a priori a ricostruire la storia. Nelle pagine di Giorgio Jossa il Gesù che inizia il suo ministero pubblico come discepolo di Giovanni non è lo stesso che annuncia a pescatori e contadini della Galilea l’avvento imminente del regno di Dio, né questo Gesù è quello che minaccia il giudizio futuro alle autorità di Gerusalemme. In questo nuovo libro si espongono in modo chiaro alcune ipotesi fortemente innovative di lettura dei vangeli e si ripercorrono le tappe fondamentali della vicenda di Gesù, per giungere a un’immagine inedita e largamente convincente della sua figura.
Descrizione
Titolo: Voi chi dite che io sia?
Sottotitolo: Storia di un profeta ebreo di nome Gesù
Autore: Giorgio Jossa
Collana: Studi biblici, 195
Marchio: Paideia
Editore: Claudiana
Pagine 363 Anno: 2018
ISBN 9788839409232
Titolo: “La storia di Gesù riscritta da un grande storico. Non contro ma “accanto” al Gesù della fede”
In questo suo saggio, Jossa cerca di dare una risposta storicamente fondata alla domanda che Giovanni il Battista rivolse a Gesù: “Sei tu colui che viene o dobbiamo aspettarne un altro?” e che lo stesso Gesù pose ai discepoli: “Ma voi, chi dite che io sia?”.
La risposta che danno i Vangeli è quella della fede. Ma Jossa vuole rispondere, appunto, da storico. Ed è qui che egli si confronta con quel problema che Joseph Ratzinger, nella prefazione al suo libro “Gesù di Nazaret”, ha definito “drammatico”. Ed è lo strappo tra il “Gesù storico” e il “Cristo della fede”, strappo divenuto sempre più profondo nella mole di studi degli ultimi decenni.
Il profilo di Gesù che risulta da queste studi storici in effetti è “molto scarno” e persino “deludente”, fa notare Jossa. È impressionante, ad esempio, la distanza tra l’imponente vastità del “ripensamento del Gesù storico” nei cinque grossi volumi fin qui pubblicati da John P. Meier e l’esile ritratto di Gesù – ”Un ebreo marginale”, titolo dell’intera opera – che ne è il risultato. Da qui i recenti tentativi di alcuni studiosi credenti di dare maggiore consistenza storica al racconto dei Vangeli. Jossa cita tra questi il biblista inglese James D.G. Dunn e lo stesso Ratzinger. Ma confessa di non condividere la loro preoccupazione.
A giudizio di Jossa la diversità tra il Gesù storico e il Cristo dei Vangeli non è di per sé “drammatica” per la fede: “Ciò che dalla fede non può essere accettato, infatti, è soltanto che il Gesù storico, che è il tentativo legittimo di conoscere Gesù senza l’ausilio della fede, pretenda di essere il criterio di verità del Cristo della fede”.
Il Gesù storico – sostiene Jossa – non è antitetico al Cristo dei Vangeli. Piuttosto “si colloca prima e accanto al Cristo della fede, come una sua diversa interpretazione, non è una prova, ma è un segno, e un segno ambivalente, della sua identità messianica: una domanda inquietante che esige una risposta, che può essere di fede o di incredulità”.
È la stessa domanda inquietante che Gesù ha posto ai suoi discepoli e fa da titolo al libro, ma che prima ancora Giovanni il Battista aveva posto a Gesù. Al quale Gesù aveva così risposto: “Andate a riferire a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunziata la buona novella”.
Commenta Jossa:
“Gesù non afferma di essere il Messia. Né lo nega. Afferma invece che ci sono tutti i segni che secondo la profezia accompagnano la venuta del regno di Dio. Non prove, ma segni, e segni non evidenti, che devono essere interpretati. Sta a Giovanni decidere se egli sia il Messia, e non sappiamo se Giovanni lo abbia fatto”.
Ma la grande novità del saggio di Jossa non sta soltanto in questa ricomposizione del nesso tra il Gesù storico, “ebreo”, e il Gesù della fede, “cristiano”, ma anche in una nuova ricostruzione storica della vicenda pubblica di Gesù.
Rispetto alla quasi totalità degli studiosi che si sono cimentati prima di lui in questa impresa, ciascuno dei quali ha tratteggiato del Gesù storico un profilo fisso e unitario, di rivoluzionario antiromano o di mite moralista o di altro ancora, Jossa ha invece colto nella vita pubblica di Gesù uno sviluppo dinamico, una storia con delle svolte sostanziali.
E questo suo libro è un originale, documentatissimo e avvincente percorso alla scoperta di questa evoluzione terrena di Gesù, da una tappa all’altra, tra successi e fallimenti, fino all’epilogo del processo e della condanna.
Un libro tutto da leggere. E di cui questa sua pagina conclusiva è un assaggio, con le principali tappe della vicenda pubblica di Gesù ricostruite da Jossa con i criteri della storia e qui sintetizzate come in un indice.
(Dal capitolo finale: “Conclusione. Un profilo storico essenziale di Gesù”, pp. 332-333)
Gesù ha cominciato la sua missione pubblica come discepolo e collaboratore di Giovanni Battista in Giudea. Ne ha condiviso quindi inizialmente le posizioni escatologiche e apocalittiche sul giudizio imminente di Dio e la necessità della penitenza e del battesimo, e probabilmente anche l’attesa di una figura messianica incaricata del giudizio.
All’arresto di Giovanni, ma forse già prima, ha dato vita però in Galilea a un ministero autonomo molto diverso da quello del Battista, centrato sull’annuncio della venuta imminente del regno (terreno) di Dio e accompagnato da una intensa attività taumaturgica.
L’iniziale successo di questa attività lo ha convinto che la venuta del regno era realmente vicina e che la sua azione ne costituiva l’inizio misterioso.
Questo lo ha spinto ad assumere posizioni molto personali e radicali nei confronti della legge mosaica e a presentarsi come l’ultimo e decisivo inviato di Dio prima dell’avvento del suo regno.
Dopo circa un anno di predicazione in Galilea conclusasi con un sostanziale insuccesso, ha deciso quindi di andare a Gerusalemme a confrontarsi direttamente con le autorità giudaiche.
A Gerusalemme gli eventi sono però precipitati. Alle critiche religiose dei farisei si sono aggiunte quelle, ora anche politiche, dei sommi sacerdoti e Gesù ha compreso che l’avvento del regno di Dio non era così vicino come aveva sperato e che Dio voleva che prima egli passasse per la morte.
Ha ripreso perciò la predicazione del Battista sui giudizio e la conversione, col riferimento alla figura apocalittica del Figlio dell’uomo.
Nell’ultima cena tenuta con i discepoli la vigilia della pasqua ha riaffermato la sua fede nell’avvento del regno (celeste) di Dio e ha indicato nella nuova alleanza di Dio col suo popolo nel suo sangue il valore teologico della sua morte imminente.
E nel processo dinanzi al sinedrio giudaico ha parlato della sua venuta gloriosa come Figlio dell’uomo testimone decisivo nel giudizio di Dio.
tratto dalla rubrica Settimo Cielo di Sandro Magister su L’Espresso