Il “New York Times” ha parlato di “elegia monumentale”; il “Guardian” di un film “realizzato con amorevole precisione e cura ossessiva per il dettaglio”. Martin Scorsese, che centellina i film (l’ultimo, Silence, è del 2016; The Wolf of Wall Street è del 2013), crea soltanto grandi progetti di cinema-romanzo, poi si piazza sulla soglia come i giaguari.
The Irishman lo ipotizza dal 2007, attendeva i soldi, li ha munti da Netflix: 159 milioni di dollari per un feuilleton da 209 minuti. Scenografia risolta da un esperto come Steven Zaillian – Oscar per Schindler’s List, ha scritto Risvegli e The Interpreter, per Scorsese ha elaborato Gangs of New York – in scena l’attore-feticcio di Scorsese, Robert De Niro, finalmente grande dopo troppi film non all’altezza, e Al Pacino (anche lui perso in una filmografia liminale, sostanzialmente inutile). Il primo è ‘The Irishman’, l’altro Hoffa.
“Il vero asso, però, è il quieto, elettrificante Joe Pesci, che torna al cinema da cui è assente dal 2010 con un personaggio drammatico, razionale, perfetto”, scrive Benjamin Lee. Su tutto, soprattutto, il morbo del rammarico, “la patetica vacuità del crimine, di uomini che confondono le priorità della vita per accorgersene troppo tardi… la violenza non è glamour, qui, ma tragica, esemplificata da antieroi che si caricano sulle spalle i propri relitti”.
 
“THE IRISHMAN”: L’ultimo film di Martin Scorsese
Peter Bradshawhttp
Il miglior film. Martin Scorsese torna con il suo miglior film dall’epoca di Quei bravi ragazzi, uno dei suoi miglior film di sempre. Girato in modo superbo, un thriller epico, che si concentra su violenza, tradimento, disonestà, fallimento, interpretato con grandezza elettrizzante da Robert De Niro, Joe Pesci e Al Pacino, ambientato in un periodo in cui la “mascolinità tossica” non era ancora stata diagnosticata ma se ne vivono i sintomi.
De Niro braccato dal suo fantasma digitale. La tecnologia hi-tech che garantisce una nuova giovinezza a De Niro è incredibile. Gli occhi di De Niro acquisiscono un bagliore lugubre, come se fosse visitato dal fantasma digitale del suo passato.
Esplosioni di violenza, coreografica catastrofe. Uomini che conducono i loro affari rosi da frammenti di dolore, scrollate di spalle, bestemmie in direzione di chi ha fatto fortuna, di chi non ha portato rispetto, di chi dovrà essere eliminato per raddrizzare tutto. Incontri solennemente euforici in una luce soffusa, e poi periodiche esplosioni di violenza, scene oniriche di coreografica catastrofe, punteggiata da colpi di pistola e rombo di jukbox. Una nuova risonanza è data alla cospirazione politica, alla malafede.
Dipingi la casa. Di sangue. “Dipingi la casa”: gergo mafioso per dire: dipingi la casa del nemico di sangue. Una frase che avrà un orribile significato per Jimmy Hoffa.
L’invernale brillantezza di De Niro. Nel cast, Scorsese ha riunito il trio galattico, tre superstar che ci deliziano con un repertorio di performance d’invernale brillantezza, in perenne ebollizione nostalgica. Tra i tre, Robert De Niro è quello più fermo, indifferente: è il veterano della Seconda guerra Frank Sheeran, la cui esperienza militare lo ha reso facile all’assassinio, gli ha insegnato l’etica di obbedire agli ordini; è uno che uccide i prigionieri a sangue freddo.
“Quei bravi ragazzi” al tramonto. I legami con Quei bravi ragazzi sono evidenti, ma con una nota diversa: questi gangster sono più vecchi, più logori. In poche parole, non si divertono come fanno in Quei bravi ragazzi.
Dare valore alla devastazione dello spirito. Nessuno tranne Scorsese e questo cast pieno di gloria avrebbe potuto creare un film così irresistibile, persuadendoci che quei topos, quelle immagini, quell’immaginario sia ancora autentico. Abbiamo molti motivi per essere stanchi della politica e della corruzione, ma Scorsese centra il punto focale, dà valore alla devastazione spirituale, alla colpa di Frank Sheeran. Un uomo che da tempo ha amputato la sua capacità di provare rimorso ora, improvvisamente, non sa più scendere a patti con le proprie emozioni.
in: //www.pangea.news/the-irishman-scorsese-recensione/