Padre Natale ci racconti la sua esperienza umana e professionale e come sia nato il suo interesse per il Coaching.

Sono un monaco benedettino camaldolese che vive all’Eremo di Monte Giove (Fano – PU) dal 2007
Di formazione umanistica, sono entrato in monastero nel 1996 e dopo aver conseguito la licenza in Teologia presso il Pontificio Istituto Sant’Anselmo a Roma, per completare la mia formazione ho trascorso un anno in California e ho lavorato come impiegato in un’azienda veronese (dal 2004 al 2006). Durante quella esperienza ho incontrato il mondo della formazione aziendale e me ne sono appassionato.

Svolgendo questo lavoro di monaco-formatore, ho poi incontrato il Coaching e trovandolo uno strumento molto utile, mi sono diplomato presso la Scuola INCOACHING (Senigallia – AN), della quale uno dei due fondatori è Alessandro Pannitti, coautore del libro.
Il libro, Spiritualità cristiana e Coaching. La relazione facilitante di Gesù (La Parola edizioni), vuole essere una riflessione su quanto la dimensione spirituale possa aiutare le persone a rispondere alla propria vocazione e quanto il metodo del Coaching possa essere uno strumento utile per tutto ciò.
Mentre effettuavo una ricerca sul tema delle relazioni mi è saltato all’occhio il titolo del vostro libro che associa la prospettiva cristiana all’esperienza del Coaching. Partiamo con ordine per diradare la nebbia che potrebbe confondere i nostri lettori, essendo il titolo del testo provocatorio e allo stesso tempo intrigante.

Spiritualità cristiana e Coaching

Spiritualità cristiana e Coaching

L’intervista

In sintesi che cosa è il Coaching? Quale è la sua origine? Che cosa rappresenta il Coaching oggi?

Il Coaching è un metodo per accompagnare le persone che ha origine negli Stati Uniti grazie alle intuizioni di Timothy Gallwey (The Inner Game of Tennis – 1974), allenatore di Tennis, il quale aveva sviluppato un approccio innovativo per aiutare le persone a migliorare le prestazioni a partire dal loro “apprendimento naturale”.
Dal mondo sportivo poi, lo stesso approccio è stato introdotto nel business (John Whitmore – Coaching for Performance – 1992) per cercar di aiutare leader e manager a sviluppare le proprie competenze trasversali per agire in modo più efficace. Negli ultimi anni, infine, il Coaching ha allargato i propri orizzonti anche al Life Coaching.

Spesso il Coaching è confuso con percorsi motivazionali o con personaggi che da un palcoscenico “aizzano” folle di persone. Dal 2015, in Italia, il Coaching è una professione normata da una Legge e quindi sono richieste alcune condizioni per poter esercitare tale professione.
Chiariamo cosa non è il Coaching:
Non è un percorso terapeutico/psicologico, non è mentoring, non è Counseling e non è nemmeno un percorso di Direzione Spirituale caro alla tradizione cristiana. Tutti questi strumenti sono validi e ognuno ha la propria specificità. La specificità del Coaching è data, sintetizzando al massimo, dall’essere una relazione maieutica che aiuta le persone a porsi le domande giuste per poi trovare le risposte. Il Coach non giudica, non suggerisce, non consiglia; stimola la persona soprattutto attraverso domande e restituzioni.

A questo punto sorge spontaneo chiederle come sia possibile associare l’esperienza del Coaching alla spiritualità cristiana. Cosa hanno in comune e in cosa si differenziano queste due realtà apparentemente molto differenti? Come possono dialogare due esperienze così distanti tra loro a livello temporale? 

Ritengo che il Coaching sia uno strumento utile per accompagnare persone che desiderano mettersi in gioco in prima persona. Anche chi vuole fare un cammino spirituale lo deve fare.
In comune hanno il tema della ricerca, del fatto che ogni persona, essendo creata a immagine di Dio, ha in sé delle potenzialità enormi che devono essere espresse, tirate fuori (come già insegnava Socrate con la maieutica).

Il Coaching è un cammino che deve nasce in libertà (nessuno lo deve fare perché costretto o se non è convinto) e porta a maggiore libertà. Credo che anche il cammino spirituale sia un percorso libero e liberante. Una differenza, forse l’unica che trovo, è data dal fatto che il Coaching punta molto sulla persona in sé; nella dimensione spirituale invece sono in gioco due libertà: quella della persona e quella dello Spirito. Il Coaching, in un cammino spirituale, aiuta quindi a preparare il terreno affinché lo Spirito possa agire.

Alla figura di Gesù sono stati associati attributi diversi, come ben spiegato nel libro. In che senso possiamo considerare l’uomo Gesù come Life coach ante litteramsenza essere irrispettosi?

Gesù è stato una persona che ha aiutato chi incontrava a conoscere se stesso, crescere, dare il meglio di sé liberamente. Tutto molto in sintonia con il Coaching.

Nel sottotitolo si fa riferimento al tema della relazione, questione tornata oggi alla ribalta nel mondo della scuola, a causa dei drammatici fatti di cronaca che hanno animato il dibattito pubblico: i femminicidi. Cosa si intende per relazione facilitante di Gesù? Il mondo moderno ha ancora bisogno di questo tipo di facilitazione in una realtà sempre più scettica nei confronti della fede?

Credo che sia utile riscoprire la spiritualità non come un luogo dove trovare risposte, ma dove iniziare a farsi le domande giuste. Gesù non è la risposta, ma è la domanda, è colui che ci interroga e provoca. Sta poi a noi, insieme ad altre persone (comunità), trovare le risposte; ed è per questo che sono necessarie relazioni positive facilitanti e felicitanti.
L’altro non è ostacolo alla mia felicità, ma è condizione necessaria. Dio non salva individui o singoli, salva sempre un popolo.

L’ipotetica alleanza tra Spiritualità cristiana e Coaching, proposta nel testo, come può divenire una risorsa in grado di promuovere relazioni sane e costruttive, nell’ambito della scuola e in particolare durante l’ora di Religione, per rispondere al dramma sociale della solitudine e delle relazioni tossiche? Quali scenari si possono aprire e quali contributi può offrire l’insegnante di religione sul tema della relazione?

Credo che il Coaching possa essere uno strumento efficace, per esempio, per aiutare i ragazzi/e ad orientarsi verso una formazione più allineata alla propria vocazione (al di là dei possibili sbocchi lavorativi).
Per quanto riguarda la dimensione cristiana, ricordo che il Catechismo della Chiesa Cattolica così dice: n.1803 «Tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri» (Fil 4,8).
La virtù è una disposizione abituale e ferma a fare il bene. Essa consente alla persona, non soltanto di compiere atti buoni, ma di dare il meglio di sé. Con tutte le proprie energie sensibili e spirituali la persona virtuosa tende verso il bene; lo ricerca e lo sceglie in azioni concrete: «Il fine di una vita virtuosa consiste nel divenire simili a Dio».

Quanto educhiamo le nuove generazioni a riconoscere le proprie energie sensibili e spirituali da mettere al servizio del Bene?
Il Coaching è uno degli strumenti che abbiamo a disposizione per farlo.

Luciano Ronconi