Santa Sofia è stata la più grande e significativa cattedrale della cristianità: cattolica di rito bizantino e poi ortodossa, per un breve periodo (tra il 1204 e il 1261) cattedrale cattolica di rito romano,  nel 1453, con la presa di Costantinopoli da parte delle truppe ottomane diventò una moschea,  trasformata in museo nel 1934 dal padre della Turchia moderna, Mustafa Kemal Ataturk, nel 2020 ritorna ufficialmente e definitivamente al culto islamico. E’ stato questo il destino di molti altre chiese cristiane o templi di altre religioni distrutti o trasformati in moschee in questi ultimi mille anni.
Certo non tutto l’Islam è così, ma questa contraddizione con la tolleranza e il rispetto delle altre religioni è iscritta nell’anima profonda dell’islam e rimane ancora irrisolta. Questo sostenne Benedetto XVI nella sua lectio magistralis:  «Fede, ragione e università – Ricordi e riflessioni», tenuta nel 2006 all’università di Regensburg (Ratisbona) durante il suo viaggio apostolico in Baviera. Il Pontefice toccò i temi del rapporto tra il cristianesimo e l’islam, citando un teologo e la sua analisi di un dialogo tra un dignitario persiano e l’imperatore bizantino del XII-XIII secolo, e parlò dell’«irrazionalità» della guerra di religione propugnata da Maometto. La lezione scatenò dure polemiche ma aprì uno squarcio sulla natura dei rapporti tra le due religioni e sulla vera essenza del Corano. E come dimenticare le perplessità di Benedetto XVI sull’ingresso della Turchia in Europa.
Chi aveva ragione?
 
 
Santa Sofia da basilica a moschea
Oggi i secolari affreschi cristiani saranno coperti e nell’ormai ex basilica di Santa Sofia verrà officiata la prima preghiera islamica da 85 anni. Dopo la contestata conversione da museo in moschea voluta da Recep Tayyip Erdogan, sarà una cerimonia solenne, tra imponenti misure di sicurezza, con il dispiegamento di 17 mila agenti delle forze di sicurezza. Ci sarà il presidente turco, che nei giorni scorsi ha parlato di quello che considera un “sogno d’infanzia diventato realtà”.
Santa Sofia, patrimonio dell’Unesco, ha accolto lo scorso anno 3,7 milioni di visitatori ed Erdogan, che nelle scorse ore vi si è recato in visita a sorpresa per un sopralluogo, ha promesso di lasciarla aperta a “tutti”. Santa Sofia è stata basilica cristiana per 916 anni, per poi diventare moschea in seguito alla conquista di Costantinopoli da parte delle truppe ottomane nel 1453, prima di essere convertita in museo tra il 1934 e il 1935 per volere del padre della repubblica turca, Mustafa Kemal Ataturk.
 
3 imam e 5 muezzin
Per Santa Sofia sono stati scelti tre imam e cinque muezzin e per il giorno dell’inaugurazione, oltre ai fedeli ammessi all’interno, circa un migliaio, sono state allestite all’esterno aree dedicate per uomini e donne che vogliono partecipare al rito. Coperte le icone cristiane all’interno del sito, le autorità hanno raccomandato a tutti di indossare la mascherina e hanno chiesto “pazienza”. Fedeli, comuni cittadini, hanno iniziato a riversarsi nell’area per un evento che si preannuncia di difficile gestione, considerando che l’emergenza Coronavirus in Turchia non è ancora finita. Evento principale la preghiera delle 14,16 ora italiana. Atteso, oltre al presidente Recep Tayyip Erdogan e membri del governo, capi di stato di Azerbaijan e Qatar.
 
Le tappe
La conversione in moschea come atto geopolitico e segnale interno del “sultano” Erdogan ha scatenato polemiche in tutto il mondo e provocando il “profondo dolore” di Papa Francesco. La sua imponente struttura centrale mantiene l’impianto originale del 537, anno in cui fu edificata per volere dell’imperatore Giustiniano e della moglie Teodora che desideravano farne la più grande chiesa del mondo. Nel 1453, con la presa di Costantinopoli da parte delle truppe ottomane guidate dal sultano Mehmet “il conquistatore”, l’Impero romano d’Oriente giunse alla fine e Santa Sofia diventò una moschea, con l’aggiunta dei 4 minareti e con alcuni cambiamenti realizzati dal grande architetto ottomano Sinan. Il sultano Mehmet ordinò di preservare i preziosi mosaici, coprendoli invece di distruggerli.
 
Agenda politica
Il ritorno di Santa Sofia allo status di moschea è entrato nell’agenda politica turca in modo prepotente dopo le settimane di polemiche con la Grecia, che ha attaccato duramente Ankara per la preghiera islamica recitata lo scorso 29 maggio, quando alcuni dei vertici politici e religiosi turchi hanno pregato all’interno della struttura (Erdogan era collegato in video) per celebrare la conquista di quella che diverrà la capitale dell’impero ottomano nei seguenti cinque secoli: Costantinopoli, poi divenuta Istanbul, per tutto il mondo, tranne per la Grecia, che ancora chiama con il vecchio nome la metropoli sul Bosforo. Le vibranti proteste seguite il 29 maggio hanno scatenato la reazione a catena culminata con la decisione odierna del Consiglio di Stato. I media internazionali concordano: quella a cui il mondo assisterà oggi è sì una cerimonia religiosa, ma in qualche modo anche una cerimonia di Stato. Proprio quel che vuole Recep Tayyip Erdogan.

 
Luogo simbolo
Santa Sofia è stata la più grande e significativa cattedrale della cristianità: cattolica di rito bizantino e poi ortodossa, sede del Patriarcato di Costantinopoli, a eccezione di un breve periodo tra il 1204 e il 1261 quando fu convertito dai crociati sotto l’Impero latino di Costantinopoli a cattedrale cattolica di rito romano. Fu nel 1934 che il padre della Turchia moderna, Mustafa Kemal Ataturk, nel suo fermo processo di “secolarizzazione” del Paese decise la sua trasformazione in museo. Ora, con la preghiera del venerdì, il ritorno ufficiale e definitivo al culto islamico, sotto lo sguardo vigile del presidente Erdogan, apparentemente intento a compiere il percorso inverso a quello di Ataturk 86 anni fa.
 
Il gesto ecumenico del Papa 
Ecco il perché del “profondo dolore” di Papa Bergoglio, rivolto alla Turchia. Un modo esplicito per far capire quanto il gesto fortemente voluto da Erdogan segni una nuova cesura tra due mondi e due continenti. Non a caso il 30 novembre 2014 Papa Francesco aveva scritto sul libro d’oro delle visite di Santa Sofia, che “ogni sapienza viene dal Signore”. Aveva scelto di lasciar traccia in greco, nei documenti ufficiali di Hagia Sophia: nella lingua degli antichi costruttori della basilica, a significare la particolare affezione delle chiese per quel monumento, laico fino ad oggi, che segna l’unione  tra Oriente e Occidente.
Giacomo Galeazzi, La Stampa, 24 Luglio 2020