Da tempo un documento pontificio non sollevava polemiche come è avvenuto con Amoris laetitia, soprattutto per quanto riguarda l’ammissione all’Eucaristia dei divorziati risposati. Il cardinale Gerhard Ludwig Müller, prefetto emerito della Congregazione per la dottrina della fede, offre un’interpretazione di Amoris laetitia in piena continuità del magistero di Paolo VI, di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, mentre Rocco Buttiglione risponde amichevolmente alle critiche sollevate da teologi e pastori sui punti più controversi dell’esortazione apostolica. Questo libro è un contributio autorevole alla serenità delle discussioni e all’unità della Chiesa.
 
Descrizione
Autore: Buttiglione Rocco
Titolo: Risposte (amichevoli) ai critici di Amoris laetitia
Prezzo: 14,00 €
ISBN: 978-88-8155-746-2
Anno: 2017
Pagine: 240
 
 
Sacramenti agli “irregolariˮ, ecco che cos’è tradizionale
Andrea Tornielli
L’ampio saggio scritto dal cardinale Gerhard Ludwig Müller come prefazione al libro che raccoglie gli articoli e le riflessioni del professor Rocco Buttiglione sull’esortazione Amoris laetitia (edizioni Ares, in libreria dal 10 novembre 2017) segna un passo importante nella discussione non sempre pacata che è seguita alla pubblicazione del documento papale. Come si legge nel lungo estratto anticipato da Vatican Insider, il porporato tedesco prende decisamente le distanze dai contenuti della Correctio filialis che attribuisce al Pontefice presunte “eresieˮ e risponde di fatto anche ai cinque dubia resi pubblici dai quattro cardinali un anno fa.
Innanzitutto, Müller ritiene che Buttiglione, «da autentico cattolico di provata competenza nel campo della teologia morale», abbia offerto con i suoi recenti articoli e saggi «una risposta chiara e convincente» in merito ad alcuni passaggi del capitolo ottavo di Amoris laetitia. Le parole che seguono sono ancora più impegnative: «Sulla base dei criteri classici della teologia cattolica egli offre una risposta argomentata e non polemica ai cinque dubia dei cardinali» e mostra che i rimproveri di quanti affermano che il Papa non presenti in modo corretto la dottrina non corrispondono alla realtà dei fatti.
Il cardinale ribadisce che esistono «diversi livelli di gravità a secondo del tipo di peccato». Non sempre – aggiungiamo noi – questa consapevolezza appare diffusa in chi si è dedicato a fare gli esami di dottrina al Papa: basti pensare, ad esempio, a quei peccati, citati nel Catechismo di san Pio X, che «gridano vendetta al cospetto di Dio» (nel nuovo Catechismo della Chiesa cattolica si dice che «gridano verso il cielo») e sono: l’«omicidio volontario»; il «peccato impuro contro l’ordine della natura»; l’«oppressione dei poveri» e il «fraudare la mercede agli operai» (o in termini più moderni «l’ingiustizia verso il salariato»). Müller ci ricorda, come utile ammonimento nei confronti di coloro che appaiono “monomaniaciˮ rispetto ai peccati legati alla sfera sessuale (e basta navigare su certi siti per rendersene conto), che «i peccati dello spirito possono essere più gravi dei peccati della carne. L’orgoglio spirituale e l’avarizia introducono nella vita religiosa e morale un disordine più profondo che non l’impurità derivante dalla debolezza umana». Allo stesso modo, con abbondanza di citazioni di san Tommaso, afferma che «l’adulterio fra sposati pesa di più di quello con non sposati e l’adulterio dei fedeli, che conoscono la volontà di Dio, pesa più di quello degli infedeli». Ma ricorda anche che «per la imputabilità della colpa nel giudizio di Dio bisogna considerare i fattori soggettivi come la piena coscienza e il deliberato consenso nella grave mancanza contro i comandamenti di Dio».
Ciò non significa che «a causa di circostanze attenuanti, un atto oggettivamente cattivo possa diventare soggettivamente buono». Significa invece – come ha più volte ricordato Buttiglione – che «nella valutazione della colpa, però, possono esservi delle attenuanti e le circostanze ed elementi accessori di una convivenza irregolare simile al matrimonio possono essere presentati anche davanti a Dio nel loro valore etico nella valutazione complessiva del giudizio (per esempio la cura per i figli avuti in comune che è un dovere che deriva dal diritto naturale)».
Non si tratta qui di cadere nella «casuistica», ciò nella esatta definizione e catalogazione di casi e circostanze nei quali potrebbe esservi l’ammissione ai sacramenti, da fissare in specifici manuali, adatti per sollevare la grande e faticosa responsabilità del discernimento a cui sono chiamati, insieme ai penitenti, i loro confessori. Né si tratta di rivendicare la comunione come un diritto, la partecipazione all’eucaristia come qualcosa di dovuto, a prescindere da un cammino di penitenza e di presa di coscienza del proprio stato. In nessuna parte di Amoris laetitia viene detto qualcosa di simile al «liberi tutti» di accostarsi alla mensa eucaristica come e quando si vuole.
Müller fa notare qualcosa che sembra sfuggire a quanti hanno ritenuto inutili i Sinodi sulla famiglia, dato che proprio su quel tema si era già espresso san Giovanni Paolo II con l’esortazione Familiaris consortio (argomentazione fatta propria da alcuni oppositori ecclesiastici del Pontefice e non priva di conseguenze umoristiche: se fosse fatta sempre valere non si capisce perché si sia celebrato il Concilio Vaticano II, visto che c’era stato già il Vaticano I, etc.). Il cardinale richiama infatti con realismo al contesto nel quale ci troviamo a vivere, che è profondamente mutato proprio negli ultimi decenni: «Le situazioni esistenziali sono molto differenti e complesse e l’influsso di ideologie nemiche del matrimonio è spesso prepotente».
Dunque, spiega Müller, «il singolo cristiano può ritrovarsi senza sua colpa nella dura crisi dell’essere abbandonato e del non riuscire a trovare nessuna altra via d’uscita che l’affidarsi a una persona di buon cuore ed il risultato sono delle relazioni simil-matrimoniali. C’è bisogno di una particolare capacità di discernimento spirituale nel foro interno da parte del confessore per trovare un percorso di conversione e di re-orientamento verso Cristo che sia giusto per la persona, andando al di là di un facile adattamento allo spirito relativistico del tempo o di una fredda applicazione dei precetti dogmatici e delle disposizioni canoniche, alla luce della verità del Vangelo e con l’aiuto della grazia antecedente». Nessun relativismo, nessuna faciloneria. Ma neanche quella «fredda applicazione dei precetti dogmatici» (sic!) che tanto appassiona chi fa gli esami di dottrina persino al Papa finendo con l’essere incapace di distinguere e di discernere: le storie, le vite delle persone non sono tutte uguali e difficilmente rientrano con facilità matematica nelle note dei manuali di morale.
Ecco perché il cardinale mostra come «nella situazione globale, nella quale praticamente non ci sono più ambienti omogeneamente cristiani», si ponga seriamente il problema – già evidenziato con forza da Benedetto XVI – della validità del primo matrimonio, che magari era mancante di uno dei suoi elementi costitutivi, circostanza che si verifica diffusamente nella nostra epoca. Proprio queste considerazioni hanno spinto Francesco a riformare, semplificandola, la normativa per ottenere la dichiarazione di nullità matrimoniale.
«Nel caso di una conversione in età matura (di un cattolico che è tale solo sul certificato di battesimo) – scrive con chiarezza Müller nella prefazione del libro di Buttiglione – si può dare il caso che un cristiano sia convinto in coscienza che il suo primo legame, anche se ha avuto luogo nella forma di un matrimonio in Chiesa, non fosse valido come sacramento e che il suo attuale legame simil-matrimoniale, allietato da figli e con una convivenza maturata nel tempo con il suo partner attuale sia un autentico matrimonio davanti a Dio».
E aggiunge: «forse questo non può essere provato canonicamente a causa del contesto materiale o per la cultura propria della mentalità dominante. È possibile che la tensione che qui si verifica fra lo status pubblico-oggettivo del “secondo” matrimonio e la colpa soggettiva possa aprire, nelle condizioni descritte, la via al sacramento della penitenza ed alla Santa Comunione, passando attraverso un discernimento pastorale in foro interno».
Quanto alla famosa nota 351 del paragrafo 305 di Amoris laetitia – là dove si dice, riferendosi alle circostanze attenuanti per gli “irregolariˮ, che «in certi casi», potrebbe esserci «anche l’aiuto dei Sacramenti» – Müller spiega che «se il secondo legame fosse valido davanti a Dio», come riportato nell’esempio precedente, «i rapporti matrimoniali dei due partner non costituirebbero nessun peccato grave ma piuttosto una trasgressione contro l’ordine pubblico ecclesiastico per avere violato in modo irresponsabile le regole canoniche e quindi un peccato lieve».
Infine il cardinale ricorda come spesso non si comprenda «tutto il significato pastorale» di Amoris laetitia e la difficoltà di «applicare nella prassi con tatto e discrezione» la «legge della gradualità». È ovvio che qui «non si tratta di un peccatore incallito, che vuole fare valere davanti a Dio diritti che non ha. Dio è particolarmente vicino all’uomo che si mette sul cammino della conversione, che, per esempio, si assume la responsabilità per i figli di una donna che non è la sua legittima sposa e non trascura nemmeno il dovere di avere cura di lei. Questo vale anche nel caso in cui egli, per la sua debolezza umana e non per la volontà di opporsi alla grazia, che aiuta ad osservare i comandamenti, non sia ancora in grado di soddisfare a tutte le esigenze della legge morale».
In questo caso, ricorda il porporato, «una azione in sé peccaminosa non diventa per questo legittima e nemmeno gradita a Dio», ma «la sua imputabilità come colpa può però essere diminuita quando il peccatore si rivolge alla misericordia di Dio con cuore umile e prega “Signore, abbi pietà di me peccatoreˮ. Qui l’accompagnamento pastorale e la pratica della virtù della penitenza come introduzione al sacramento della penitenza ha una importanza particolare».
la stampa, vaticaninsider, 4 novembre 2017,