Per una scuola “in uscita”
In materia di conoscenza e valori religiosi, tutta la scuola, oltre e attraverso l’insegnamento religioso, è chiamata a crescere insieme e fare passi avanti sul problema della cultura, dell’istruzione e dell’educazione religiosa della persona, per la sua rilevanza sociale e la pedagogia civile, senza attendere altri eventi storici che impongano con tragica evidenza questa necessità. Della questione appare poco consapevole la recente Legge sulla Buona Scuola.
La lezione proviene dalla Francia della laicitè de combat, per sottrazione, della neutralità…[1], che avverte il vuoto di valori condivisi nello spazio pubblico e dopo gli attentati di Parigi chiede tramite il Ministro dell’Istruzione di trattare di Religione e delle Religioni in tutte le scuole. Segni dei tempi formidabili per tutti, che   propiziano l’occasione di riconsiderare il rapporto tra scuola e religione in termini nuovi, passando dall’ottica dell’età costantiniana preoccupata della salus animarum a quella post costantiniana orientata alla “salute pubblica” e al bene comune. Vanno responsabilmente valutati i costi etico-sociali dell’analfabetismo religioso e della non conoscenza della religione dell’altro, oltre che della propria. Luoghi comuni, pregiudizi, ignoranza generano fantasmi, incidenti culturali, conflitti nei luoghi della vita quotidiana, lacerazioni della comunità civile e ostacolano la convivenza e l’integrazione sociale. Da educatori, dicendoci la verità che ancora molti ragazzi continuano ad usare l’appellativo di “ebreo” per offendere e insultare!
Ma come dire Dio e declinare l’esperienza religiosa e di fede, per affrontare correttamente ed efficacemente il problema educazione e apprendimento intorno al mistero della trascendenza, il mosaico delle religioni, il politeismo dei valori, le radici spirituali dell’identità nazionale, la fondazione di un ethos costituzionale nella scuola della democrazia laica, pluralista, multiculturale?
Anche la cultura (più che puro sapere) religiosa deve accettare la sfida della complessità e dell’incertezza, educando a pensare la religione in modo aperto e libero, caratterizzandosi nel senso dell’educazione interculturale, morale, alla laicità positiva. Imperniata sulla capacità di organizzare le informazioni, oggi facilmente disponibili, attraverso princìpi di conoscenza significativa per la persona, per non ripiegare sulle semplificazioni parziali, prodromi del fondamentalismo, ma fare crescere la competenza personale non settoriale[2]. L’istanza, nella prospettiva dell’IRC, impostato e ripensato anche secondo le nuove Indicazioni, in “conformità alla dottrina della Chiesa”, istituzionalmente imposta per dettame Concordatario[3] che rafforza una preoccupazione “contenutistica”, ma chiamato a discernere una questione didatticamente più complessa. Si tratta delle dimensione qualitativa dell’apprendimento, della gerarchia degli obiettivi e delle competenze in merito ai diversi piani del senso religioso e religiosità, cultura e conoscenza, mentalità di fede, valori, opinioni, fino all’educazione alla fede, appartenenza, “andare in Chiesa” (sollecitazioni presenti ad es. nelle espressioni di qualche Vescovo sullo “anticlericalismo dei giovani che frequentano l’IRC”) .
 
Continuità e discontinuità nell’educazione religiosa
Nell’ottica unitaria della “società educante” e del “sistema educativo”, il rapporto tra sistema formale-non formale-informale, va riverificato e chiarito sul versante dell’educazione religiosa, classicamente ed anche dottrinalmente inquadrata nello schema della distinzione-complementarità[4].
Al fine di definire il contributo proprio dell’IRC, nella prospettiva dell’apprendimento, va sociologicamente e pedagogicamente differenziato il discorso in base ad elementi pregnanti della condizione pregressa e contestuale degli studenti, concernenti la presenza o assenza di altre esperienze religiose di tipo familiare, associativo, comunitario parrocchiale, iniziazione cristiana, attività di catechesi e spiritualità… Tenendo in considerazione l’incidenza culturale informativa delle altre fonti e fattori ad es. sul piano anagrafico, socio economico-familiare, degli atteggiamenti e precomprensioni secondo le appartenenze religiose; del contesto scolastico, specie nel II Ciclo, circa la Scuola Statale o Cattolica, gli Indirizzi e tipologie di liceo, tecnico, professionale; la psicologia e le motivazioni soggettive dell’avvalenza[5].
 
Analfabetismo religioso vero e presunto in Italia
Al limite del compiacimento e simile alla rassicurazione per le alte percentuali di avvalenza annuale, su un versante si coglie ottimismo, derivante dal riscontro sull’interesse e l’efficacia dell’IRC, soprattutto per viva voce degli Studenti, che di solito manifestano un buon indice di accettazione. Pur ritenendo che non sempre ne venga compreso lo scopo ed il contenuto essenziale specificamente religioso e cattolico, portati ad annettere significati e aspettative eterogenee, apprezzando la capacità di rispondere alle problematiche morali ed esistenziali, con la flessibilità dei programmi[6]. Viene fuori una Religione vissuta come occasione di dialogo e “animazione”, con un giudizio tendenzialmente positivo sull’IRC in sé e in rapporto alle altre materie[7]. In breve sotto il profilo della “soddisfazione”, “l’ora di religione piace”, si potrebbe complessivamente affermare[8]. Inoltre, per esperienza comune, va sottolineato il particolare fascino e coinvolgimento, quando l’i.r. si basa su discorsi genuinamente evangelici ed umanamente forti anche per i più “difficili” e “lontani” dal discorso religioso; oltre l’interesse studentesco ad un metodo d’insegnamento non nozionistico o trasmissivo, ma di ricerca, discussione e conoscenze significative per la vita reale[9].
Da altri punti di vista, si sottolinea la persistenza di un certo analfabetismo culturale-religioso, questione multidisciplinare e dalle molteplici conseguenze, che connota tradizionalmente la storia e la condizione della Penisola e del sistema educativo scolastico segnato da omissioni e lacune. I ricercatori in materia di rilevazioni sulla religiosità e la conoscenza religiosa, sull’analfabetismo e l’educazione religiosa in Italia[10] e gli operatori impegnati nella costruzione di obiettivi condivisi di apprendimento o mediatori didattici, avvertono l’esigenza di strumenti e analisi attendibili di conoscenza oggettiva, di interpretazione e di valutazione delle competenze e dell’alfabetizzazione religiosa pregressa e finale della popolazione scolastica.
 
Profili didattici-educativi
Divengono particolarmente rilevanti alcune fasi dell’attività didattica, ad es. progettazione dell’Istituzione scolastica con il POF (PTOF); programmazioni dei Docenti; valutazione degli alunni.
Nella difficoltà generale della misurazione del processo educativo e dei risultati di apprendimento, il problema (in termini di obiettivi e verifiche, livelli e tassonomie, strumenti e indicatori) si evidenzia in particolare per la sfera religiosa, che attiene spiccatamente ad orizzonti culturali e di senso, orientamenti valoriali, interiorizzazione, giudizio critico e prassi esistenziale.
La competenza in ambito religioso, si definisce in o della o sulla religione? In funzione umanizzante per la sua natura orientativa della persona, la lettura trascendente e religiosa dell’esperienza e del mondo, può modularsi nella direzione di competenza ermeneutica[11]; di competenza ecumenica e interreligiosa, quale capacità di interpretare il multiverso del fenomeno religioso, di sviluppare criteri di giudizio e di decisione personale nei confronti del problema etico-religioso e del senso, di maturare un’identità personale e culturale dialogante, correlandola alla dinamica particolare/universale, di attingere al patrimonio valoriale e spirituale occidentale, imparando a convivere e confrontarsi con l’analogo patrimonio delle culture diverse degli altri popoli e degli altri uomini, diversamente credenti e non; di competenza sociale, di cittadinanza, nella costruzione del progetto di vita, dei valori altruistici, dell’alterità, della convivialità, della pace e nonviolenza, dell’accoglienza, del dialogo interpersonale o con il diverso e con il trascendente che fonda da ultimo ogni speranza.
L’imparare e lo studio del soggetto, nel processo di insegnamento-apprendimento in IRC, si decide tutto nelle ore curricolari o si possono concepire realisticamente sviluppi di approfondimento, ampliamento, assimilazione personale o cooperativa degli studenti?
 
Proposte
Alla luce delle istanze di realismo educativo-didattico, promuovere nella prossima indagine nazionale, annunciata, l’analisi di elementi qualitativi sulla situazione dell’IRC-IdR, dell’apprendimento e del problema dell’analfabetismo religioso dei cittadini italiani e immigrati, ad integrazione dei dati quantitativi offerti dall’Annuario CEI. Che illuminino su qualche trend significativo emergente anche dai POF, programmazioni dei docenti, criteri e livelli conseguiti nella valutazione finale degli alunni in IRC…; senza trascurare le ragioni reali del disinteresse verso l’IRC e della disaffezione verso l’apprendimento religioso, insite nella non avvalenza strisciante degli ultimi anni. Si impone poi l’approfondimento del nesso tra grado di soddisfazione, apprezzamento e l’apprendimento, quale competenza e risultato stabile, sia in assoluto all’interno dell’IRC che nella comparazione con altre discipline e competenze, con i risultati INVALSI o OCSE.
Analogamente ad altre aree scolastiche, favorire e riconoscere l’eccellenza in cultura religiosa, realizzando qualche iniziativa del tipo “Olimpiadi nazionali di Religione”, con metodi e obiettivi distanti dai classici “Concorsi Veritas”, che hanno segnato le generazioni passate.
In attesa di una istituzionalizzazione ufficiale, si può elaborare un modello di prova di valutazione nazionale sulle competenze nell’IRC, d’intesa con CEI e INVALSI, da proporre annualmente con la collaborazione degli IdR.
Va riaffermata con forza e la dovuta elaborazione didattica la centralità della Bibbia e dell’educazione biblica, secondo l’istanza del Concilio Vat. II per i tempi nuovi e della tradizione dei maestri di pedagogia religiosa, da don Cesare Bissoli (UPS e CEI) all’associazione laica Biblia.
 
NOTE
 
[1] Rapporto sulla laicità. Il testo della Commissione Francese Stasi. Ed. Scheiwiller, Milano 2004.
[2] Secondo i suggerimenti di M. de Montaigne riproposta da E. Morin, La testa ben fatta, Riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero, R. Cortina Ed., Milano 2000.
[3] Accordo di Revisione, Prot. Add., 5.a In relazione all’art. 9; Intesa MIUR-CEI, 28.6.2012, 1.1.
[4] Per tutti, CEI, Insegnare religione cattolica oggi, 1991, documento pur datato e da aggiornare.
[5] Problematiche da tempo oggetto di indagini sistematiche, quali S. Maffioletti, IRC, verifica del raggiungimento degli obiettivi istituzionali negli Istituti Cattolici della SSS della città di Bergamo, ELLEDICI, Leumann (TO) 2003; OSRT, Apprendere la religione, a cura di A. Castegnaro, EDB 2009; F. Togni, Sapere Religione Cattolica, Studium, Roma 2013.
[6] Anche a discapito dell’acquisizione di sistematicità e rigore, ed in ragione del minor tasso disciplinare, peculiarità che pare percepita anche da colleghi, famiglie ai colloqui, opinione pubblica?
[7] Con quali difficoltà sulla continuità e omogeneità necessarie per i rapporti interdisciplinari?
[8] Come suggeriscono le Indagini empiriche degli ultimi anni a livello nazionale ed a campione in aree geografiche omogenee, es. Facoltà di Sociologia dell’UPS, G. Malizia-Z.Trenti, Una disciplina in cammino…, al bivio…, in evoluzione; S. Maffioletti; OSRT; ; F. Togni, già cit. sui livelli di apprendimento e di soddisfazione, fattori di qualità, competenze e alfabetizzazione religiosa nell’IRC.
[9]Dimensioni dell’insegnamento-apprendimento divenute, almeno in teoria, patrimonio di tutta la scuola che tende a coniugare sapere-saper fare con il saper essere e vivere insieme, dopo J. Delors, Nell’educazione un tesoro, Rapporto all’UNESCO, 1997.
[10] Tesi di A. MELLONI (a cura), Rapporto sull’analfabetismo religioso in Italia, Il Mulino, BO 2014; GFK-EURISKO, Santa ignoranza. Gli italiani, il pluralismo delle fedi, l’analfabetismo religioso, Chiesa Valdese , P. NASO (a cura),Torre Pellice (TO), 26.08.2013, che vede speculare all’apprendimento il problema del significato di analfabetismo. In proposito mons. N. Galantino, Segretario a CEI, presentazione pubblica, 2.5. 2014, Roma, sostiene: “I numeri che vengono fuori dal Rapporto sono, per certi versi, abbastanza spietati –… – e le “letture” … illuminanti”; invitando le Chiese, per la loro parte, a sentirsi “attrici” della soluzione e non tanto “vittime” del problema, e a non smettere “di interrogarsi sull’effettiva rispondenza delle attuali forme di alfabetizzazione religiosa presenti nella scuola italiana, in primis dell’IRC, alle mutate circostanze storico-civili”. Denuncia poi sulla religiosità di circa due terzi degli italiani una forte dose di sentimentalismo privo di “contenuti adulti della fede”, il segno di una sorta di “fede light” in coloro che dicono di “credere” ma sono privi delle “idee chiare sul contenuto del loro credere”.
[11] Processo e metodo sviluppato pedagogicamente e didatticamente con ampiezza presso l’UPS,dalla scuola di don Zelidno Trenti e dai suoi collaboratori.