Culmine e centro della vita cristiana è la Pasqua che sarà vissuta dolorosamente, quest’anno, senza la presenza dei fedeli in tanti Paesi del mondo, ma che continua a venire in cerca del cuore dell’uomo

È nella Messa dell’Epifania, il 6 gennaio, che viene annunciata la data della domenica di Pasqua, culmine del Triduo della Passione, morte e Risurrezione del Signore, e il centro di tutto l’anno liturgico. Proprio dalla Pasqua scaturiscono infatti i giorni santi.  Nei ritmi e nelle vicende del tempo – ricorda questo annuncio –  viviamo i misteri della salvezza. La Pasqua è quindi la festa più importante, come ebbe a sottolineare lo stesso Papa Francesco nell’udienza generale del 2018 durante la Settimana Santa, esortando tutti i cristiani a vivere questi giorni come “la matrice” della loro vita personale e comunitaria. Una festa che ha le sue radici nella Pasqua ebraica, che commemora il passaggio dalla schiavitù dell’Egitto alla libertà, operato da Dio con il popolo di Israele.
Il Triduo pasquale, iniziato con la Messa in Coena Domini nel pomeriggio del Giovedì santo, finisce con i Vespri della domenica e può quindi essere vissuto come un unico cammino che culmina con la Notte delle notti, la notte in cui Cristo ha distrutto la morte e dagli inferi risorge vittorioso: quella notte che, a cavallo fra il sabato e la domenica, ha conosciuto l’ora in cui il Signore è risorto, come ricorda l’Exultet, il preconio pasquale, cantato appunto nella liturgia della Veglia pasquale.
Questo Triduo sarà certamente diverso. Con dolore in tanti Paesi i fedeli non potranno prendere parte alle liturgie tuttavia, anche nelle prove e nelle sofferenze di questo 2020, questo Triduo viene a “cercare” la vita dell’uomo. La “liturgia domestica” nei giorni del Triduo pasquale sarà fatta di due gesti: guardare il Crocifisso e leggere il Vangelo, ha ricordato, il Papa all’udienza generale di questo mercoledì santo.
 

L’Ultima Cena

Nella Messa in Coena Domini  si ricorda l’Ultima Cena di Gesù con gli apostoli, “anticipando nel banchetto pasquale il suo sacrificio sul Golgota”, e l’istituzione dell’Eucaristia, ricordava Papa Francesco nella catechesi del mercoledì della Settimana Santa nel 2016, nel pieno del Giubileo della Misericordia sottolineando anche che “per far comprendere ai discepoli l’amore che lo anima, lava loro i piedi, offrendo ancora una volta l’esempio in prima persona di come loro stessi dovranno agire”. E cioè con una forte chiamata a servire. Quest’anno il gesto della lavanda dei piedi, già facoltativa, viene omessa come ha stabilito il decreto della Congregazione per il Culto Divino che ha dato le indicazioni per i Paesi colpiti dalla pandemia dove vescovi e presbiteri celebreranno senza la partecipazione del popolo.
 

La Croce

Il Venerdì Santo commemora la morte di Gesù. L’amore, donato fino alla fine, si abbandona al Padre. Nelle chiese in tutto il mondo non c’è una celebrazione eucaristica, ma un’”azione liturgica”. Centrale in questo giorno quindi la celebrazione della Passione del Signore con l’adorazione della Croce anche se quest’anno il bacio sarà limitato al solo celebrante. Come per le altre liturgie del Triduo, saranno celebrate senza la presenza dei fedeli. Proprio per rispondere alle domande sulla presenza di Dio in questo tempo difficile, il Papa ha voluto ricordare che Dio si è rivelato completamente proprio sulla croce che è “la cattedra di Dio”. All’udienza di mercoledì 8 aprile, dedicata al Triduo, ha infatti esortato a stare davanti al Crocifisso in silenzio, per vedere che il nostro Signore non punta il dito nemmeno di fronte a chi lo sta crocifiggendo ma spalanca le braccia a tutti, dà la sua vita prendendo su di sé i nostri peccati. Uno dei momenti centrali della celebrazione della Passione è la preghiera universale e quest’anno è stato chiesto di predisporre una speciale intenzione per chi si trova in situazione di smarrimento, per i malati e i defunti. Sempre quest’anno, poi, la Via crucis tradizionalmente presieduta dal Papa nella cornice del Colosseo, sarà tenuta invece in Piazza San Pietro.
Sia il Giovedì che il Venerdì Santo, le liturgie si concludono con il silenzio perché la benedizione finale e il congedo sono nella Veglia. Fu Pio XII a ripristinare la Veglia pasquale dando vita ad una riforma che proseguirà fino ad essere completata con il Concilio Vaticano II.
 

La Notte delle notti

Il Sabato Santo è la giornata del grande silenzio fino alla Veglia pasquale, l’ora della Madre, che appunto in silenzio attende, con il cuore trafitto dal dolore di aver visto suo Figlio straziato e inchiodato alla croce. Un silenzio che sarà interrotto dalla “Madre di tutte le veglie”, come la chiamava sant’Agostino.
Con la liturgia del fuoco, l’accensione del cero pasquale segna l’avvio di quella notte delle notti in cui si celebra Cristo risorto, centro e fine del cosmo e della storia, la notte in cui l’Alleluja rompe il silenzio della morte e in cui le Letture della Liturgia ripercorrono la storia della salvezza fin dalla creazione, non in un concezione ciclica della storia, come un ricordo di qualcosa che è avvenuto del passato, ma come un evento che ciascuno è chiamato a vivere entrando nella dinamica di questo passaggio dalla morte alla vita. Un passaggio già ora dalla schiavitù del peccato, del dolore e della frustrazione. Ma anche si rende presente, in questa notte, che la nostra vita non finisce davanti alla pietra di un sepolcro perché Cristo da quel sepolcro è risorto. Una liturgia, quella della Veglia pasquale, composta di quattro parti, la liturgia del fuoco, della Parola, dei Battesimi ed Eucaristica. Quest’anno, sempre per l’emergenza da Coronavirus, per la liturgia battesimale, si mantiene solo il rinnovo delle promesse battesimali.
Con la domenica di Pasqua ha quindi inizio il tempo pasquale che dura finno alla Pentecoste e che è profondamento unito al Triduo pasquale. I primi otto giorni sono l’Ottava di Pasqua. Questi 50 giorni del periodo pasquale rendono visibile questa gioia della Risurrezione che si fa testimonianza. Sono i giorni della gioia, quella che solo si prova quando si ha la promessa e la certezza che l’ultima parola non è la morte e che quel cero, anche nel buio di questa pandemia che avvolge il mondo, continua a risplendere.
Debora Donnini – Vatican News,  Città del Vaticano, 9 aprile 2020