Il Cantico dei cantici è rimasto per secoli un libro misterioso. Ci parla un linguaggio arcano, sapido, quasi troppo carnale per non suscitare domande. Per chi è scritto? Come è confluito nel canone biblico? Ma è parola di Dio? La meditazione di Christian de Chergé ci aiuta a riscoprire la bellezza di un testo altamente poetico, fittamente denso di spunti che illuminano il senso profondo dell’essere cristiani, creature amate. Dall’amore carnale di Dio per noi scaturisce il suo farsi carne in Gesù, eterno amore che, toccando, guarisce.
 
Descrizione
Autore: Cristian de Chergé
Titolo: Meditazioni sul Cantico dei cantici
Edizioni: Messaggero Padova
Prezzo: 15,00 E.
Anno: 2016,
Pagine: 212
Codice: 9788825039061
 
 
Meditazioni sul Cantico dei cantici
di Michelangelo Nasca
Se si volesse rintracciare un cuore, tra le pagine della Bibbia, probabilmente non passerebbero inosservate quelle relative al “Cantico dei cantici”, che già nel titolo, la lingua ebraica traduce con un superlativo di eccellenza; un’opera composta da otto capitoli che racconta l’amore, umano e divino, custodito nel cuore di ogni creatura. «Un libro poco usato nella liturgia – affermava Christian de Chergé –, mai letto di domenica, una sola volta durante la settimana, in Avvento – ma è pure facoltativo – come se ne avessimo un po’ paura. Ricorre due volte in due giorni di festa (per santa Maria Maddalena e san Bernardo). Sono quindi due letture dei giorni di memoria. E poi, due brani sono stati scelti per le messe votive delle professioni religiose e per la consacrazione delle vergini e anche per il matrimonio».
A partire da queste considerazioni, le Edizioni Messaggero di Padova hanno recentemente pubblicato “Meditazioni sul Cantico dei cantici” di Cristian de Chergé (1937-1996), priore dell’abbazia trappista di Tibhirine, in Algeria, sequestrato e ucciso da un gruppo terroristico con altri sei monaci nel maggio del 1996. Si tratta di un corso di esercizi spirituali predicati dal religioso trappista alle Piccole sorelle di Gesù a Mohammedia, una città portuale del Marocco, nel novembre del 1990, con l’intento principale di commentare alcuni testi del Cantico dei cantici associandoli alle «lettere alle chiese» che si trovano nei capitoli 2 e 3 dell’Apocalisse.
Il testo – curato da Christian Salenson, sacerdote della diocesi di Nîmes, membro dell’Istituto di teologia e religione di Marsiglia e direttore della rivista “Cammini del dialogo” – si presenta sotto forma di sette incontri. Ogni incontro (ciascuno dei quali si conclude con delle proposte di meditazione) è organizzato attorno a un «grido» della sposa così come ne troviamo nel Cantico dei cantici: «Mi baci», «Trascinami con te», «Alzati», «Ritorna», «Aprimi», «Volgiti, volgiti», «Mettimi come un sigillo».
Le meditazioni di Christian de Chergé contribuiscono a riscoprire la bellezza di un testo veterotestamentario altamente poetico, denso di spunti e immagini che fanno luce sul mistero dell’uomo, in quanto creatura amata da Dio. Nella presentazione del testo si legge: «Contrariamente all’idea corrente che tale genere letterario vada riservato a pochi – monaci, religiosi o preti – esperti di mistica, pensiamo che oggi, per vivere nel mondo da credenti, i cristiani, sia preti sia laici, abbiano bisogno di dissetarsi alle sorgenti vive della tradizione spirituale».
Il Cantico dei cantici è il poema dell’amore che offre al lettore l’immagine di due giovani innamorati, anche attraverso il paradigma della corporeità. Interessante, a tal proposito, il commento di Christian de Chergé al primo versetto del Cantico: «Mi baci con i baci della sua bocca», che potrebbe sembrare – come del resto gran parte delle immagini presenti nel Cantico – addirittura ardito. «L’eucaristia – afferma l’Autore – c’insegna che tutto il corpo è sacramento. Perciò non c’è nulla di volgare in ciò che il corpo è, dice o fa. Apriamo la Bibbia. C’è il bacio di Maria Maddalena che scandalizza i giudei. Anche noi possiamo stare dalla parte di colei che dà il bacio oppure dalla parte di quelli che si scandalizzano o magari anche da quella di colui che riceve il bacio. C’è il bacio di Giuda. Il bacio di Giuda è un bacio destinato a chiudere una storia d’amore, mentre di per sé il bacio sarebbe fatto per aprire e per stipulare un patto d’amore. […] Al bacio di Giuda risponde il bacio di Gesù che sembra dirgli: non puoi chiudere tu, di tua iniziativa, a modo tuo, una storia che il Padre mio ha cominciato e che io voglio continuare. […] Nella Trinità, lo Spirito è il bacio del Padre al Figlio e del Figlio al Padre. Nel commento talmudico alla morte di Mosè, c’è un’espressione magnifica. Si dice che, quando Mosè si mette tra le mani di Dio, sulla soglia della terra promessa nella quale lui non potrà entrare – perché l’unica terra promessa in cui può entrare è l’altra – Dio viene, si stende sopra Mosè e, con un bacio, gli aspira l’anima. Dio riprende in sé ciò che gli ha dato creandolo. Se la morte potesse essere semplicemente così, sarebbe bello!».
Il testo edito dal Messaggero di Padova propone un commento alla letteratura spirituale del Cantico dei cantici accessibile a tutti e di grande attualità. Papa Benedetto XVI, nell’enciclica “Deus caritas est”, diceva: «Come deve essere vissuto l’amore, perché si realizzi pienamente la sua promessa umana e divina? Una prima indicazione importante la possiamo trovare nel Cantico dei Cantici, uno dei libri dell’Antico Testamento ben noto ai mistici. Secondo l’interpretazione oggi prevalente, le poesie contenute in questo libro sono originariamente canti d’amore, forse previsti per una festa di nozze israelitica, nella quale dovevano esaltare l’amore coniugale».
 
in “La Stampa-Vatican Insider” del 19 aprile 2016