Ma chi è in realtà, che cosa vuole e fin dove è disposto ad arrivare Massimo Gandolfini, il presidente del comitato Difendiamo i nostri figli, comparso all’improvviso all’orizzonte dell’Italia con il Family day? E perché ha sfidato il premier Matteo Renzi? Questo movimento di popolo diventerà un partito?
Neurochirurgo specializzato in psichiatria, direttore del Dipartimento di neuroscienze per la chirurgia testa-collo nell’ospedale Poliambulanza di Brescia, consultore vaticano per l’esame dei miracoli che hanno portato sugli altari Madre Teresa di Calcutta, Giovanni Paolo II, Elisabetta della Trinità e Charles de Foucauld, il professor Gandolfini ha cambiato vita dopo l’incontro con Francisco Argüello, detto Kiko, lo spagnolo fondatore del Cammino neocatecumenale. In questo libro dice la sua sulla deriva etica che l’ha costretto a portare in piazza oltre 1 milione di italiani: unioni civili, utero in affitto, adozioni gay, omosessualismo, teorie gender. E racconta per la prima volta di sé e dei sette figli che ha adottato perché non poteva averne di suoi, tre dei quali sarebbero morti se Gandolfini e la moglie, medico come lui, non li avessero accolti e curati con la loro scienza in una casa che è a un tempo famiglia e ospedale.
Massimo Gandolfini ha nelle vene un po’ del sangue di don Enrico Tazzoli, il più famoso dei cinque martiri di Belfiore. Da giovane scelse l’«opzione privilegiata per i poveri». Militava nei Cristiani per il socialismo e professava la teologia della liberazione. Aveva i suoi riferimenti spirituali e politici in Giulio Girardi, Ernesto Balducci e Giovanni Franzoni. Votava Psi e leggeva «Com Nuovi Tempi». Al referendum del 1974 si espresse a favore del divorzio. Poteva finire arruolato nelle Brigate rosse o in Prima linea. La svolta avvenne il 14 maggio 1977, quando a Milano partecipò al corteo di protesta in cui il poliziotto Antonio Custra, 25 anni, fu ucciso con una rivoltellata da un manifestante che aveva il volto coperto da un passamontagna. Davanti al sangue che scorreva sull’asfalto, lo studente universitario prossimo alla laurea cominciò a diventare l’uomo che è oggi. Eppure lo descrivono come sanfedista, oscurantista, omofobo, retrogrado, reazionario.
Testo che compare sulla quarta di copertina.
 
Descrizione
Autore: Stefano Lorenzetto, Massimo Gandolfini
Titolo: L’Italia del Family day
Dialogo sulla deriva etica con il leader del comitato Difendiamo i nostri figli
Pagine: 234,
Edizione: 1° ed.2016
ISBN: 978-88-317-2540-8
Prezzo: cartaceo euro 16,50 – ebook 9.99
 
 
La sfida cattolica del Family day
«No al supermercato dei diritti» 
Stefano Lorenzetto
Un brano dal libro del giornalista Stefano Lorenzetto con Massimo Gandolfini,
«Sa che cosa penso, sinceramente? Io penso sempre bene del Papa. Penso, o preferisco pensare, che sia circondato da consiglieri che gli suggeriscono alcune mosse sbagliate».
Ha mai scritto a papa Francesco?
«Se mai avesse bisogno di parlarmi, o di telefonarmi, sa come trovarmi, visto che dal 1995 sono perito neurochirurgo della Congregazione delle cause dei santi».
(Passate alcune settimane da questa risposta, che tradiva sconforto, è accaduto un mezzo miracolo: sull’«Osservatore Romano» recante la data del 30 aprile 2016, uscito in edicola come di consueto il pomeriggio del giorno precedente, è apparso, nella rubrica «Nostre informazioni» che riporta l’agenda papale, il seguente trafiletto: Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza il Professor Massimo Gandolfini. Nessuna specificazione circa il ruolo pubblico ricoperto dal neurochirurgo bresciano. Ecco come l’interessato mi ha descritto quell’incontro).
«Poco dopo la manifestazione svoltasi il 30 gennaio al Circo Massimo, avevo chiesto al Santo Padre un’udienza privata perché desideravo avere il conforto della sua parola circa il mio impegno sociale e culturale, concretizzatosi a livello nazionale nell’organizzazione di due Family Day. Sono stato educato — ed è oggi una mia convinzione assoluta — a un valore cui mai verrò meno: al Papa si ubbidisce sempre, perché gode di un’assistenza particolare dello Spirito Santo nel governo della Chiesa e nella guida spirituale e morale dell’umanità. Il clima di confusione e i pareri molto contrastanti suscitati dal Family Day, persino dentro il mondo cattolico, m’impensierivano parecchio. Anche fra i vescovi italiani c’era chi mi telefonava entusiasta, incoraggiando, condividendo e spronando a non indietreggiare, e chi sollevava molte perplessità, se non disapprovazione, più o meno esplicitamente dichiarata. A chi dare credito? Come orientarsi nelle scelte future? Mi ripetevo in continuazione: e se mi fossi sbagliato su tutto? Ho pensato allora che solo potendo aprire il mio cuore, esprimendo dubbi e certezze, paure e convinzioni, a colui che ha ricevuto da Cristo il mandato di confermare nella fede i fratelli, avrei potuto attingere elementi per un virtuoso discernimento.
«L’udienza con papa Bergoglio si è svolta nella biblioteca privata situata nella seconda loggia del Palazzo Apostolico, il 29 aprile 2016, alle ore 11.30, ed è durata circa un’ora. È stato un colloquio privato, soltanto fra noi due, guardandoci negli occhi, e penso proprio che i miei tradissero una grande emozione, che ho subito esternato a Sua Santità.
«La prima cosa che ho fatto notare al Pontefice, e che ho considerato veramente provvidenziale, è che nel calendario liturgico il 29 aprile si celebra la memoria di Santa Caterina da Siena, dichiarata dottore della Chiesa e patrona d’Italia, una laica che chiamava il Papa “il dolce Cristo in terra” e che giocò un ruolo fondamentale nelle scelte del suo tempo. Con la medesima convinzione, cioè quella di trovarmi di fronte al “dolce Cristo in terra”, ho iniziato il mio colloquio con il Santo Padre. Abbiamo parlato dei temi di attualità riguardanti la famiglia e l’educazione dei figli, trovandoci in perfetta consonanza. Il Papa mi ha ribadito la pericolosità della “colonizzazione del gender” nella cultura e nella scuola, l’importanza del diritto-dovere dei genitori a essere i primi responsabili dell’educazione della prole, l’assoluta indiscutibilità del diritto dei bimbi a essere allevati da una mamma e da un papà, stigmatizzando derive culturali e legislative favorevoli all’omogenitorialità.
«Ho dichiarato al Papa che è proprio questa la nostra agenda di lavoro, che ha ispirato i Family Day, e sulla quale vogliamo proseguire. Gli ho chiesto di aiutarci in questa che considero una vera e propria missione, indicando due strumenti: il suo alto magistero in ordine a questi temi e la necessità che avvertiamo di avere, come da lui auspicato, non dei vescovi piloti bensì dei vescovi pastori, che indichino con chiarezza la via della verità. Il Pontefice mi ha fatto notare che anche nella sua recente esortazione apostolica Amoris Laetitia ha sancito che il matrimonio non è equiparabile a nessun altro tipo di unione civile.
«Ho rappresentato a Francesco la sensazione di una diffusa confusione, di uno strisciante disorientamento, anche dentro il popolo di Dio, che sta aprendo la strada al più assoluto soggettivismo relativista. Gli ho spiegato che, dal nostro punto di vista, si sta strutturando sempre più una sorta di morale fai-da-te che sceglie al supermercato dei diritti ciò che più le aggrada. La prima misericordia è dire la verità, ho soggiunto, e il Papa della misericordia ha annuito.
«Spetta ai laici, illuminati da una coscienza ben formata, compiere scelte sociopolitiche coerenti e idonee, mentre spetta ai pastori non fare politica, ma indicare i grandi valori e i princìpi del messaggio cristiano, necessari per costruire una società davvero giusta, libera, pacifica, orientata al bene: questo — tradotto con parole mie — il pensiero che mi ha espresso il Successore di Pietro. E su tale strada mi ha esortato a proseguire, ringraziandomi del lavoro fin qui svolto.
«Al termine dell’udienza, il Santo Padre mi ha donato una medaglia del suo pontificato e un rosario, chiedendomi di pregare ogni giorno per lui.
Congedandomi, gli ho detto: “Santità, questo lavoro sta richiedendo a me e alla mia famiglia sacrifici enormi, per impegno di tempo e di forze, ma se è al servizio del bene e della Chiesa, lo faccio con gioia. Mi dica: devo fermarmi? devo dimettermi? devo chiuderla qui?”
Immediata, senza esitazioni, la sua risposta: “Grazie per quanto state facendo. Andate avanti”. M’è venuto spontaneo inginocchiarmi e papa Francesco mi ha dato la sua benedizione». (…)
Scenario fantascientifico: papa Bergoglio le ordina d’impegnarsi affinché il popolo del Family Day conti di più sulla scena politica. Lei che fa?
«Obbedisco. Sicuramente. E non è una battuta come quella che Giuseppe Garibaldi telegrafò da Bezzecca al comando supremo».
Corriere della sera, 2 settembre 2016
 
 
Lo strano asse tra Family Day e fondamentalisti islamici
di Marco Marzano

È istruttiva la lettura dell’intervista che Massimo Gandolfini, medico, catechista neocatecumenale, portavoce dell’ultimo Family Day contro la legge Cirinnà, ha concesso al giornalista Stefano Lorenzetto: L’Italia del Family Day (Marsilio). Aiuta a farsi un’idea della mappa dei riferimenti culturali, politici ed ecclesiali del leader cattolico integralista. E delle pagelle che lo stesso Gandolfini implicitamente ha compilato per tanti capi politici e religiosi.
Nell’elenco dei promossi Gandolfini annovera, oltre all’amico Kiko Arguello, fondatore del Cammino Neocatecumenale, i gerarchi cattolici italiani che hanno espresso vicinanza alla causa cattolico-reazionaria: e cioè, tra gli altri (molti), i cardinaliCaffarra, Vallini (vicario del Papa per la diocesi di Roma), Menichelli, i ciellini Negri, Camisasca e Santoro, ma anche Bassetti, vescovo di Perugia, molto vicino al Pontefice e spesso indicato come futuro capo della Cei. Il cardinal Bagnasco, in un’udienza privata, diede al medico bresciano un incoraggiamento: “Lei si prefigge una strategia di enorme portata, dottore. Provi”. Una citazione tra i promossi la meritano Vladimir Putin, perché “contrasta la propaganda omosessualista”, il cardinal Sarah, capofila delle porpore reazionarie africane, un “grande filosofo”, e quei politici, sempre africani, che, in nome della fedeltà al cristianesimo, si rifiutano di accettare il ricatto colonialista nordamericano che imporrebbe loro di concedere diritti alle persone omosessuali. E infine gli imam italiani più conservatori i quali, a detta di Gandolfini “danno un giudizio terribilmente preoccupato, negativo, scandalizzato sulla deriva etica del nostro Paese”. Su quest’ultimo punto, viene da chiedersi cosa possa uscir fuori dalla saldatura tra i fondamentalismi cattolico e islamico, e in particolari quali azioni Gandolfini (che sostiene di “non essere tra coloro che temono l’invasione dell’Occidente da parte dell’Isis”) abbia concertato nei suoi incontri con gli imam fondamentalisti per riportare l’Occidente empio ed immorale a rispettare la legge divina.
Nella classe di Gandolfini c’è un solo rimandato a settembre: papa Francesco. Pur non avendogli mai né scritto né telefonato, Francesco ha concesso a Gandolfini di concedergli un’udienza privata, di cui il medico bresciano riferisce dettagli che non potranno mai essere smentiti.
Francesco avrebbe espresso una perfetta consonanza con le idee radicali di Gandolfini, confermando la pericolosità della “colonizzazione del gender” nella cultura e nella scuola e ribadendo il no assoluto all’omogenitorialità, insieme alla superiorità del matrimonio cattolico su ogni altra forma di unione. Ma c’è da dubitare che il clima di quell’incontro sia stato tanto fraterno se è vero che, riferisce lo stesso Gandolfini, quando Francesco lo ha ringraziato del lavoro svolto, lui ha sentito il bisogno di chiedergli se il papa non desiderasse le sue dimissioni.
“Andate avanti. Grazie per quello che state facendo”, questa sarebbe stata la veloce risposta del Papa, che comunque aveva già deluso il povero Gandolfini e i suoi ansiosi nipotini il giorno successivo alla grande adunata del Circo Massimo, quando, nell’Angelus domenicale non aveva fatto cenno alla manifestazione del giorno prima.
E veniamo ai bocciati. Qui la lista di Gandolfini è un insieme di matrioske. La prima è quella di Matteo Renzi, il premier accusato di aver spinto l’approvazione di una legge immorale come quella sulle unioni civili. E per questo meritevole della più dura e personale delle opposizioni, a partire dal No al referendum costituzionale. Una volta aperta la prima matrioska ce n’è un’altra: il presidente Usa Barack Obama. E’ stato lui, a giudizio di Gandolfini, ad aver ordinato a Renzi di approvare la legge sulle unioni gay per soddisfare le richieste della terza matrioska, quella dei “padroni del mondo”, le grandi corporation americane, ansiose di annientare famiglia e valori tradizionali per imporre la religione dei consumi.
Ma anche questa matrioska ne nasconde un’altra, la più infida. Essa assume il volto di una qualsiasi persona omosessuale. Sarebbero i gay a provocare la trasformazione perversa del pianeta, a promuovere la diffusione dell’omosessualità per bloccare la riproduzione umana e di trasformare il genere umano in una massa informe di individui anomici. E sono i gay, a negare la natura patologica del loro orientamento sessuale e la sua associazione ai disturbi psichiatrici.
Di queste e altre perle reazionarie è ricco il volumetto di Gandolfini e Lorenzetto. Verrebbe voglia di considerarle detriti di un passato in via di sepoltura. Poi però il pensiero va alla deriva della destra americana, infestata dall’estremismo fondamentalista evangelico, o alle maggioranze di governo ungherese e polacca, all’estremismo islamico. E il riso improvvisamente si blocca, mentre la ragione si rimette in movimento. Per studiare. Per comprendere da dove proviene il mondo dei Gandolfini e soprattutto per far sì che non diventi il nostro.
in “il Fatto Quotidiano” del 10 ottobre 2016