Processo di trasformazione del concetto di famiglia

 
Da qualche tempo a questa parte è in atto un inquietante processo di trasformazione e, in alcuni casi anche di deformazione, del concetto di famiglia. Tale concetto si è sempre connotato, al di là dell’estrema varietà dei suoi percorsi interni, per l’accentuazione della dimensione affettiva e relazionale in un’ottica all’interno della quale le persone sono costitutivamente aperte al rapporto con gli altri.
 

La famiglia nel processo di strutturazione dell’identità

 
Benchè un’attenta riflessione storica impedisca qualsiasi eccessiva idealizzazione della famiglia, tale istituzione costituisce un centro nevralgico nel processo di strutturazione di ogni identità personale. Per quanto la famiglia per sè sola non possa garantire il percorso esistenziale dei suoi membri, essa è l’occasione decisiva per il successo dei principali sistemi educativi che possono formare il soggetto umano.
Per la piena realizzazione della vocazione personale
Come E. Mounier ha ben delineato in diversi suoi scritti, questa comunità di persone non è né automatica né infallibile, ma si presenta come un’avventura da correre, un impegno da fecondare per orientare il particolarismo dei suoi membri verso il compimento del bene comune che corrisponde alla piena realizzazione delle vocazioni personali. Su questo principio si gioca tutto l’equilibrio e il destino di un sistema familiare: esso non può ridursi ad un gruppo occasionale di singole individualità ma richiede, per la sua specifica essenzialità, di essere un’acquisizione definitiva che impegna in modo radicale chi sceglie consapevolmente di farne parte. In questo senso, occorre molta vigilanza nell’evitare facili confusioni che possano portare la vita comunitaria di una famiglia alla deriva: ne sono esempi tutti i pericoli intrinseci ai vari riduzionismi biologici, che scorgono nella coppia solo problemi di adattamento in cui prevale la legge del più forte (quella dell’uomo sulla donna, dell’adulto sul bambino, del giovane sull’anziano), o funzionali, che declinano le dinamiche familiari secondo modelli meramente sociologici, incapaci di coglierne l’autentico significato di “comunità personale”.
Gli ostacoli della libertà spirituale
E’ necessario avere il coraggio di dire che la famiglia, e spesso anche la migliore, può ostacolare la libertà spirituale per la sua grettezza, avarizia, le sue paure o i suoi automatismi tirannici: si deve avere la lucidità di constatare che una giusta prudenza è necessaria perchè non si faccia dell’insieme delle abitudini un peso tale che affondi, a volte perfino sotto le forme della tenerezza, le diverse vocazioni dei suoi membri. Quando si fa l’apologia delle virtù familiari, senza denunciare con altrettanta forza il pericolo delle inerzie familiari, si assicura forse il rispetto pubblico o esterno della famiglia ma si rischia di abbandonare la stessa ad una lenta decomposizione per mano di coloro che la corrodono dall’interno.
 

La famiglia cellula fondamentale della società

 
E’ certamente importante considerare la famiglia come “cellula” fondamentale della società ma occorre sempre ricordare che tale funzione può renderla facile preda di manipolazioni politiche che ne stravolgano l’autentica natura di fulcro centrale per ogni processo educativo. Chi oggi vanta la “politica della famiglia”, troppo spesso dimentica, per esempio, che fare nascere dei figli significa anzitutto donare la vita a delle persone e non ad anonimi piccoli contribuenti che moltiplicheranno i bilanci statali o dei piccoli elettori che perpetueranno il conformismo stabilito. Ecco il motivo per cui bisogna fare molta attenzione a non rendere l’istituzione familiare un mero “strumento” nelle mani del politico di turno, per assecondare finalità estranee ad essa.
 

Il diritto di libertà democratica nella scelta dei modelli

 
famiglia significa primariamente sentire e desiderare di farne parte, per il fatto di condividere determinati ideali, aspettative, valori. Si deve riconoscere a tutti i livelli il diritto della persona umana di poter scegliere liberamente l’educazione ricevuta in famiglia, in base a un diritto di libertà democratica che chiede di poter essere esercitato dai giovani col sostegno degli adulti: questi ultimi hanno, infatti, il fondamentale compito di offrire, in quanto educatori, diversi  modelli di riferimento, tra i quali ciascuno possa scegliere quello che più gli è confacente, nella ferma consapevolezza che non sempre la famiglia di origine è in grado di fornire esempi edificanti, ed in tal caso il peso maggiore della formazione ricade sulle istituzioni educative e, in particolare, sulla scuola.
Il modello educativo personalista
A questo riguardo, mi sembra interessante rilevare come il modello educativo personalista di J. Maritain si possa allineare con quello “naturale” di J.J. Rousseau: in entrambi i casi si sottolinea l’importanza di distinguere nei ragazzi un’età della ragione, in cui si può lasciare libertà di scelta, da una precedente, in cui è necessario decidere in modo autorevole anche per l’altro, implicitamente ritenuto incapace di pensare e di autodeterminarsi.
La famiglia “comunità educante”
In tale prospettiva, la famiglia diviene l’autentica e forse unica “comunità educante” in grado di abituare l’anima umana alla vita interiore e al raccoglimento, per fare crescere in essa il vigore personale della coscienza delle donne e degli uomini di domani. Se le nostre famiglie, insieme alle attuali istituzioni educative, fossero in grado di raggiungere solo questo tra gli obiettivi che si possono prevedere, potremmo già sentirci unanimemente e pienamente soddisfatti.
 
Bibliografia
Maritain J., L’educazione della persona, La Scuola Editrice, Brescia 1962, pp. 91-143.
Mounier E., Il Personalismo, trad. it. di A. Cardin, Garzanti, Milano 1952, p. 117.
Mounier E., Manifesto al servizio del personalismo comunitario, trad. it. di A. Lamacchia, Ecumenica Editrice, Cassano (Bari) 1975, pp. 125-148.
Rousseau J., Emilio, trad. it. di L. De Anna, in Opere, a cura di P. Rossi, Sansoni, Firenze 1972, pp. 350-352.