Lo storico e teologo Jean-François Colosimo e il direttore del settimanale cristiano La Vie, Jean-Pierre Denis, si interrogano sul declino del cattolicesimo in Francia e in Europa, ravvisando una crisi spirituale e allo stesso tempo di civiltà.
 
Le Figaro – Marcel Gauchet profetizzava, nel 1985, l’uscita dalla religione. Oggi, siamo in un’èra di uscita dalle religioni?
Jean-François Colosimo – La tesi di Marcel Gauchet è importante, potente e sottile. Mi obbliga a riflettere e mi stimola, ma non la sottoscrivo (…). E’ sulla concezione del cristianesimo testimoniata da questo saggio fondativo che a mio avviso bisogna riflettere. Come diretti antenati, questa concezione ha due forti correnti nel Diciannovesimo secolo francese. Dal punto di visto politico, il liberalismo e la sua riduzione del Vangelo a un manifesto sociale. Dal punto di vista teologico, il modernismo e la sua riduzione del Cristo della fede al Gesù della storia. Ossia una doppia consacrazione dell’individuo. Ma venti secoli di cristianesimo possono essere ridotti a un super-io religioso trasformato da un inconscio irreligioso? Ogni teologo antico, medievale o classico sarebbe dunque soltanto un politico non dichiarato, incompiuto o mascherato? Penso che questa lettura sia inesatta. La tradizione cristiana esplora al contrario l’ambivalenza fondamentale tra lo spirituale e il temporale. La questione essenziale resta antropologica: una società può restare unita orizzontalmente senza dotarsi verticalmente di una rappresentazione trascendente? Ciò che vediamo, è che ovunque abbia trionfato la secolarizzazione, né l’emancipazione né l’attesa pacificazione si sono realizzate, e si è invece imposta un’atomizzazione senza precedenti dell’umanità, che ormai minaccia l’esercizio democratico delle libertà.
Jean-Pierre Denis – Marcel Gauchet parlava del cristianesimo come della “religione dell’uscita dalla religione”. Che omaggio magnifico! Dire che si esce “dalla” religione attraverso la religione, significa riconoscere quella centralità che oggi si nega contro ogni evidenza. Significa sottolineare che la nostra casa è il cristianesimo. Tuttavia, piuttosto che seguire Gauchet, preferisco rifarmi al canadese Charles Taylor, il cui libro “L’età secolare” apporta una visione della secolarizzazione che non si riduce al “disincanto del mondo”. Per lui, l’universo delle credenze è in espansione. La metafora corrisponde alla nostra visione del cosmos e alla nostra esperienza del mondo. Non c’è più un cristianesimo, ma dei cristianesimi, non più un islam, ma una pluralità di islam. La prova è che si è ancora alla ricerca, in mancanza di consenso, di quello che dovrebbe essere il “vero islam”! Si potrebbe dire la stessa cosa del buddismo del giudaismo o…del secolarismo. Ci sono dèi dappertutto, anche e soprattutto lì dove non si vogliono vedere o nominare.
 
Le Figaro – Se non si può parlare di fine delle religioni, si può invece parlare di una crisi del cattolicesimo?
Jean-Pierre Denis – Il cattolicesimo attraversa effettivamente una crisi molto profonda. Tutti gli indicatori sono negativi. I cattolici, per molto tempo, hanno rifiutato questa situazione, relativizzando le cifre, sopravvalutando i rinnovamenti o autopersuadendosi che la qualità aveva sostituito la quantità. A questo è venuta ad aggiungersi la crisi degli abusi sessuali e spirituali. Un fatto che obbliga l’istituzione, così come i fedeli, a un lavoro di introspezione doloroso e che si annuncia estremamente lungo, perché è cominciato vent’anni fa e probabilmente ne richiederà almeno altri venti. Ma il cattolicesimo è dotato di una formidabile capacità di riformarsi e di rinnovarsi, abbondantemente documentata nel corso della storia. Il suo genio sta nel combinare due forze contrarie, quella del potere e quella della santità. Sul lungo periodo, l’istituzione si rivela estremamente resiliente. Abbiamo conosciuto periodi di decadenza profonda, una chiesa il cui vertice sembrava completamente degradato, papi… poco adatti alla canonizzazione. Ma arrivata a un certo grado di decomposizione, e costretta dalle circostanze, questa stessa istituzione riesce a spostarsi verso la sua altra polarità, che è la santità. I giovani cattolici, che chiamo la “Génération catho +”, mi sembrano particolarmente consapevoli di questa cosa. Hanno interiorizzato la situazione e sono già immersi in questo stesso lavoro di ricostruzione, ma dal basso, attraverso la testimonianza personale (…). L’altra grande forza della chiesa cattolica è la sua capacità di ascoltare le persone, in una società dove più nessuno è in grado di farsi sentire. E’ il “modello del confessionale” (…). Se tutti i cattolici sono capaci di offrire un cuore che ascolta, il resto arriverà da solo. L’altra dimensione di questa resilienza è la resistenza alla persecuzione. Si osservi la storia dei cristiani in Giappone: un’evangelizzazione straordinaria da parte dei primi gesuiti, tra cui San Francesco Saverio, seguita da una persecuzione sadica e metodica. E’ stato sradicato il cristianesimo. Alcuni hanno abiurato, ma gli altri sono entrati nella clandestinità, al prezzo di sacrifici inauditi, senza alcun prete, senza alcun luogo di culto, senza alcun sacramento. E i “cristiani nascosti” hanno resistito per duecentocinquant’anni, fino all’arrivo dei missionari francesi, alla fine del Diciannovesimo secolo (…).
Jean-François Colosimo – Siamo di fronte a una crisi abissale come accade alla chiesa cattolica ogni cinquecento anni. La scossa attuale ricorda, per il suo carattere sistemico, la crisi delle eresie nel Quarto secolo, delle investiture nell’Undicesimo secolo, delle indulgenze nel Quindicesimo secolo. Ogni volta, sono state accompagnate da un disordine morale. Ogni volta, la catastrofe non è arrivata dall’esterno, ma dall’interno. Ogni volta, la crisi ha colpito duramente l’istituzione, e questa volta si concentra più che mai sulla curia, sul clero e le congregazioni. Ma ogni volta sono anche apparsi dei movimenti di missione interna, di purificazione e di conversione: la riforma monastica, la riforma gregoriana, la Controriforma. Siamo in questo momento di svolta, ma nessuno, ora, può prevedere cosa succederà (…).
 
Le Figaro – Oggi, in Francia e in Europa, quale deve essere il posto del cattolicesimo tra l’ascesa dell’islam e la religione dei diritti dell’uomo?
Jean-François Colosimo – Il cattolicesimo non è tutto della Francia, ma la Francia è impensabile senza il cattolicesimo. Il rapporto singolare che la Francia ha stabilito tra lo spirituale e il temporale è derivato da una cattolicizzazione del potere politico e da una laicizzazione dell’autorità religiosa. E’ questa l’eccezione francese. Ma rimane un interrogativo. Nel 1910, la chiesa di Francia è la prima delle chiese cattoliche nel mondo per numero di fedeli e per potenza intellettuale, ma anche come fonte apostolica, perché la primavera delle missioni, nel Diciannovesimo secolo, è stata anzitutto francese. Com’è stato possibile scivolare in un secolo da questa luce irradiante a una relativa oscurità? La chiesa cattolica di Francia non può stare meglio della Francia. Invece di isolare la questione, va presa in considerazione la riduzione parallela dell’influenza della Francia sul piano politico, industriale, culturale e diplomatico. Questo calo d’influenza è legato a una mutazione più globale, comune allo spazio europeo. I corpi religiosi sono invitati a dare testimonianza presso organi estremamente secolarizzati dell’unico ambito che viene loro concesso: la nascita e la morte. Sono le ultime due zone misteriose nelle quali la politica fatica ad entrare. Si consultano le chiese perché da loro ci aspetta una rassicurazione in termini di umanità. Troppo spesso i rappresentanti istituzionali si accontentano di questo strapuntino nella società globalizzata della negoziazione. E’ un vero e proprio problema.
Jean-Pierre Denis – Il dramma della chiesa è aver smesso di rivolgersi all’uomo smarrito per proporgli la Salvezza. La principale “rivoluzione” di Papa Francesco non è di ordine istituzionale, politico o ideologico. E’ di ordine spirituale. E’ la rivoluzione della misericordia. Si rivolge a ognuno alla maniera di Gesù: “La tua fede ti ha salvato. Va in pace”. E’ il semplicissimo messaggio del Vangelo e la grande forza del cristianesimo. Nella sua domanda lei evoca la “religione dei diritti dell’uomo”. Dopo la caduta del Muro di Berlino, è stata effettivamente una sorta di sostituto politico alla fine della storia. Il principale problema è che la sua scomparsa è stata più rapida della sua apparizione, rimpiazzata dalla religione dei diritti dell’individuo. L’universalismo è in crisi. La conversazione pubblica è minata da rivendicazioni particolari. Più nessuno, a eccezione della chiesa cattolica, crede nell’universale.
 
Le Figaro – Come vedete l’Europa fra cinquant’anni? Sarà ancora cristiana? 
Jean-Pierre Denis – Alla domanda sul futuro, le rispondo più umilmente con il passato. L’Europa è intimamente legata al cristianesimo. Viene da Atene, ma anche da Gerusalemme e da Roma, da Pietro e Paolo, da Mosé e San Francesco d’Assisi. La prima Europa è l’Europa dei monasteri, è la rete delle abbazie cluniacensi. E’ un’Europa senza frontiere nella quale si parla una lingua culturale e spirituale comune. Ciò non ha impedito i conflitti tra nazioni cristiane, ma queste fondamenta resistono. Si può sempre gridare, negare, cedere, ma è la realtà storica. Il resto, il futuro, è una questione di speranza, ma dipende anche da una convinzione: la nostra civiltà è legata al cristianesimo.
Jean-François Colosimo – In Europa, nel corso dei secoli, tutti i riformatori, dai teorici pagani dell’Impero romano ai fondatori dell’Unione, passando per i teologi del Medioevo e i filosofi dei Lumi, hanno avuto Atene come punto di riferimento. Eppure, la città di Pericle e di Platone era diventata successivamente un borgo polveroso, che subiva la storia invece di farla. Credo alla sopravvivenza dello spirito europeo nelle biblioteche, nei musei e nei conservatori. La sua impronta è stata così forte che non smetterà mai di costituire un patrimonio per l’umanità. La scristianizzazione del Vecchio continente ci mette di fronte a questa eventualità. Nessun futuro senza passato, soprattutto perché la volontà politica non nasce dalle realtà materiali ma dall’immaginario mistico. (Traduzione di Mauro Zanon)
Giulio Meotti, Il Foglio, 6 gennaio 2019
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