La crisi ecologica, la crisi migratoria, le derive dell’economia senza regole o i progressi tecnologici esigono di ripensare un nuovo umanesimo se non si vuole che esso appaia come un ideale lontano e staccato dalle realtà del mondo.
Il 17 gennaio scorso, degli intellettuali interpellavano il presidente della Repubblica francese in un articolo intitolato: “La sua politica migratoria è in contraddizione con l’umanesimo che Lei sostiene!”. Con queste parole, sottolineavano una delle sfide maggiori poste all’umanista contemporaneo. Erede di coloro che, a partire dal XIV secolo in Europa, proposero al mondo un progetto di emancipazione, resta legato all’idea di un uomo che prende nelle sue mani il proprio destino e si sforza di costruire una società giusta.
Ma le crisi, quella migratoria e quella ecologica, il neoliberismo o ancora le nuove tecnologie sconvolgono così fortemente i valori di quell’umanesimo che obbligano a tornare all’interrogativo fondamentale: che cos’è una vita umana?
 
   1.La crisi migratoria
Di tutte le sfide attuali, è quelle che si scontra con la promessa centrale dell’umanesimo: l’uuguale dignità di ogni essere umano. Già nel XVI secolo, come nota lo storica Olivier Christin, gli umanisti riflettevano su questa “comune umanità” in un contesto di globalizzazione.
“Nell’epoca moderna, l’Europa conosce grandi migrazioni – quella degli ebrei spagnoli poi degli ugonotti francesi – mentre le grandi scoperte la interrogano sulla diversità culturale, spiega lo storico. A questi numerosi dibattiti, l’Illuminismo ha dato una risposta: siamo solidali con tutti gli esseri umani, anche a distanza”. Nella loro scia, alcuni propongono oggi la necessità di staccare i diritti fondamentali dell’umanità dalla cittadinanza, altri propongono di estendere quest’ultima ad una “cittadinanza mondiale”.
La crisi migratoria, come prova primaria dell’umanesimo, ne ricorda la fragilità storica. “Poiché la sola relazione etica con l’altro è quella dell’aiuto e della cura, che fanno riferimento alla mortalità e alla vulnerabilità di tutti, bisogna ammettere che si continuano a fare negoziazioni su questo principio che non dovrebbe sottostare a nessuna condizione”, ricorda il filosofo Marc Crépon, che ha proposto la nozione di “consenso omicida” per definire l’accettazione della violenza.
“Un umanesimo che voglia evitare ogni forma di tranquillità di coscienza deve cominciare con il riconoscere questa falla, aggiunge, e inventare delle strade per uscire dalla passività. La rivolta, la critica ai discorsi nichilisti ne fanno parte, così come ogni gesto di bontà”.
 
   2. La crisi ecologica
L’idea dell’uomo misura di ogni cosa, staccato dall’ambiente, è durata a lungo. Gli effetti distruttivi del suo modo di vivere sul pianeta e sugli altri esseri viventi mettono in luce le lacune di un umanesimo che organizzava la separazione delle scienze umane dalle scienze naturali nel corso dei secoli XVI e XVII. Il riscaldamento climatico e la sofferenza animale obbligano a rompere con una concezione dell’umano come semplice libertà, «hors-sol», sconnessa dalla realtà ambientale, secondo il vocabolario attuale.
La crisi ecologica impone “una riflessione sui nostri limiti e sul nostro diritto, conferma Corine Pelluchon, che pubblica da Seuil Éthique de la considération (1). Tale riflessione apre ad un nuovo umanesimo che ingloba le generazioni future e gli altri esseri viventi, che insiste sulla libertà ma anche sulla materialità dell’esistenza e sulla vulnerabilità. All’interno del pensiero umanista classico, la mia libertà era limitata da quella degli altri; la legge lo garantiva. Attualmente, dobbiamo anche accettare di autolimitare il nostro consumo per preservare il mondo comune”. L’eredità umanista non è da rigettare ma da completare: l’uomo è anche colui che, prendendo in considerazione il suo ambiente, sviluppa il senso della misura.
 
     3. Il neoliberismo
Concentrazione delle ricchezze, precarizzazione, sofferenza al lavoro… Nell’epoca della deregulation mondiale, l’interrogativo umanista risuona in modo diverso: che cosa è una vita buona e libera? «Non quella che si esaurisce nella sopravvivenza o nel consumo, non quella di una persona ridotta ad una variabile di adattamento di una programmazione di produzione, enumera Olivier Christin. La brutalità economica attuale ripropone la domanda della realizzazione, del valore e della finalità di una vita umana».
Allo stesso modo, rilancia la riflessione sul nostro progetto di società. L’umanesimo oggi passa da una volontà politica, perché «lo Stato deve riaffermare la sua missione che consiste nell’organizzare la società per la giustizia e per la pace e non per il profitto di alcuni, insiste Corine Pelluchon. L’ideologia che porta a dimenticare il valore degli esseri e distrugge il senso del lavoro ha un nome: l’economicismo. È una ideologia che impregna anche le mentalità. Riaffermare l’umanesimo, perseguire un progetto di emancipazione che sottragga l’uomo al dominio della performance e della mercificazione, è il solo modo di preservare la democrazia”.
 
    4. Le nuove tecnologie
Un programma riassume da solo l’ampiezza delle sfide poste dalle nuove tecnologie: il transumanesimo, che intende aumentare le caratteristiche fisiche e mentali dell’uomo per superare i suoi limiti biologici.
I progressi tecnologici che rimettono così in discussione “la delimitazione stessa della persona umana convocano un investimento massiccio degli umanisti che non si preoccupano solo delle possibilità della scienza”,si allarma Olivier Christin. Tali progressi esigono che si dibatta sulla libertà, che non consiste, ricorda ancora Corine Pelluchon, “nel fare tutto ciò che è possibile, ma ad oientare il progresso in funzione dei beni che scegliamo di onorare e di ciò che rifiutiamo di veder succedere”.
Che cosa auspichiamo, come vogliamo definirci in quanto esseri umani? Ecco le domande che pongono anche le tecnologie digitali, rincara la teologa Gemma Serrano, direttrice del dipartimento “umanesimo digitale” al Collège des Bernardins.
«Non ci troviamo di fronte a nuovi strumenti, siamo immersi in una nuova cultura che porta con sé anch’essa un ideale di condivisione e di collaborazione, precisa. Questa immersione non è necessariamente negativa, a condizione che manteniamo una capacità di analisi e di azione. Non siamo solo influenzati da questa nuova cultura digitale, partecipiamo attivamente alla sua costruzione”.
Come al tempo dei Lumi, l’educazione deve quindi essere al centro delle nostre preoccupazioni. “Non è opportuno che attrezziamo intellettualmente le persone, dobbiamo anche condurle ad affermare la loro autonomia morale e ad umanizzarsi sviluppando certe disposizioni morali, conclude Corine Pelluchon. Infatti non si tratta solo di sapere quale mondo vogliamo trasmettere ai nostri figli, ma anche quali figli lasceremo al mondo”.
Le quattro sfide dell’umanesimo contemporaneo, di Béatrice Bouniol, in “La Croix” del 26 gennaio 2018 (traduzione: www.finesettimana.org)