Le sfide contemporanee dell’educazione: tra emergenza e nuovi traguardi
In questi ultimi due decenni si è parlato spesso di emergenza educativa. Il concetto di emergenza richiama ad una situazione di difficoltà circoscritta nel tempo, imprevista, accidentale e che, proprio per le sue caratteristiche, richiede un intervento immediato e specifico. Quando una difficoltà travalica uno spazio temporale limitato, cessa di essere qualcosa di emergenziale e assume i tratti di una problematica incancrenita. Quando una realtà permane in uno stato di crisi per lungo tempo, non è possibile optare per soluzioni mirate e rapide come nelle emergenze; occorre, invece, andare a fondo e raccogliere, attraverso un concreto sguardo sul mondo, gli elementi che hanno originato e nutrito le difficoltà. In una situazione di crisi educativa come quella emersa in questi primi due decenni del XXI secolo, bisogna, dunque, andare oltre una visione del problema in termini emergenziali e provare a rileggere la questione in termini di sfida. Se è evidente che il campo dell’educazione è disseminato di ostacoli, non è altrettanto evidente quali possibilità di fronteggiare questi ultimi possono prendere forma: si può parlare di difficoltà da superare in una prospettiva meramente emergenziale, oppure si può parlare, in una logica di sfida, di traguardi e mete da raggiungere e conquistare. La seconda opzione potrebbe essere il punto da cui ripartire, attraverso orizzonti di speranza che sono volti a creare e ritrovare, magari a fatica, il buono sempre presente nella realtà. Le sfide, dunque, sospingono l’intelligenza e la volontà a ricercare obiettivi a cui tendere. Raccogliere una sfida e impegnarsi nel trovare un orizzonte di senso verso cui dirigersi è il primo passo di un cammino che non può sussistere senza delle vie che possono condurre alla meta.
 
Prospettive pedagogiche nel mondo onlife
Le sfide educative del nostro tempo, seppure in parte dipanate da molti studi, risultano, comunque, in continuo divenire ed evolversi e per poter essere affrontate necessitano di itinerari pedagogici, che, in quest’ora, paiono essere ancora nebulosi e difficilmente identificabili.
Gli ultimi vent’anni sono stati segnati da una costante digitalizzazione dell’esistenza ed Internet è entrato nelle vite, occupando, in breve tempo, uno spazio sempre più ampio. Oggi gli adulti, che vivono sulla propria pelle la responsabilità educativa, vivono un gap culturale con le nuove generazioni. Gli adulti di oggi, che hanno vissuto parte della loro vita senza Rete e l’hanno vista nel tempo, apparire, sempre di più nella loro quotidianità, percepiscono un distinguo tra quando si trovano connessi, online, e quando sono disconnessi, ovvero offline. Per le nuove generazioni, chiamate generazione Z (coloro che sono nati tra la seconda metà degli anni 90 e il primo decennio del Terzo millennio) e, generazione Alpha (coloro che sono nati dopo il 2010), porre in essere un distinguo tra l’essere connessi ad Internet o meno, non viene più sentito e neppure pensato: la Rete è qualcosa che appartiene all’esistenza e ad essa si è costantemente collegati.
 
Il cambiamento antropologico nella esistenza nell’ Onlife
Interessante, a questo proposito è stato lo studio dello studioso Luciano Floridi, docente di Filosofia ed Etica dell’informazione all’Università di Oxford, dove dirige il Digital Ethics Lab, il quale ha parlato di una gioventù onlife, una società definita come le “mangrovie”, che «vivono in acqua salmastra, dove quella dei fiumi e quella del mare si incontrano. Un ambiente incomprensibile se lo si guarda con l’ottica dell’acqua dolce o dell’acqua salata. Onlife è questo: la nuova esistenza nella quale la barriera fra reale e virtuale è caduta, non c’è più differenza fra “online” e “offline”, ma c’è appunto una “onlife”: la nostra esistenza, che è ibrida come l’habitat delle mangrovie”»[1].
Siamo innanzi ad un cambiamento antropologico epocale, ovvero alla trasformazione in atto nel genere umano causata dalla realtà digitale dei cosiddetti nuovi media. La questione antropologica è ancora il nucleo centrale della sfida educativa attuale e le nuove vie per affrontarla necessitano di essere ancora tracciate.
La pedagogia è chiamata a confrontarsi con una rivoluzione e per offrire proposte per l’educazione non deve cadere in catastrofiche visioni della realtà e neppure in ingenue forme di esultanza; piuttosto, con una forte dose di realismo, può spendersi nel cogliere limiti e potenzialità, costatando che la via aperta dalla rivoluzione digitale non può essere percorsa a ritroso.
 
Le nuove vie per l’educazione
Offrire nuove vie per l’educazione significa anzitutto partire dal compito originario di ogni intenzionalità paidetica, che è posta in essere da una comunità adulta realmente educante: «Se è vero, inoltre, che il nostro principale dovere consiste, secondo la profonda massima di Pindaro (e non di Nietzsche), nel diventare ciò che siamo, niente è più importante per ciascuno di noi e niente è più difficile che divenire un uomo. Così il compito principale dell’educazione è soprattutto quello di formare l’uomo, o piuttosto di guidare lo sviluppo dinamico per mezzo del quale l’uomo forma se stesso ad essere un uomo»[2].
Se l’educazione ha il compito di aiutare l’uomo a diventare uomo, la pedagogia quali prospettive può offrire perché la persona, nella sua irriducibile unicità, possa diventare pienamente se stessa?
 
Una tradito aperta all’ad-ventura
Il panorama culturale contemporaneo non può cancellare la richiesta di senso del singolo e la necessità dell’educazione di far maturare l’individuo in un cammino personale irripetibile. L’educazione trova il suo fondamento nella trasmissione del patrimonio culturale del passato e nella certezza del poter fornire gli strumenti culturali, morali necessari, perché nel futuro i giovani possano trovare il loro autentico esserci nella società: «Una traditio aperta all’ad-ventura (al futuro), poggiata sulla testimonianza, tesa a che la libertà dell’educando vada incontro al reale con umile curiositas, ne assapori la pienezza, non si blocchi di fronte alla contraddizione e al male suo e degli altri: a questo deve tendere con il contributo di ogni comunità di appartenenza ogni comunicazione del sapere»[3].
 
I nuovi processi educativi in epoca onlife
Tenendo fermi questi punti che costituiscono la linfa vitale del contenuto dell’educare, quali processi può offrire la pedagogia per dare vita a nuove vie per educare oggi in epoca on life?
Credo che, anzitutto, occorra superare i dualismi virtuale e reale, per entrare in vero contatto con le nuove generazioni e poter dialogare autenticamente con loro, con la loro vita vera, superando eventuali precomprensioni che possono bloccare l’adulto in una posizione autoreferenziale: «Così come, finora, abbiamo distinto tra offline e online, abbiamo distinto anche tra mondo “reale” e mondo “virtuale”, non nascondendo il fatto che al concetto di «virtuale» si è sempre associato quello di realtà “finta, non vera, non …reale”. Ebbene, anche qui serve un cambio di consapevolezza: il mondo virtuale, cioè digitale, è un mondo reale. Digitale, certo, ma reale. La nostra busta paga arriva come cedolino elettronico e se vogliamo chiedere un trasferimento dobbiamo attivare un’istanza online. Tutto nel mondo sta virando dall’analogico all’informatico ed è vita vera»[4].
Proprio a partire da un sano realismo è possibile costruire dei ponti dialogici con i giovani e qui innestare un processo educativo, riscoprendo la tradizione e progettando il futuro. Le vie per l’educazione, che da qui possono prendere le mosse, potrebbero essere davvero tante ed i processi paidetici possono assumere le più svariate forme, purché resti fermo il contenuto essenziale di ogni processo educativo che tale possa dirsi, ovvero quello di aiutare la persona umana, nel proprio tempo, a rispondere al suo principale dovere, che è quello, come diceva Maritain, di «divenire uomo».
NOTE
[1] J. D’Alessandro, Luciano Floridi: “Vi spiego l’era Onlife, dove reale e virtuale si (con)fondono”, in Repubblica, 26/09/2019.
[2] J. Maritain, L’educazione al bivio, La Scuola, Brescia, 1987, p. 13-14.
[3] A. Scola, Educare nella società in transizione, Omelia in occasione della Festa del Santissimo Redentore, Venezia, 16 luglio 2006.
[4] D. Mecenero, La didattica dell’IRC e le nuove tecnologie, in L. Raspi (ed), Pedagogia e didattica dell’insegnare Religione, San Paolo, Cinisello Balsamo 2020, p. 136
Luca Raspi