Educare al dialogo interculturale attraverso il confronto delle narrazioni
Viviamo in una società sempre più multiculturale, multireligiosa e iperconnesa in cui i cambiamenti sono molto veloci e le questioni che si presentano, sempre più impellenti, sono proprio  quelle relative alla costruzione concreta e quotidiana del dialogo e dell’interrelazione fra tante “narrazioni” personali e collettive.
L’educazione è sicuramente la chiave che può aiutare a comprendere e vivere la complessità; e per  educazione non si intende solo quella relativa alle nuove generazioni, se pur  fondamentale, ma al percorso che comprende tutta l’esistenza e che rimanda ad un modo di rapportarsi con situazioni sempre nuove e in continua evoluzione. Quindi la questione fondamentale è il come educare ed educarsi a costruire relazioni positive e propositive, come impostare un confronto aperto, serio e costruttivo fra persone appartenenti a   culture e religioni diverse.
Il “dialogo interculturale” è uno scambio di visioni aperto, rispettoso; basato sulla comprensione reciproca, tra individui e gruppi che hanno origini e un patrimonio etnico, culturale, religioso e linguistico differenti. E’ un modo di porsi, di vedere le cose, di agire e soprattutto una prospettiva  in grado di assicurare un ampliamento dell’orizzonte culturale a cui ci riferisce. L’azione educativa interculturale, vuol mettere in contatto, riuscire ad instaurare un confronto sereno fra le differenze; assicurando un arricchimento cognitivo e antropologico, un ampliamento dell’orizzonte culturale a cui collegare l’intero processo di apprendimento che apra la persona ad un’identità matura e accogliente.
Accettare il confronto vuol dire conoscere in modo approfondito il patrimonio della propria tradizione culturale come punto di partenza, per impegnarsi in nuove sintesi, accettando il confronto con altre memorie e narrazioni. Ciò esige il riferimento a nuove “fonti”, a nuovi punti di vista, a nuove ricostruzioni genealogiche dei saperi.
Tutti, hanno qualcosa da narrare, se qualcuno è disposto ad ascoltare, infatti senza l’ascolto dell’altro non è possibile parlare di interculturalità. L’altro, nell’educazione interculturale, deve diventare “attore” protagonista, è  un “movimento di reciprocità” su cui confrontarsi.
Attraverso la globalità dei linguaggi e il racconto diretto delle esperienze è possibile infatti realizzare uno scambio di valori culturali e confrontare i “punti di vista” sulla realtà[1].
L’obiettivo non è tanto quello di aumentare il volume dei materiali narrativi, quanto piuttosto quello di dare un “impianto narrativo” al percorso educativo. In questo modo la narrazione non è più intesa soltanto come contenuto dell’educazione ma come un “educare narrando”[2].
 
Un approccio veramente interculturale 
Un approccio veramente interculturale comprende «L’integrazione (“integrazione sociale”, “inclusione”) designa un processo a doppio senso e l’atteggiamento degli individui a vivere insieme, nel pieno rispetto della dignità individuale, del bene comune, del pluralismo e della diversità, della non-violenza e della solidarietà, come anche della loro capacità a partecipare alla vita sociale, culturale, economica e politica»[3].
L’educazione interculturale si basa sulla consapevolezza che i valori che danno senso alla vita non sono tutti nella propria cultura, ma neppure tutti nelle culture degli altri; non tutti nel passato, ma neppure tutti nel presente o nel futuro. Educare all’interculturalità significa quindi costruire la disponibilità a conoscere e a farsi conoscere nel rispetto dell’identità di ciascuno in un clima di comunicazione  aperta e di solidarietà.
Si definisce così un quadro di ampio respiro dove si ragiona in termini di società multiculturale; introducendo i concetti di clima relazionale e attivazione del dialogo; e in questo contesto, non solo i luoghi non formali e informali giocano un ruolo importante, ma anche la scuola ha un ruolo fondamentale, già da come viene impostato tutto il processo educativo: proponendo la valenza interculturale delle discipline, prefigurando attività interdisciplinari e soffermandosi sulle opportunità  delle attività integrative. Questo modo  di apprendere, aiuta a comprendere le differenze come opportunità, ricchezza e non  come motivi di conflitto ed esclusione.
Ecco allora che conoscere e abitare le narrazioni della propria cultura permette di confrontarsi serenamente con le narrazioni di altri. In particolare il linguaggio dell’arte, consente di entrare in contatto con le proprie emozioni, di attivare la curiosità per scoprire le motivazioni che hanno spinto un artista ad esprimersi in quel determinato contesto, con quei colori, con quelle precise parole.
 
Ma l’arte ha anche una dimensione più complessa
E’ la dimensione legata alla memoria dell’esperienza codificata dell’uomo, della sua storia e della sua cultura legata al territorio. I luoghi di questa memoria, i musei, inducono a ripercorrere il lungo cammino del tempo attraverso storie personali e sociali, accompagnando sia i giovani che gli adulti nella riscoperta della propria storia culturale, perché la si possa confrontare in modo aperto con altre storie e altri modi di essere.
 
Bibliografia
BEVILACQUA G., Didattica interculturale dell’arte, EMI, Bologna 2001.
BISSOLI C. (a cura di), Insegnare religione nel pluralismo, Elledici, Torino 1996.
DELORS J., Nell’educazione un tesoro, Armando Editore, Roma 1997.
ELLERANI P. – PAVAN D., Educazione all’intercultura, SEI,Torino 2007.
NANNI A., L’educazione interculturale oggi in Italia, EMI, Bologna 1998.
PORTERA A.- LA MARCA A. –CATARCI M., Pedagogia interculturale, La Scuola, Brescia 2015.
ZANI V., La dimensione religiosa del dialogo interculturale: il ruolo dell’Ir confessionale, Seminario di Studio, Roma 17 marzo 2010
 
NOTE
[1] Cfr. A. Nanni, L’educazione interculturale oggi in Italia, EMI, Bologna 1998, p. 39.
[2] Cfr. A. Nanni, Per una didattica interculturale della religione, in C. Bissoli (a cura di), Insegnare religione nel pluralismo, Elledici, Torino 1996, p. 39.
[3] V. Zani, La dimensione religiosa del dialogo interculturale: il ruolo dell’Ir confessionale, Seminario di Studio, Roma 17 marzo 2010 in URL: < www.chiesacattolica.it >.
Giuliana Migliorini