La via della bellezza è la via della salvezza.
Perché ci viene spontaneo raccogliere sulla spiaggia del mare le conchiglie e i sassolini più belli?
Perché rimaniamo incantati davanti a un volto umano o a un dipinto, o avvertiamo un’inesprimibile dolcezza interiore ascoltando musica, o ci soffermiamo con gli occhi spalancati a contemplare un tramonto?
Perché, in altre parole, ricerchiamo quella rivelazione, quell’epifania che definiamo bellezza?
Vito Mancuso affronta in questo nuovo affascinante libro un mistero che è tipico dell’uomo, e ne interpreta le profondità per farne la bussola capace di orientare il cammino verso la verità. Superando ’aspetto esteriore dei nostri corpi per approfondire il senso dell’interiorità della nostra anima fatta di armonia e fascino, eleganza e grazia, questa riflessione diventa un’avventura alla ricerca delle sorgenti della bellezza in grado di indicarci quali pratiche concrete possiamo mettere in atto per rendere quotidiano il nostro rapporto con essa: solo in questo modo infatti potremo superare ogni indifferenza e tornare, o addirittura iniziare, a gioire al cospetto di quelle opere e di quegli eventi capaci di stringerci il cuore. Perché ricercare e custodire la bellezza è la via privilegiata per onorare il compito che attende la nostra vita.
Descrizione
Titolo: La via della bellezza
Autore: Vito Mancuso
Editore: Garzanti Libri
Formato: EPUB con DRM
Costo testo cartaceo: 16,00 E
Dimensioni: 361,2 KB
Pagine: 204 p.
EAN: 9788811607007
 
 
La bellezza come via di salvezza
di Carlo Molari
Nel mese di ottobre dell’anno appena terminato Vito Mancuso ha pubblicato un nuovo, prezioso libro: La via della bellezza (Garzanti, Milano). Settantaquattro riflessioni sulla bellezza sono distribuite in dodici capitoli. Segue una appendice con l’analisi linguistica di diciasette termini relativi alla bellezza, disposti in ordine alfabetico e una ricca bibliografia.
Il libro è dedicato «al mio paese, l’Italia, sede di tanta bellezza, perché ne ritrovi la via». Ha quindi un intento non solo speculativo ma anche pratico, non solo estetico, ma anche etico e formativo. Termina infatti con un elenco di Pratiche per camminare sulla via della bellezza e con il monito a «ricordarsi sempre che via della bellezza è la via della salvezza» (p. 173). Un invito che suppone almeno tre convinzioni: la prima che l’Italia (o il mondo del nostro tempo) abbia smarrito la via della salvezza, la seconda che sia possibile ritrovarla per riprendere il cammino e, infine, che la cultura possa dare un notevole contributo al raggiungimento di questo traguardo.
Il dato presupposto e illustrato in varie maniere è «l’avversione contemporanea nei confronti dell’armonia» (p. 97). Avversione che appare a tutti i livelli del sapere umano: a livello astronomico e biologico, a livello storico ed etico e, di riflesso, anche a livello estetico.
Per chiarire l’incongruenza di tale avversione Mancuso parte dal dato proposto dalla fisica che «ogni essere materiale è risultato di una aggregazione di elementi» (p. 83) e che «ricondotto ai suoi fondamenti, l’essere non si manifesta più come materia solida ma come energia vibrante, una grande onda che produce aggregazioni sempre più complesse, e ogni cosa esistente si rivela come un pacchetto o anche come un accordo di onde» (p. 83). Egli perciò considera l’esperienza estetica come «il risultato della sintonia tra la vibrazione costitutiva dell’oggetto e la vibrazione costitutiva del soggetto. La vibrazione dell’oggetto si lega alla vibrazione del soggetto, il suonare del primo produce il risuonare del secondo: e tale risonanza è esattamente ciò che si chiama esperienza estetica. E poi, nella misura in cui il soggetto possiede il talento di riprodurre la risonanza percepita e di fatto la riproduce, questa sua operazione si chiama arte» (p. 83).
L’interrogativo centrale perciò al quale in modi vari il libro risponde per suggerire rimedi è formulato così: «perché lo spirito contemporaneo produce questa arte e questa musica così scomposte, irriverenti, estranianti, che invece di comunicare proporzione e forma comunicano il loro contrario? Perché tanta non curanza, per non dire inimicizia, verso l’armonia?» (p. 95).
Per chiarire questo interrogativo Mancuso premette una riflessione relativa alla struttura della realtà in divenire: «nella natura non c’è solo un movimento aggregativo dell’armonia, perché se così fosse, il mondo sarebbe molto diverso; c’è anche il movimento opposto della disarmonia, che provoca la rottura dei sistemi e che nel mondo dei viventi si manifesta come violenza, malattia, morte. Di tutto questo il nostro tempo è tragicamente consapevole e di tale consapevolezza sono la mente e il sentimento degli artisti a rappresentare la più delicata e insieme la più forte espressione» (p. 97). Riguardo alla attuale situazione egli si interroga: «Quale reale espressione dell’armonia è infatti ancora possibile oggi guardando con lucida consapevolezza alla natura e alla storia? » (p.97). E conclude: «io penso che molta arte contemporanea sia il sintomo del nostro esserci perduti, del nostro essere privi di una meta ideale, della nostra odissea senza Itaca. Penso altresì che l’unica via verso la salvezza consista in una attenta riconsiderazione dell’armonia» (p. 98).
La convinzione centrale del libro è espressa nel titolo e riassunta in formule esplicite, molto chiare: «La tesi di questo libro è quindi che la bellezza è la via verso la verità della vita. O, detto in altri termini, che la vita è un viaggio la cui meta è la verità e la cui via maestra è la bellezza» (p. 147). Di fronte alla possibilità di salvezza si ergono però due difficoltà che Mancuso esamina in modo dettagliato perché esigono un esame attento e risposte sincere soprattutto per alcuni aspetti che appaiono momentanei. La storia, infatti, non è la semplice ripetizione di eventi, sempre identici, ma l’irruzione di novità continua in un reale processo di crescita.
Risposta a due obiezioni
La prima difficoltà è di tipo fisico e risulta dalla considerazione degli eventi ristretti alla terra e al sistema solare e quindi facilmente superabile, dato che l’universo come oggi è conosciuto è molto più esteso di quanto si pensava ancora agli inizi del secolo scorso. Secondo i dati della attuale scienza astronomica la nostra piccola terra fra circa cinque miliardi di anni sarà inglobata dal sole in fase finale di espansione e tutto il processo riprenderà da capo per raggiungere un’altra forma di armonia immanente al cosmo che si rinnova continuamente.
Ma è anche pensabile una forma di armonia spirituale superiore una volta raggiunta la meta da parte dell’umanità o di altre forme di vita esistenti nell’universo.
Per la nostra attuale condizione, tuttavia, la difficoltà resta valida e conduce alla conclusione che ogni armonia realizzata sulla terra è destinata al fallimento, «a finire nel nulla» così che «il senso ultimo del mondo non è l’armonia ma il suo contrario, la disarmonia detta caos» (p. 98).
Mancuso a questa prima obiezione vede «solo una plausibile risposta: esiste un’armonia superiore rispetto a quella terrestre. Tale armonia superiore può essere pensata nel cosmo, e in questo caso si parla di un’armonia immanente; oppure fuori dal cosmo, e in questo caso si parla di armonia trascendente » (p. 99). Egli conclude: «vista la crescente complessità realizzatasi nel tempo con il passaggio dai gas primordiali alla intelligenza della mente è più plausibile ipotizzare l’esistenza di un’armonia cosmica superiore, piuttosto che il suo contrario. È vero comunque che il concetto di armonia superiore è una proiezione ideale, un’elaborazione della speranza, forse un’intuizione, e che vive dell’utopia della riconciliazione di tutte le cose» (p. 100 sottolineature. mie).
La seconda difficoltà nella prospettiva di fede è più difficile da superare, anzi impone una revisione dell’attuale catechismo della Chiesa cattolica. Egli confessa: «Per quanto concerne invece la seconda obiezione devo ammettere che non conosco risposte plausibili, perché essa, a mio avviso è assolutamente fondata: c’è un carico di dolore che rimane inspiegabile e inaccettabile.
Per quanto possa essere reale nella sua dimensione cosmica, l’armonia resta una realtà irrealizzabile per i singoli viventi perché uomini e animali soffrono e continueranno a soffrire, ed è proprio tale loro immane e incancellabile sofferenza a impedire strutturalmente la realizzazione di una superiore e giusta armonia» (pp. 100 s.).
È uno dei problemi che in varia maniera ritorna in tutti i libri di Mancuso ed è il tema del male e del peccato. Per la sua presenza «tale armonia costa troppo e quindi è inaccettabile » (p. 98). Di fronte all’esistenza del «dolore, delle immani sofferenze che il processo cosmico richiede ai viventi, sofferenze di esseri umani e non umani, perché tutto ciò che vive, soffre» (p. 99).
Alla fine però «c’è una risposta: per permettere la libertà. Ma se è così, questa libertà non costa troppo e non sarebbe il caso, come fece Ivan Karamazov, di ‘restituire il biglietto’?» (p. 102).
La risposta di Mancuso, anche quando è dubbiosa, resta positiva nei confronti della bellezza e della positività della vita. Convinzione questa più volte ripetuta: «io continuo a essere grato alla vita che mi ha fatto esistere e non intendo restituire, ma piuttosto onorare, il prezioso biglietto d’ingresso. La nostra vita costa, ma io penso sia bello lavorare al servizio dell’armonia, del bene e della giustizia, di una bellezza che genera passione, vitalità, direi anche sensualità perché è qualcosa che si sente e a cui partecipa anche il corpo» (p. 103). Questa convinzione si sviluppa anche con il dubbio razionale ma consiste in una profonda intuizione vitale, meta-razionale (come egli preferisce chiamarla). Essa è «di carattere entusiasta dato che non può essere il prodotto della conoscenza dell’universo, ma nasce dall’esperienza della volontà di vivere» (Albert Schweitzer citato a p. 103). Con altre parole essa ha il carattere di ottimismo tragico come scriveva Pavel Florenskij: «nella vita ci sono molte cose mostruose, malvagie, tristi e sporche. Tuttavia rendendosi conto di tutto questo, bisogna avere dinnanzi allo sguardo interiore l’armonia e cercare di realizzarla» (citato a p. 105). Può quindi concludere: «Io non so se la bellezza salverà il mondo. Sono però sicuro che può salvare quel piccolo pezzo di mondo che è ognuno di noi. Nutrendosi di bellezza, il nostro io a poco a poco si libera dalle sue ristrettezze e dalla volontà appropriativa, nonché dalle sue paure e dalle sue ansie, si libera insomma da tutto quel magma incandescente e a volte marcescente il cui insieme denominiamo ego, spesso all’origine del cosiddetto male di vivere e di tanta sofferenza» (p. 168).
in “Rocca” n. 1 del 1 gennaio 2019