Premessa
Nell’esortazione post-sinodale Amoris Laetitia, papa Francesco – fin dal primo capitolo – indica quello che possiamo definire l’archetipo teologico (trinitario) della sessualità umana di coppia, richiamando Genesi come prioritario riferimento di “rappresentazione” (1). Scrive: “I due grandiosi capitoli iniziali della Genesi ci offrono la rappresentazione della coppia umana nella sua realtà fondamentale. In questo testo iniziale della Bibbia brillano alcune affermazioni decisive. La prima, citata sinteticamente da Gesù, afferma: «Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò» (1, 27)” (AL, n. 10).
Poiché, sempre nello stesso documento, il papa afferma che “la complessità ci ha mostrato la necessità di continuare ad approfondire con libertà alcune questioni dottrinali, morali, spirituali e pastorali” (AL, n. 2), sono incoraggiato ad approfondire la riflessione sul sopra ricordato archetipo della sessualità umana di coppia, con alcune annotazioni che propongo in via – per così dire – di possibili ipotesi di lettura.
 
I due racconti della creazione del genere umano
In Genesi abbiamo, com’è noto, due racconti della creazione (in particolare del genere umano). Il secondo, detto yahwista, è comunemente ritenuto più antico. Comunque ci pare ‘necessario’, per la profondità dell’archetipo, che i racconti siano appunto due.
Nel capitolo primo di Genesi, Dio crea al quinto giorno animali viventi nel cielo (uccelli) e nel mare (pesci, ma anche altri esseri viventi e imprecisati mostri marini) (1, 20-21). Dio li benedice e li esorta ad essere fecondi e a moltiplicarsi. Lasciando da parte la questione delle piante dioiche, il quinto giorno, dunque, sono – nella rappresentazione simbolica di Genesi – creati anche i sessi maschile e femminile (potremmo dire cromosomicamente distinti): cioè la differenza sessuale intesa in senso biologico (sex). La creazione della differenza sessuale, dei sessi, della sessualità precede la creazione del genere umano, perché non è caratteristica del solo genere umano. Tale sessualità implica l’apparato riproduttivo animale, non solo come sfera genitale/generativa ma anche come sfera istintuale e pulsionale, da intendersi sia in senso bio-fisiologico sia in senso etologico (corteggiamento, riproduzione, gerarchia, cure parentali), nelle sue varianti naturali osservabili.
Il sesto giorno Dio crea gli animali terrestri, selvatici e domestici, e il genere umano. Il genere umano è al culmine della creazione, ma nello stesso giorno degli animali terrestri.
Dio (plurale: a nostra immagine, a nostra somiglianza 1, 26; ma anche singolare: a sua immagine crea l’uomo (singolare: lo creò; e plurale: li creò 1, 27). Appunto:
Dio creò l’uomo a sua immagine;
a immagine di Dio lo creò;
maschio e femmina li creò.
Cosa si intende “a immagine di Dio”? Vi è un archetipo antropomorfo in Dio o un carattere teomorfo dell’uomo?
Certo vi è un rapporto, creaturale, della ‘forma umana’ con Dio creatore che tutto il resto della creazione non ha: o almeno non se ne parla. A meno che il genere umano sia usato – con la figura della sineddoche (la parte per il tutto) – per significare l’intera creazione: tutta la creazione è a immagine di Dio.
Ma l’indicazione (per il genere umano e non per le altre specie) della differenza sessuale, subito dopo l’indicazione della creazione a sua immagine, lascia intendere che ciò per cui il genere umano è a immagine di Dio ha a che fare con la differenza sessuale nel genere umano.
Potrebbe essere che il maschile e il femminile in quanto tali (nella forma che hanno nel genere umano) siano ciò che mostra nel genere umano l’immagine di Dio. Detto in altre parole: in Dio, o meglio nella sua immagine, risiede – e se non lo definisce, ne indica un carattere rivelato come importante – un maschile e un femminile.
Oppure potrebbe essere che la relazione tra maschile e femminile, nel genere umano, mostri nel genere umano l’immagine di Dio: Dio è cioè rivelato con un carattere che è simile alla relazione tra maschile e femminile, nel genere umano.
Ma qual è questa relazione? Le principali relazioni sono: madre-figlio (il figlio è nel grembo della madre, carne della sua carne); sposo-sposa. Entrambe definiscono, nel genere umano, una relazione di affetto, attaccamento unitivo, amore.
Ciò che rende più simile il genere umano a Dio, ciò in cui si riflette l’immagine di Dio nel genere umano, è allora l’amore umano. Da qui anche la caratteristica del rapporto tra Dio e il genere umano: un rapporto di amore. Ma genitoriale(-materno) o nuziale?
Il Primo Testamento (secondo racconto della creazione) risponde: amore nuziale. Il Secondo Testamento risponde o, meglio, completa: amore genitoriale-filiale (il Dio trinitario, che ha in sé il generante e il generato; ma anche la visione di Dio come Padre). Naturalmente non si tratta di una scansione così schematica, perché anche nel Primo Testamento vi è un Dio genitore; e l’intera Bibbia può essere vista, nel carattere di ‘storia sacra’, come storia dell’amore nuziale di Dio per l’umanità (da Genesi ad Apocalisse: cfr. il libro di Rosmini Storia dell’Amore cavata dalle Divine Scritture).
Osserva papa Francesco: “Sorprendentemente, l’«immagine di Dio» ha come parallelo esplicativo proprio la coppia «maschio e femmina». Questo significa che Dio stesso è sessuato o che lo accompagna una compagnia divina, come credevano alcune religioni antiche? Ovviamente no, perché sappiamo con quanta chiarezza la Bibbia ha respinto come idolatriche queste credenze diffuse tra i cananei della Terra Santa. Si preserva la trascendenza di Dio, ma, dato che è al tempo stesso il Creatore, la fecondità della coppia umana è «immagine» viva ed efficace, segno visibile dell’atto creatore. La coppia che ama e genera vita è la vera ‘scultura’ vivente (non quella di pietra o d’oro che il Decalogo proibisce), capace di manifestare il Dio creatore e salvatore. Perciò l’amore fecondo viene ad essere il simbolo delle realtà intime di Dio (cfr. Gen 1, 28; 9, 7; 17, 2-5.16; 28, 3; 35, 11; 48, 3-4)” (AL, nn. 10-11). E aggiunge: “Si evoca così l’unione matrimoniale, non solamente nella sua dimensione sessuale e corporea, ma anche nella sua donazione volontaria d’amore” (AL, n. 13).
L’amore genitoriale-filiale è ordinato all’amore nuziale, è ‘secondo’ e subordinato al primo. Genesi precisa (pur parlando di Adamo ed Eva, i quali – per definizione – non avevano padre e madre): “Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne” (2, 24). Si tratta cioè di “una sola carne” elettiva, scelta (non la una-sola-carne del figlio nel grembo della madre).
In ogni caso, un secondo racconto della creazione dell’uomo – che ‘precisi’ meglio la questione del maschile/femminile – è necessario: si ha nel capitolo 2. (2)
 
Le quattro dimensioni simbolico-paradigmatiche
Ora vediamo questo grande racconto simbolico, nelle sue dimensioni paradigmatiche. Nella nostra cultura ebraico-cristiana, noi lo conosciamo da sempre e lo assumiamo così com’è, quasi come ‘ovvio’.
Ma poteva essere ‘altro’. Poteva esservi una creazione di Adamo ed Eva e del genere umano in qualche modo simile a quella della nuova Eva (Maria) e del nuovo Adamo (Gesù). Ci poteva essere prima la creazione di Eva e poi – come in Maria – un intervento dello Spirito (un soffio 2, 7) per rendere Eva incinta di un figlio (Adamo).
Sarebbe stato il simbolo della Grande Madre originaria (e avrebbe potuto determinare – o riflettere – una società matriarcale). Ma questo simbolo avrebbe posto un rapporto troppo confuso-simbiotico tra maschile e femminile e tra Dio e umanità: rendendo impossibile una vera libertà umana (e perciò anche la possibilità del peccato). L’uomo e la donna – in un rapporto nuziale – possono essere infedeli, cioè negare e rompere quel rapporto: così il genere umano con Dio. Ma un rapporto madre-figlio, per quanta violenza possano farsi reciprocamente o abbandonarsi, non può essere mai rotto: il figlio non può cambiare madre, come un uomo può cambiare moglie o una donna cambiare marito; il figlio non sceglie da chi vuol essere partorito.
Certo una società matriarcale sarebbe stata forse senza peccato, ma anche senza libertà.
Escludendo questo simbolo e creando Adamo prima di Eva si apre la possibilità del peccato (e però pure della società patriarcale, conseguenza del peccato: 3, 16), ma vi è la libertà, inclusa la stessa libertà della donna (che decide per prima di mangiare il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male: acquista la conoscenza prima di Adamo).
La prima dimensione simbolica
Quindi la prima grande dimensione simbolica nei due racconti di Genesi, insieme considerati, è la nuzialità come caratteristica di Dio e del rapporto tra Dio e l’umanità: Dio è amore nuziale e Dio ama l’umanità di amore nuziale e se l’umanità riesce ad amare Dio lo ama di amore nuziale (potremmo anche dire eros). Adamo ed Eva sono creati come marito e moglie (2, 24-25: due volte si parla di moglie; 3, 6: marito).  (3)
Questo non vuol dire che in tale racconto biblico siano simbolizzati il ‘matrimonio naturale’ o ‘la famiglia naturale fondata sul matrimonio’. Certo, dall’incontro sessuale-matrimoniale di coppia “che guarisce la solitudine sorgono la generazione e la famiglia” (AL, n. 13). Ma il paradigma di Genesi non vuole riferirsi immediatamente e simbolicamente alla famiglia: un simbolo di origine monogenetica dell’umanità (da una coppia primordiale), se fosse anche simbolo di una forma familiare, dovrebbe prevedere l’incesto, almeno tra fratelli e sorelle. Ma un simbolo della famiglia, che accolga (invece di ‘tabuizzare’) l’incesto, sarebbe auto-contraddittorio.
Vuol dire, invece, che nell’unione matrimoniale i due formano ‘una carne sola’, ma ‘conoscendosi’ come distinti: e non una carne sola, conoscitivamente indistinta, come quando Eva era ancora ‘costola’ (o ‘metà’ o ‘lato’) di Adamo. Non è un’unità regressiva, che riporta indietro a prima della creazione di Eva, ma è un’unità ‘accrescitiva’ per entrambi: perché implica la possibilità di una comunicazione profonda, include cioè la ‘parola’ e la dialogicità. Così pure l’amore nuziale tra Dio e l’umanità, che porta l’umanità a ‘conoscere’ Dio, non determina mai un’unione assoluta, indistinta, ‘panica’ tra Dio ed essere umano: rimane un ineliminabile dualismo ontologico, rimane un’essenziale distinzione, che peraltro rafforza le prioritarie capacità unitive della Parola (che consente il dialogo).
La seconda dimensione simbolica
La seconda dimensione simbolica è data dal fatto che l’uomo – Adamo/il Terrestre – è creato con tre elementi costitutivi:
1) polvere ‘minerale’ già creata (materia);
2) modellazione (divina) di questa polvere del suolo (forma);
3) soffio vitale divino.
Potremmo dire, forse: corpo; anima-psiche; spirito. Ciò significa: che il genere umano ha caratteri sia materiali sia spirituali, sia terrestri sia divini. Non è possibile – nel genere umano – distinguere, in modo astratto e rigido, naturale e soprannaturale, immanente e trascendente. Vi è un divino nel Terrestre.
La ‘forma’, modellata da Dio, non è un banale aspetto somatico (come potrebbe essere per tutta la creazione: ma non se ne parla, Dio non ha ‘modellato’ altro), che rimarrebbe ancora ‘biologico- anatomico’, ma è quella forma che differenzia il genere umano dal resto della creazione: la realtà razionale cioè, che fa sì che nel genere umano si abbia ‘coscienza’ dell’intero universo (cioè la creazione raggiunge e realizza, nel genere umano, la sua autocoscienza: si autoconosce e autocomprende). Ma la materia e la forma acquistano vita solo quando ricevono il soffio vitale che esce dall’interno di Dio stesso, è ‘parte’ di Dio ed è donato all’essere umano.
Vi è, dunque, una modulazione triniforme (che richiamerebbe, nel simbolo, le tre forme di essere, come in Rosmini). E su tale modulazione si fonda l’identità (e l’autocoscienza dell’identità) dell’individuo umano, intesa come ‘sostanza’ (4)  cioè come continuità nello spazio (corpo), nel tempo (anima-psiche), nella dignità-responsabilità (spirito).
La terza dimensione simbolica
La terza dimensione simbolica, che accenno soltanto (perché ne ho parlato altrove,  (5) riguarda la creazione, insieme alla ‘individualità’ umana, anche della ‘dividualità’ umana. È qui opportuno il riferimento alle più recenti ricerche di antropologia culturale con l’uso della categoria della ‘dividualità’: una parte dell’identità che si condivide con altri (normalmente con una ‘parentela’: carne della mia carne ed ossa delle mie ossa). Il fatto che Eva sia creata dal corpo di Adamo (e che Adamo la riconosca appunto come ‘carne della mia carne e ossa delle mie ossa’) porta ad una creazione del genere umano di carattere triadico: individualità di Adamo – dividualità comune di Adamo ed Eva – individualità di Eva.
La quarta dimensione simbolica
La quarta dimensione simbolica riguarda una più profonda comprensione del maschile e del femminile. Unendo i due racconti della creazione, potremmo dunque così sviluppare il primo racconto: maschio e femmina li creò, Adamo ad Eva li creò. Ma il secondo racconto della creazione approfondisce ulteriormente questo ‘maschio e femmina’, chiarisce cioè come intendere la innegabile differenza sessuale.
In che contesto tale differenza viene creata? In un contesto di soluzione al problema di un Adamo- monade, infelice per questa sua monadicità. Viene così creato non quello che, riduttivamente, viene detto “l’orientamento sessuale”, bensì, meglio, ‘l’attrazione sentimentale di coppia’, perché la sessualità animale, che pure gli esseri umani hanno, viene sussunta in un più complesso pleroma emozionale e comunicativo, oblativo, intenzionale-affettivo e intuitivo-cognitivo, di stati d’animo e di passioni, in una parola nel ‘sentimentale’ (in cui il ‘sentimento’ richiama sia la dimensione sensuale sia quella psicologica, conscia e inconscia, sia quella riflessivo-volontaria). Nell’ordine della creazione, dunque, lo stesso amore nuziale si incardina nell’attrazione sentimentale di coppia. Ma in che modo, in che senso e con quali conseguenze Eva viene tratta da Adamo?
È ben noto il mito che, nel Simposio, Platone mette in bocca ad Aristofane: in origine gli esseri umani erano a forma sferica e doppia, di tre tipi (maschio-maschio; femmina-femmina; androgino, cioè metà maschio e metà femmina); per impedire la loro scalata al cielo Zeus li punì (una sorta di crollo della torre di Babele) facendoli tagliare in due; così, dopo il taglio, ciascuno cercava la propria metà perduta e, allora, dall’androgino derivarono maschi e femmine eterosessuali e, dagli altri due tipi originari, maschi e femmine omosessuali.
Ebbene, in Genesi, nel secondo racconto della creazione, Adamo non è un androgino, un essere umano originario doppio, un Urmensch Adamo-con-Eva. E non viene spaccato a metà. È Adamo, maschio, e dopo la creazione di Eva (che viene tratta, come ‘costola’, dal suo stesso corpo) è sempre Adamo. Questo vuol dire che Adamo, fin da prima della creazione di Eva, aveva in sé – pur essendo maschio – anche caratteri di femminilità. E Eva, che rimane carne della sua carne e ossa delle sue ossa, porterà anche in sé qualche carattere di maschilità. Eva viene ‘tolta’ da Adamo per ‘stargli di fronte’ e corrispondergli: la polarità, che era interna, immedesimata e non-dialogizzabile, diviene esterna, distinta, dialogante.
E tuttavia, poiché Adamo, dopo la creazione di Eva, è sempre lo stesso Adamo di prima di Eva, vuol dire che Adamo, dopo la creazione di Eva, continua ad avere in sé – sia pure in diversa misura – caratteri di femminilità.
Insomma tanto nel maschile quanto nel femminile ci sono – in proporzione diversa da individuo a individuo – caratteri del sesso opposto. I sessi sono due: ma non come semplice dualità originaria (i tre tipi platonici non diventano biblicamente due: non ci sono due modellazioni della terra e due soffi di spirito vitale, uno nel maschio e uno nella femmina), con un separatismo rigido, bensì come dualità più complessa.
Lo stesso papa Francesco afferma: “È vero che non possiamo separare ciò che è maschile e femminile dall’opera creata da Dio, che è anteriore a tutte le nostre decisioni ed esperienze e dove ci sono elementi biologici che è impossibile ignorare. Però è anche vero che il maschile e il femminile non sono qualcosa di rigido. […] La rigidità diventa una esagerazione del maschile o del femminile” (AL, n. 286).
 
Epilogo
Quando si sviluppa la ‘società’ (dal capitolo 4 di Genesi, cioè dopo il peccato: cap. 3) nascono i ‘generi’ (gender), nel loro carattere socio-culturale (6), ma ovviamente in relazione a ciò che si è visto nel simbolo della creazione: antropologia trinitaria (corpo, psiche, spirito); dualità sessuale complessa; individualità e dividualità; nuzialità accrescitiva. Più precisamente si distinguono, e tuttavia sintetizzano tra loro: sesso, attrazione sentimentale di coppia, genere
Ma la società è anche gravata dalle conseguenze del peccato: la violenza omicida è conseguenza del peccato  (7), ma anche il patriarcato è conseguenza del peccato (“verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà” Gen 3, 16); e sono conseguenza del peccato le difficoltà complessive di esistenza e sopravvivenza della specie umana, sia nell’aspetto riproduttivo (difficoltà del parto: Gen 3, 16) sia nell’aspetto produttivo (scarsità di risorse: Gen 3, 17-19).
Famiglia (Gen 4, 1) e società nascono dopo il peccato e sono condizionate dal peccato. Anche papa Francesco osserva che la “prima pagina, dove entra in scena la famiglia di Adamo ed Eva, con il suo carico di violenza ma anche con la forza della vita che continua” è nel cap. 4 di Genesi (AL, n. 8). Subordinazione femminile (al maschio) e omofobia, tipiche di una società patriarcale e che lotta per la sopravvivenza della specie umana sulla terra, non rientrano nel ‘disegno positivo della creazione’, ma sono conseguenze sociali del peccato.
La liberazione da queste due pesanti conseguenze del peccato si ha nell’economia del Secondo Testamento. Qui la nuova Eva femmina (Maria) partorisce il nuovo Adamo maschio (Gesù), carne della sua carne ed ossa delle sue ossa: ponendo così simbolicamente fine al patriarcato.
Del resto il nuovo Adamo maschio, Gesù, non ha rapporti sessuali e, in lui, ogni discriminazione di genere è superata (Gal 3, 28). Gesù non poteva essere ‘una sola carne’ con un essere umano individuale: perché è ‘una sola carne’ con l’intera Chiesa (in quanto sacramento dell’intera umanità, che comprende tutti, ciascuno nel suo ‘genere’).
 
Note
1. La Bibbia, ovviamente, non definisce verità scientifiche e il racconto della creazione non è un racconto storico. Morfologicamente è una cosmogonia mitica. Ma per il credente è un ‘paradigma’ che richiama comunque una realtà di origine ed esprime una verità (velata e insieme ri-velata appunto da tale forma paradigmatica o, se si vuole, simbolica). Ciò significa che il credente non deriva le sue convinzioni scientifiche (e storiche) dalla Bibbia, ma le sue visioni scientifiche (autonomamente ritrovate) cercano, legittimamente, di ‘riconoscersi’ nella “rappresentazione” biblica.di Fulvio De Giorgi, in “Orientamenti Pastorali” n. 65 del gennaio-febbraio 2017
2. Qui c’è, pure, una questione particolare che accenno (ma non sviluppo): sembrerebbe che la creazione dell’uomo- adam avvenga il terzo giorno (1, 9-13), tra la creazione della terra asciutta (2, 4b-6) e la creazione delle piante (2, 8-16). Segue poi la creazione degli animali, a cui l’uomo-adam dà il nome. Infine, ultimo giorno, Dio crea la donna-’ishsha (2, 21-25). Una cronologia di questo tipo esalta ancor più la donna come ‘culmine’ della creazione.
3.  La nascita dell’umanità (antropogenesi) è dunque diversa dalla nascita di Cristo (cristogenesi). Un analogo parallelismo si ha tra la nascita della Chiesa (dal costato di Cristo crocifisso, come Eva dal costato di Adamo, e per essere sposa di Cristo, come Eva di Adamo) e la nascita del cristiano nel battesimo (dal ‘grembo’ lustrale della Madre Chiesa: partorito).
4. L’elemento a mio avviso discutibile di alcune delle cosiddette ‘teorie del gender’ (rispetto alle quali, com’è noto, ha richiamato criticamente l’attenzione il papa) non sta tanto nella decostruzione del ‘genere’ ma, più a monte, nella decostruzione della identità: se, per rispondere a queste teorie estreme, si contesta il ‘genere’, si assume allora un obiettivo sbagliato, si generano confusioni e si manca il bersaglio. Ho sviluppato questo punto nella relazione Alcune osservazioni (da un punto di vista ‘rosminiano’) sull’identità sessuale (al Convegno Nuzialità: relazione e identità. Sondaggio su A. Rosmini e il fondamento ontologico-simbolico dell’umano che è comune: Modena-Reggio Emilia, 12- 13 febbraio 2016, i cui atti sono in corso di stampa).
5. Cfr. F. De Giorgi, Più coraggio! Chiesa, famiglie, sessualità, Brescia, La Scuola, 2015.
6. Il ‘genere’ (a differenza del dato biologico del sesso) si sviluppa e si precisa nella società e nella cultura. Il papa definisce il ‘genere’ come il “ruolo sociale-culturale del sesso” (AL, n. 56). E aggiunge: “Non si può nemmeno ignorare che nella configurazione del proprio modo di essere, femminile o maschile, non confluiscono solamente fattori biologici o genetici, ma anche molteplici elementi relativi al temperamento, alla storia familiare, alla cultura, alle esperienze vissute, alla formazione ricevuta, alle influenze di amici, familiari e persone ammirate, e ad altre circostanze concrete che esigono uno sforzo di adattamento” (AL, n. 286).
7. Ho sviluppato un’interpretazione del peccato originale e dell’omicidio di Caino in F. De Giorgi, Educare Caino. Per una pedagogia dell’eschaton, Brescia, La Scuola, 2004.
 

L’archetipo teologico della sessualità. Alcune annotazioni su Genesi 1 e 2, di Fulvio De Giorgi, in “Orientamenti Pastorali” n. 65 del gennaio-febbraio 2017