La nostra società è critica nei confronti della religione. Nondimeno si celano in essa nuove forme di religiosità sempre più dissennate, che finiscono per assumere i tratti della superstizione.
La versione contemporanea della Religione universale potrebbe essere nominata “Covid-19”. La situazione attuale presenta, in effetti, affinità con qualcosa di simile a una mania religiosa. Ci si trova al cospetto di un messianismo secolarizzato: al posto di attendere che Gesù faccia ritorno, aspettiamo con appassionata speranza il messia, ovvero la vaccinazione contro il Covid-19, di cui nessuno può dire con certezza quando e se mai giungerà. La politica e i mass media attuali, come anche ogni provvedimento nella cosiddetta fase 2, ci inculcano incessantemente l’idea che la nostra vita sia, al momento, caratterizzata da qualcosa di improprio: esiste, cioè, quale vita in stato di eccezione, mentre la vita effettiva potrà infatti ricominciare solo se ci salverà l’industria farmaceutica mediante un’iniezione di vaccino.
 
Covid-19 può contare anche sul suo clero: si tratta di quella schiera di virologi, che quotidianamente annunciano a quali cose della nostra cultura pre virus dobbiamo rinunciare, finché non giunga il vaccino messianico. L’economia affonda nell’abisso? Non importa, tanto noi si vive nell’attesa di ciò che sarà il Dopo! Non c’è più scuola, né vita sociale? Esistono l’e-learning e il nuovo mondo virtuale, tanto migliori rispetto alla realtà in quanto tale! E se anche la cultura sprofonda nell’abisso non c’è il benché minimo problema, dal momento che al suo posto già abbiamo un nuovo culto. Questo culto risponde al nome di “distanziamento sociale” e la sua vittima sacrificale sono le nuove generazioni e le loro prospettive di futuro. Il nuovo culto è poi connesso, certo, con l’apparato di mascherine e guanti in lattice, vero e proprio vestito liturgico; e il disinfettante al posto dell’acqua santa.
 
Naturalmente a ciò non possono non far seguito le sanzioni per chi non rispetta i comandamenti del culto i quali sono sostenuti dall’orizzonte dogmatico della nuova religione: ossia la religione del terrore, al cui centro si pone l’orrore dell’Altro. Solo quest’ultima istanza, in quanto supremo valore, sarà in grado di assicurare la vita eterna a tutti noi. Quanto dilettanti furono quei politici, che diffusero l’ansia dello straniero, ma almeno con qualche differenza e concedendo eccezioni. Ora, per contro, si è certi che dall’Altro non può che provenire un pericolo mortale: dall’Altro in quanto tale, senza eccezione. L’Altro costituisce la figura dell’inferno da evitare ad ogni costo – questo messaggio si sta già inculcando ai bambini. Ne consegue che anche la scuola non può più essere luogo della formazione, ma luogo del pericolo letale, da sostituire perciò attraverso la virtualità mediatica. Ahimè, guai a quei piccoli, che forse cercano ancora un contatto corporeo!
 
Ricordiamoci che l’Altro rimane sempre pericoloso anche quando si è già messo, per così dire, il virus alle spalle. Se si vedesse nel frattempo che le cure contro il Covid-19 divenissero sempre più efficaci, anche con le terapie già in uso, non si possono diffondere queste notizie perché diminuirebbero l’attesa del vaccino messianico. E’ meglio una situazione di allerta perpetua, così non ci dimentichiamo che solo il nuovo clero degli scienziati potrà salvarci. E la politica? Si è incondizionatamente subordinata ai nuovi dispensatori del verbo salvifico, come sta accadendo in modo esemplare in Italia e nella maggior parte dei paesi europei. Non può dunque fare altro che consegnare a costoro tutta la responsabilità, poiché sapranno certamente cosa dovrà essere fatto.
 
Religione universaleE ora, dicendolo in modo illuministico: qui il discorso non verte affatto su teorie cospirazioniste, né minimizza il Covid-19. Tantomeno si intende mettere in discussione l’esperienza sul campo dei medici che quotidianamente danno il meglio di sé per curare persone. Piuttosto, si tratta di chiedersi se i provvedimenti contro una simile malattia – che già con i mezzi a disposizione può venire trattata sempre meglio e che, inoltre, non colpisce la giovane generazione –, non distruggano persistentemente i fondamenti della nostra società, della nostra economia, della nostra politica, della nostra libertà e della nostra cultura. Ora si mostra quanto ingenua sia stata la sinistra nella sua convinzione che l’economia avrebbe tenuto tutto sotto controllo: se a entrare in scena è una nuova religione, allora anche l’economia diviene di secondaria importanza. E così l’abisso di un pauperismo di massa non conta più, come assume minor significato se i nostri figli ricevano una vera formazione scolastica. E l’istanza della politica, succube del nuovo sacerdozio e obbligata al dogma dell’angoscia e a quello del controllo assoluto, sterza in direzione dell’annientamento della vita sociale condivisa, dell’economia e della nostra cultura europea.
 
Kurt Appel è professore di teologia cattolica e di filosofia della religione all’Università di Vienna