La scuola può avviare una vera rivoluzione della società se insegnerà a pensare in modo nuovo il lavoro. Un nuovo stile ibrido, dove i momenti della quotidianità si mescolano, si alternano, vengono anticipati, posticipati o svolti in parallelo. La prima conseguenza sarà la fine della suddivisione classica della nostra giornata. Sempre meno organizzazione «a blocchi». Hotel e uffici, ambienti un tempo distinti, si potranno sovrapporre per generare nuovi spazi, più accoglienti e ospitali. (Francesco Scullica, architetto e docente al Politecnico di Milano).
 
Gli esempi nel mondo
Gli esempi non mancano. Al netto dei modelli statunitensi di Google, Facebook e Twitter ci sono i casi europei. Ad Amsterdam esiste la casa-ufficio «Zoku», adatta anche per lunghi soggiorni, con i servizi di un albergo e le comodità di un appartamento. A Vienna hanno costruito «Schani Hotel», il primo del genere pensato per il co-working. «Oggi il lavoro non è più un’attività radicata in un luogo — spiega il professore Scullica —, siamo in pieno processo di convergenza per cui sempre più uffici possono ospitare più momenti della nostra esistenza». L’azienda quindi non sarà più solo un ammasso di scrivanie. Ma la trasformazione non può avvenire subito. Servono studi, dibattiti, esperimenti. Al Politecnico di Milano, per esempio, hanno avviato un progetto di ricerca che coinvolge anche scuole internazionali. Si chiama «Vivere, lavorare e viaggiare: l’interior design per la definizione di nuovi scenari tra lavoro e ospitalità», viene sviluppato all’interno del Dipartimento di Design ed è coordinato dal professor Scullica. Che parte da un ragionamento: «Otto o nove ore fissi in una scrivania non sono efficienti per un’azienda e sono alienanti per il dipendente». Per questo le società devono riorganizzare gli spazi. «Serve più colore, servono servizi differenti». Per esempio: «Palestre, sale giochi, cucine, divani per rilassarsi, mini sale per le riunioni, ma anche desk a differenti altezze o movibili, phone booth dove chiunque possa avere un momento di privacy al telefono, lavanderie». «Anche qui al Politecnico, abbiamo redistribuito gli spazi — rivela Scullica —: c’è l’area per le pause, ci sono gli uffici, c’è l’open space. Viene incentivato il movimento con un “itinerario salutista” che dice quante calorie una persona ha bruciato facendo i diversi piani a piedi».
«Al lavoro con piacere»
Ma a cosa serve tutto questo? Il docente-architetto non ha dubbi: «L’azienda diventa un luogo dove si va a lavorare e a stare con piacere: aumenta l’attaccamento all’azienda, i dipendenti diventano più creativi, tutti ne traggono beneficio». Anche un minimo accorgimento può essere utile. «Come quello di installare delle docce nei bagni». La tesi di laurea di uno studente del Politecnico propone di trasformare gli uffici in camere da letto. «La sera e il fine settimana sono spazi inutilizzati», spiega Scullica. «In Europa siamo in una fase di passaggio, non tutte le aziende sono pronte o hanno i mezzi, ma serve un modello ibrido che metta insieme il lavoro e l’ospitalità». Ma non c’è il rischio che con tutti questi «comfort» gli impiegati diventino fannulloni? «No, bastano la giusta preparazione e formazione. Con gradualità».
Leonardo Berberi, Benvenuti nella casa ufficio, Corriere della Sera, 2 aprile 2017