Duecentoquarantaquattro milioni di persone sono i migranti al mondo, il 41% in più dal 2000. Migranti economici ma anche ambientali. Di fronte a questa grande emergenza del Terzo Millennio, la risposta più brutale è quella di edificare muri, militarizzare le frontiere per cacciare, espellere. Deportare. Parola terribile, quest’ultima, che evoca pagine terribili della storia dell’umanità.
Un mondo in crescita quantitativa.
Secondo i dati dell’ultimo International Migration Report delle Nazioni Unite, i migranti nel mondo provengono in maggioranza dall’India (con 16 milioni di indiani emigrati), dal Messico (12 milioni), dalla Russia (11 milioni) e dalla Cina (10 milioni). Sono invece di origine siriana circa 5 milioni di migranti.
Due terzi degli «stranieri nel mondo» abitano in appena 20 Paesi. Al primo posto gli Stati Uniti: nei movimenti delle persone il «sogno americano» – complice la vicinanza col Messico – continua a esistere; gli Usa assorbono da solo quasi un quinto degli emigrati a livello globale. Seguono Germania, Russia, Arabia Saudita e Regno Unito. Un mondo di giovani.
I bambini migranti
Secondo il rapporto Unicef «Sradicati», nel mondo ci sono circa 50 milioni di bambini migranti. Che cioè lasciano il loro Paese per fuggire da guerra e carestie. E non sempre lo fanno accompagnati dai loro genitori: lo scorso anno, in 78 nazioni, più di 100mila bimbi soli hanno chiesto asilo, il triplo rispetto a due anni fa. Ventotto milioni di questi bimbi fuggono a causa di conflitti che sono piovuti loro sulla testa per via della stupidità dei grandi. Gli altri milioni lo fanno sperando in un futuro migliore e sicuro.
Nel 2015 quasi la metà di tutti i bambini che hanno chiesto protezione alle Nazioni Unite, venivano da nazioni in guerra quali la Siria e l’Afghanistan.
In Europa, nel solo 2015, 96mila minori non accompagnati hanno presentato richiesta d’asilo; il 40% di loro erano minori afghani, che avevano dovuto affrontare da soli un viaggio di 48mila chilometri.
Il 21esimo paese dei migranti
Ai 244 milioni di migranti vanno poi aggiunte oltre 65 milioni di persone in fuga dalle loro case, che se messe insieme potrebbero formare il 21esimo Paese per numero di abitanti, un Paese più popoloso di Italia e Gran Bretagna.
Ogni giorno i conflitti e le persecuzioni costringono quasi 34mila persone a fuggire, circa 24 al minuto. È l’allarme lanciato da Save the Children nel rapporto «Forced to flee: inside the 21st largest country», che esamina i principali indicatori sulle condizioni di vita del «21mo Paese» confrontandoli con quelli degli Stati, in particolare sulle aree che influiscono sul benessere dei bambini – dall’educazione, all’accesso alla salute e all’acqua, fino alla mortalità materno-infantile e alla disoccupazione.
Il dato più preoccupante è la velocità di crescita di questo ipotetico Paese: il numero di persone rifugiate e sfollate è passato da 59,5 milioni nel 2014 a 65,3 milioni nel 2015. Un aumento annuo del 9,75%, superiore a qualsiasi altro Paese al mondo. Al ritmo attuale di crescita entro il 2030 potrebbe diventare il quinto Paese. L’età media è tra le più basse, metà della popolazione ha meno di 18 anni e molti di loro non hanno conosciuto altro che instabilità e conflitti.
La distinzione tra rifugiato e migrante
«Non possiamo chiudere gli occhi davanti alle condizioni di miseria che ci sono nel mondo e che nella maggior parte dei casi sono frutto della globalizzazione e dello sfruttamento attuato per anni dai Paesi del Nord del mondo.
Dobbiamo guardare agli individui non agli status. A noi la distinzione tra rifugiato e migrante non interessa, interessano le persone», rimarca il responsabile immigrazione della Caritas Oliviero Forti. «È sbagliato usare la parola migranti. La parola giusta è rifugiati »: così si pronunciava Bono Vox, leader degli U2, a Expo di fronte alla crisi in corso nel mondo. «Queste persone – aveva aggiunto non lasciano le loro case perché vogliono vivere in Italia o in Irlanda. Lasciano i loro Paesi perché non hanno casa. Dunque è sbagliato usare la parola migranti. La parola giusta è rifugiati. Vi sono leader nel mondo, come Angela Merkel e Matteo Renzi, che stanno facendo enormi sforzi in questo senso».
Il muro della vergogna
Quanto a Donald il «deportatore», da neoeletto presidente farebbe bene a riflettere sulle parole del cardinale Sean Patrick O’Malley, arcivescovo di Boston e membro del C9, lo speciale consiglio cardinalizio costituito da papa Francesco: «Il nostro Paese è stato il beneficiario di così tanti gruppi di immigrati che hanno avuto il coraggio e la costanza di arrivare in America. Sono arrivati superando condizioni orribili e alimentando il sogno di una vita migliore per i loro figli. Essi sono stati alcuni dei cittadini più industriosi, ambiziosi e intraprendenti del nostro Paese, e hanno portato un’energia enorme e un’iniezione di buona volontà nella loro nuova patria. Hanno lavorato duramente e i sacrifici da loro fatti hanno reso grande questa nazione ». E ora il capo della Nazione si appresta a espellerli. E a costruire un muro alla frontiera tra Usa e Messico lungo 3.200 chilometri. Il muro-reticolato della paura. E della vergogna.
La marea umana che nessun muro potrà fermare, di Umberto De Giovannangeli, in “l’Unità” del 15 novembre 2016