In continuità con la tematica precedente (“Critica-mente”), vengono qui analizzati alcuni cambiamenti-macro che attualmente intercorrono tra “immigrati” (genitori/adulti) e “nativi” digitali (figli/ragazzi in formazione), per finire col proporre un esercizio pratico mirato a monitorare/valutare l’uso più o meno responsabile dei social da parte dei “nativi”. Questo contributo è stato estratto da un lavoro più approfondito degli stessi autori, supportato anche da un apposito Power Point per meglio illustrare, mediante immagini, le problematiche sottese.
 
1. I nuovi Déi dell’“Olimpo” digitale
Giove=internet
Marte=videogiochi violenti
Venere=avatar, Io mimetizzato dentro la conchiglia del web
Apollo=colonna sonora del web
Diana=caccia ai messaggini
Dioniso=“sbornie” da sovraccarico di web
Vulcano=fucina delle comunicazioni digitali
 
2.“Immigrati” & “Nativi”: differenze-macro
 
2.1. I “Nativi”
Le sempre più innovative tecnologie stanno traghettando l’uomo nell’iperstoria e le nuove generazioni sono il loro preferito mercato di riferimento.
I nativi digitali hanno come “madre-lingua” le tecnologie (generazione-“touch”, i nati dopo il 2007): grazie alla manipolazione diretta sono in grado di superare la barriera linguistica per interfacciarsi/interagire con le tecnologie digitali attivando processi di cambiamento a livello identitario, cognitivo, relazionale e apprendendo in modo “intuitivamente” diverso dalle precedenti generazioni.
Essi svolgono normalmente/quotidianamente prestazioni in cui si sentono protagonisti grazie alle abilità e competenze digitali messe in campo che permettono loro di innalzare sempre più il livello di sfida nell’uso dei social. Tutto quello che cercano lo ottengono utilizzando le app, in quanto in grado di dare soluzione e soddisfazione a tutte le loro richieste.
È così che essi vedono il “mondo” come un insieme di app attraverso le quali esibiscono se stessi mediante la creazione di sempre nuovi codici comunicativi: si esprimono con linguaggi criptati, stabiliscono nuove modalità di comunicazione, creano innovativi processi culturali e di aggregazione. Cambia di conseguenza anche il loro modo di relazionarsi.
Nel mondo delle app “il piatto è sempre pronto”: ci sono tutti gli ingredienti che servono. Questo permette loro di sentirsi sempre “alimentati” (fare una googlata, guardare un video, postare, chattare…), per cui non sentono il bisogno di andare a cercare apprendimenti e risposte dai genitori o da altri adulti significativi (insegnanti, educatori…), tanto più se ritenuti “antichi” e/o non sufficientemente credibili rispetto alle loro esigenze e prestazioni.
I nativi” vivono di conseguenza dentro una “piattaforma digitale” caratterizzata da una “personalizzazione” dei palinsesti che permettono l’autonomo accesso all’informazione, alla elaborazione di contenuti, alla condivisione di connessioni per scambiare biografie personali, chat, giochi, informazioni, intrattenimenti.
Scaturisce da qui l’assunto secondo cui “il medium sono io”, grazie ad una produzione di quel “digitale” e relativi contenuti che condizionano il rapporto tra reale e virtuale. La globalità, velocità e molteplicità nell’uso di post, tag, like… trasformano queste piazze in vere e proprie arene virtuali dove avvengono scambi e confronti, ma anche sfide e possibili forme di dipendenza e, in particolare, di devianza (cyberbullismo e dintorni). Il rischio è quello di degenerare poi nell’esaltazione di sé o, viceversa, nella fustigazione collettiva.
E’ comunque un dato di fatto, da cui non si torna indietro, che queste modalità di accesso/utilizzo dei social da parte dei “nativi” permettono apprendimenti che avvengono sempre più nell’ambito dell’educazione non formale piuttosto che, come per le passate generazioni, in quello formale (in famiglia, a scuola, nella vita sociale/attiva/aggregativa…).
 
2.2. Gli “Immigrati”
Osservano smarriti un figlio/a che nel giro di pochi anni, in particolare nel passaggio dalla pubertà alla preadolescenza/adolescenza, non riconoscono più.
E si chiedono:
Cosa sta facendo mio figlio/a in rete?
A cosa si sta interessando?
Cosa gli piace di quello che trova nei social?
Che cosa significa per lui stare sempre con il cell in mano?
Con “chi” chatta?
Che giochi fa?
 
Parallelamente alla crescita del figlio/a vengono, a seguire, apprensioni/preoccupazioni sempre più forti:
Mio figlio/a…
 “…non obbedisce più, non dà più retta a noi”
“…è bugiardo oppure evita di rispondere quando gli chiediamo che uso fa dei social”
“…è sempre più aggressivo”
“…non vuole più i nostri consigli, ci rifiuta”
“…sta sempre con il cellulare in mano”
 “…non dorme più, scambia il giorno per la notte”
“…intrattiene solo relazioni in rete”
 “…non vuole più uscire, ha paura”
“….va male a scuola, sta peggiorando, non vuole più andare a scuola”
“…scambia foto hot online”
“…sta incollato ai videogiochi, non riesce a smettere di giocare in rete”
 
Contestualmente arrivano anche le risposte del figlio/a:
“Non voglio più avere rapporti col vostro mondo”
“Siete antichi, non sapete quante possibilità ho io di fare, stando in rete”
 
3. Principi/strategie per educare ai social
 
– Proibire l’uso dei social non serve; così pure criticare, incolpare, urlare, minacciare, ricattare, punire…sono tutti interventi che risultano inefficaci e che possono provocare nelle generazioni digitali reazioni opposte, che danneggiano/incrinano la relazione educativa (il figlio/a si chiude in se stesso, inventa scuse, dice bugie, tiene il broncio, va in depressione…).
Se un genitore impone al figlio/a di fare ciò che lui vuole non lo educa a farsi responsabile delle proprie azioni e crescita. Per diventare responsabile egli deve avere la possibilità di fare le proprie scelte, che talora possono comportare anche di incappare in errori/sbandamenti.
 
II – Occorre invece che l’adulto parta dal chiedersi: “Perché si comporta così? Cosa significa questo suo comportamento?”.
Per accompagnare il figlio/a durante la difficile fase di crescita bisogna cercare di capire anzitutto cosa gli sta succedendo, quale diversa immagine/percezione ha di se stesso, dei genitori, del mondo adulto, cosa sta provocando il suo cambiamento.
Ne consegue che, per venire incontro alle preoccupazioni degli “immigrati”/adulti significativi (genitori, insegnanti, educatori…) circa il modo di comportarsi dei “nativi” (figli, alunni…) di fronte alle sfide poste dalla tecnologia, l’arma migliore è la comunicazione interattiva: prima imparare ad ascoltarli e solo in seconda istanza passare a dialogare. L’ascolto infatti permette di comprendere anzitutto il loro punto di vista. Si può guadagnare molto in fiducia reciproca se si riesce a creare uno scambio in cui l’adulto comprende le motivazioni e l’uso che fa il ragazzo delle tecnologie, piuttosto che arrivare subito a proibire e/o a sparare giudizi negativi.
 
III – Creare coinvolgimento:
– ascoltandolo senza giudicare, per fare in modo che il ragazzo si confidi, parli di se stesso, possa esprimere emozioni e sentimenti raccontando il suo quotidiano;
– riconoscere le sue difficoltà e comportamenti senza dare valutazioni, senza essere invadenti;
– incoraggiandolo a fare le proprie scelte, a porsi degli obiettivi, a prendere decisioni, a fare progetti;
– facendogli capire però che ci sono anche degli “argini” che non si possono oltrepassare (i confini della libertà responsabile);
– dando per primi il buon esempio nell’utilizzo dei social;
– creando momenti per stare insieme senza l’uso dei social;
– educandolo ad autovalutarsi (piuttosto che farne oggetto di valutazione): “Cosa sto facendo per ottenere ciò che voglio da me? Cosa mi aiuta ad ottenere ciò che desidero?”.
L’autovalutazione è il modo più efficace per cambiare il comportamento, poiché in questo caso l’analisi viene dall’interno della mente del ragazzo, non è imposta dall’esterno.
 
IV – Creare spazi di condivisione, per capire che potenzialità stanno sviluppando i “nativi” e quali difficoltà incontrano. Per le generazioni digitali stare online è parte integrante della loro vita: crescono con i social a disposizione, che essi considerano uno strumento di incontro, condivisione e supporto per arrivare a creare una propria identità. Al tempo stesso occorre costruire quei legami di fiducia che permettono di rassicurarli di essere sempre per loro un punto di riferimento, di stare al loro fianco, nonostante qualche sbandamento. Solo una “rete” reale, fatta di persone concrete, può sostenere il loro cammino di crescita.
 
V – Rispetto delle regole negoziate, valide per tutti i membri della famiglia (es: divieto dell’uso dei social a tavola, la notte, durante le occasioni sociali di incontro…); stabilire un tempo limitato per stare in rete, da confrontare con il tempo “reale” da dedicare allo studio, alle attività extrascolastiche quotidiane…; dare per primi il buon esempio (se anche i genitori/adulti/educatori appaiono dipendenti dai social agli occhi dei figli/adolescenti, che educazione viene data loro?). Imitare è infatti una forma di apprendimento: quando i figli imitano gli adulti occorre chiedersi che esempio diamo loro.
 
VI – Per poter valutare obiettivamente il comportamento del figlio/a è necessario aver ben definito prima gli obiettivi sottesi all’attività educativa, le regole negoziate, i risultati attesi.
 
VII – Generazione-web “responsabile”: per educare ai social occorre diventare per primi “digitalmente responsabili!”; e per essere “digitalmente responsabili” occorre partire dal chiedersi: “Che uso facciamo noi adulti dei social? Riusciamo a “staccare” ogni tanto? Cosa pubblichiamo sui social?
 
VIII – Provare a negoziare dei momenti in cui tutti i membri della famiglia si disconnettono dai social per stare insieme, eliminando le distrazioni, e/o per ritrovare un equilibrio nell’uso delle tecnologie. Il problema non è il mezzo, ma l’uso che se ne fa. I social dovrebbero servire a migliorare la qualità della vita (“usiamo la rete, non facciamoci usare!”), e non a diventarne dipendenti (“più mi usi più ti posso manipolare!”).
 
IX – Arrivare a definire un regolamento sull’uso dei social comune a tutti gli ambiti educativi (famiglia, scuola, associazionismo, istituzioni/amministrazioni…) che tenga conto dei problemi relativi alla gestione della privacy e della sicurezza nell’uso dei social.
 
X – Fare in modo che tutti i soggetti in formazione abbiano la stessa opportunità di accesso alla rete, per evitare discriminazioni, non solo, ma anche per poter sviluppare abilità/competenze tecniche atte a favorire l’apprendimento per tutta la vita.
 
4. Esercizio per monitorare/valutare l’uso che il figlio/a fa dei social
 
a) Istruzioni rispondere il più obiettivamente possibile a ciascuna delle 20 alternative
segnando una “X” in una delle tre caselle che più corrisponde a “VERO

MIO FIGLIO/A… VERO:
Mai/
Rara-mente
Sempre più spesso Abitual-mente
 
1 2 3
1) …passa molto tempo del giorno e della notte in camera a chattare e/o a giocare ai videogiochi      
2) …mette di nascosto il suo profilo sui social
3) …se qualcuno lo disturba e/o interrompe le sue attività sui social si arrabbia, reagisce in maniera aggressiva
4) …trasgredisce le regole che gli sono state date per l’uso dei social
5) …dice bugie oppure evita di rispondere quando gli si chiedono informazioni in merito all’uso che fa dei social
6) …non prova più interesse per le attività extrascolastiche che faceva prima (sport, musica…)
7) …spende tutti i soldi in videogiochi
8)…manifesta ansia, frustrazione, rabbia quando non è connesso
9) …sta sempre con il cell in mano aspettando le chiamate
10) …gli sembra di sentire lo squillo del cell anche quando non ha squillato
11) …non accetta le nostre osservazioni critiche, dice che siamo troppo vecchi per capire che uso fa dei social
12) …non obbedisce, non ci dà più retta, ci rifiuta
13) …non gli importa se questi suoi comportamenti peggiorano i rapporti all’interno della famiglia
14) …quando sta con altri familiari (nonni, parenti, amici di famiglia…)  manifesta insofferenza, ansia, come se stesse perdendo quel tempo che invece dedica ai social
15) …finge di star male per non andare a scuola
16) …non sa controllare il tempo quando utilizza i videogiochi e/o altri social
17) …è interessato a imparare, ma solo dai social
18) …usa/si connette con più social contemporaneamente, nell’affannosa ricerca di informazioni, giochi, e/o invio di messaggini, post, tag, like
19) …sostiene che prendere in giro, bullizzare qualcuno sui social è solo un gioco, non un reato
20) …dice che il cyberbullismo non esiste, è un’invenzione degli adulti

 
b) Sistema di valutazione:
– sommare tutti i punteggi delle 20 valutazioni;
– rapportare il totale a uno dei tre livelli riportati in basso, così da arrivare ad avere un’idea/valutare l’uso più o meno responsabile che il figlio/a fa dei social
 

Tra 20 e 30: all’interno di questo livello più è basso il punteggio totale più è significativo di un uso responsabile  che il figlio/a fa dei social
Tra 31 e 45: all’interno di questo punteggio scatta già il segnale di allerta per l’uso che il figlio/a fa dei social (allarme giallo), a significare il bisogno di maggiore controllo/disciplina/intervento da parte del genitore
Tra 46 e 60: più il totale si avvicina al punteggio massimo (60) altrettanto alto è il rischio di dipendenza dai social (scatta l’allarme rosso)

 
5. Alcuni termini più ricorrenti nell’uso dei social
 
Avatar: personaggio virtuale che incarna un sé ideale con cui chi se l’è creato si identifica; serve a interferire con altri avatar all’interno di una comunità virtuale
Challenge: sfide sui social
FOMO (Fear of Missing out): paura di essere tagliati fuori se non si risponde alle richieste che arrivano dai social
Ghosting: interruzione totale delle relazioni digitali
Googlata: dare risposte attraverso Google
Groming: azioni promosse da adulti attraverso la rete per stabilire rapporti con adolescenti allo scopo di adescarli attraverso immagini di contenuto pornografico
Identity theft: furto d’identità
Influencer: giovani più o meno della stessa età dei destinatari dei loro messaggi che si propongono come esempi per ispirare/trasmettere stili di vita caratterizzati dal modo di vestirsi, divertirsi, pensare, interessarsi…, costruendo intorno a sé una rete digitale di soggetti che li segue e li imita per quello che fanno e dicono
Multitouch: usare contemporaneamente più social
Nomofobia: paura di rimanere senza cellulare
Personal branding: identità sociale trasmessa via social
Phishing: saccheggio di dati sensibili (password, carte di credito, PIN…) a carico di utenti ignari
Revenge porn: mettere in rete, inviare immagini sessuali a scopo vendicativo/bullizzante da parte di compagni, amici, ex partner della vittima
Tagging: etichettare gli altri attraverso i social (taggare)
Sexting: scambio di immagini a scopo pornografico
Sindrome di hand-phone: avere sempre il cellulare in mano per controllare se/quando squilla
Vamping: passare gran parte della notte a chattare (fare il vampiro)
Web surfing: sovraccarico di tensione dovuto alla permanente quanto affannosa ricerca di informazioni, dati, comunicazione di messaggi
 
Bibliografia
 
Censis-Ucsi, I media digitali e la fine dello star system. Quindicesimo rapporto sulla comunicazione, Milano, Angeli, 2018
Fasoli M., Il benessere digitale, Bologna, Il Mulino, 2019
Ferri P.-S. Moriggi, A scuola con le tecnologie. Manuale di didattica digitalmente aumentata, Milano, Mondadori, 2016
Riva G., I social network, Bologna, Il Mulino, 2016
Riva G., Nativi digitali. Crescere e apprendere nel mondo dei nuovi media, Bologna, Il Mulino, 2019
Rivoltella P.C., Tecnologie di comunità, Brescia, La Scuola, 2017
 
Pieroni V. – A. Santos Fermino